Più di tanto non era possibile intervenire sul fitto e articolato programma del Salone del Libro di Torino – che apre i battenti oggi –, ma la Regione Piemonte, soprattutto per iniziativa della componente Fratelli d’Italia, è riuscita a piazzare un tris di intellettuali e personalità riconducibili alla destra niente male. Questo per «dare voce a quella cultura conservatrice che troppo spesso è stata marginalizzata», come ha spiegato l’assessore regionale meloniano alle Politiche sociali, Maurizio Marrone. «La Regione Piemonte» ha precisato l’assessore, «ha lo spazio dell’Arena a disposizione, essendo l’istituzione che contribuisce finanziariamente di più alla kermesse. Quindi abbiamo deciso di cogliere quest’opportunità per arricchire il palinsesto con incontri che richiamano la cultura conservatrice. Vogliamo dare un segnale che non è una cultura ostracizzabile, non si può mettere alla porta».

La Nazione futura firmata da Francesco Giubilei
Per “montare” gli eventi, la Regione si è avvalsa del sostegno e della consulenza di Francesco Giubilei, giovane (31 anni) stella nascente del firmamento intellettuale della destra radicale meloniana e consulente del ministro Gennaro Sangiuliano. Editore (ha fondato la casa editrice Giubilei Regnani, che ha pubblicato diversi autori di area conservatrice, dai classici Burke e De Maistre al campione del conservatorismo più contemporaneo, Roger Scruton, ai più caserecci Pillon, Veneziani, Capezzone, Alemanno, e così via), ideatore e animatore di Nazione futura, progetto del centrodestra nato a livello nazionale nel 2017 per «combattere l’egemonia culturale della sinistra», e rilanciare un nuovo nazionalismo conservatore in grado di valorizzare una vagheggiata purezza italica. Ammiratore di Trump e Orbán, Giubilei è sempre più presente nei talk show televisivi, ma deve la sua popolarità soprattutto alla figuraccia rimediata, un anno fa circa, quando, polemizzando su Twitter col sindaco di Roma, Gualtieri che si era rifiutato di intitolare dei giardini a Giorgio Almirante, aveva proposto allora di cambiare il nome della via Tito, confondendo l’imperatore romano con il dittatore jugoslavo.

Dal Vate D’Annunzio a Eugenia Roccella
Il primo appuntamento del Salone sponsorizzato dalla Regione Piemonte si terrà venerdì 19 e sarà dedicato a Gabriele D’Annunzio, per la presentazione del libro del poeta abruzzese L’Officina del Vate. I Taccuini di Primato 1896-1907, pubblicato da Giubilei col marchio Historica. All’incontro, sobriamente intitolato “D’Annunzio, il Dante del XX secolo”, intervengono Alessandro Gnocchi, capo delle pagine culturali del Giornale e curatore del libro, e, manco a dirlo, Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli italiani e principale agiografo, pardon, biografo, del poeta, nonché tra i più indefessi esponenti del revisionismo storico sul fascismo (insieme a Indro Montanelli, Mario Cervi, Arrigo Petacco, Antonio Spinosa, fino al caso limite di Gianpaolo Pansa). A seguire (sabato 20), l’imperdibile appuntamento con la presentazione dell’autobiografia della ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella, Una famiglia radicale. La ministra, come si sa passata dal movimentismo femminista a posizioni ultraconservatrici (difesa della famiglia tradizionale, antiabortismo, e così via) dialogherà proprio con l’assessore Marrone.

