Tamburi e libri non vanno molto d’accordo. La lettura non è un’attività che richiede clamorose sottolineature a base di percussioni, come il momento culminante di un’acrobazia circense, e nemmeno ha bisogno di essere ritmata come la spinta sui remi dei forzati sulle antiche galere o il passo dei soldati in marcia. Quanto a potere sciamanico, libro e tamburo sono quasi rivali, cioè raggiungono lo stesso effetto di rapimento e trasformazione interiore, ma con mezzi molto diversi. Tant’è vero che il rapporto fra letteratura e strumenti a percussione è raro e a volte metaforico, vedi “il tam-tam dei lettori”, nel senso di passaparola, o il Tamburo di latta di Günther Grass, la storia di un bambino che si rifiuta di crescere nella Germania dei primi decenni del Novecento e si serve dell’