Guest star De Benoist, il guru della Nouvelle Droite
Non c’è dubbio, tuttavia, che l’evento clou sarà domenica 21, quando, per la prima volta, farà la sua comparsa al Salone l’80enne Alain De Benoist, storico guru della Nouvelle Droite francese, che presenterà il suo nuovo libro, edito da Giubilei, Scomparsa dell’Identità. La presenza del pensatore francese, al di là della contingenza, è certamente un evento significativo anche per cogliere alcune sfumature e alcune evoluzioni che stanno pervadendo il composito mondo della destra radicale italiana che, con l’ascesa politica dirompente di Fratelli d’Italia, mostrerebbe alcuni segnali di ricompattamento. De Benoist, infatti, per decenni è stato un vero e proprio faro per buona parte della destra radicale, certamente francese, ma anche a livello internazionale e soprattutto italiano, grazie alla nascita, per iniziativa di Marco Tarchi, importante politologo fiorentino, della Nuova Destra, movimento di pensiero che riuniva (siamo tra la fine degli Anni 70 e gli Anni 80) significativi e vivaci intellettuali d’area, da Marcello Veneziani a Stenio Solinas, da Maurizio Cabona a Peppe Nanni, da Umberto Croppi a Mario Bozzi Sentieri e molti altri. La Nuova Destra aveva fatto proprio il principale insegnamento di De Benoist, ovvero la necessità di dare vita a un gramscismo di destra che potesse fare da contraltare alla egemonia culturale della sinistra che, almeno dagli Anni 50, secondo l’intellettuale francese, aveva permeato scuole, università, istituzioni culturali, mondo editoriale, consentendo così alla sinistra di imporre la propria visione del mondo e, di conseguenza, ottenere successo politico.

Evola e il “mito incapacitante”
A questa destra, tuttavia, si contrapponeva una componente per nulla secondaria più conservatrice, tradizionalista, ma anche più radicale, che faceva riferimento a un’altra icona, il filosofo romano Julius Evola. Per i novodestri, il riferimento a Evola rappresentava una sorta di “mito incapacitante”, cioè di impossibilità di traduzione politica (non a caso, le posizioni esasperatamente tradizionaliste ed elitiste, definite persino superfasciste, avevano, per esempio, impedito a Evola, nato nel 1898, di giocare un ruolo politico significativo nell’Italia mussoliniana, mentre la sua fama si accrescerà con l’avvento del neofascismo postbellico, grazie soprattutto al «Gramsci nero», alias Pino Rauti, e al suo Ordine Nuovo). E su questa contrapposizione, si è a lungo creata una spaccatura insanabile.

L’anti-americanismo di De Benoist potrebbe imbarazzare Meloni
Un punto di contatto, tuttavia, tra le diverse componenti non è mai venuto meno: quello dell’anti-americanismo. Non per caso, tra le opere più celebri di De Benoist spiccano due titoli assai significativi: Il male americano e Il nemico principale (che sono appunto gli Usa). Per il creatore della Nouvelle Droite, infatti, sono proprio gli Usa, con la loro way of life, il loro liberalismo, la loro visione mercantilista, imperialista, globalizzatrice ad attentare, costantemente, alle identità profonde delle diverse comunità (fra le quali, naturalmente, quella europea). Superare il modello americano, e quello democratico, è quindi l’unico modo per ristabilire un equilibrio identitario e comunitario, magari basato anche su un rinnovato spiritualismo rigorosamente neopagano. Di qui ad apprezzare il mondo antitetico a quello americano per definizione, quello sovietico, prima, e russo poi, dopo, il passo è breve. Già dagli Anni 70, De Benoist ammetteva di guardare con più simpatia ai cosacchi che non ai cowboy, ma il “coming out” avviene molto più di recente, quando, con Alexandr Dugin, il pensatore tradizionalista russo (definito in modo un po’ eccessivo il Rasputin di Putin) firma (era il 2022) il libro Eurasia, Vladimir Putin e la grande politica. Queste posizioni potrebbero trovare un punto finalmente di contatto tra i nostalgici della Nuova Destra e i tradizionalisti più radicali (definiti anche rossobrunisti). Sarà però interessante capire come Giorgia Meloni, erede del filo-atlantismo del Msi e schierata nettamente con Kyiv, riuscirà a conciliare le diverse visioni. Magari il Salone di Torino potrà chiarire anche questo punto.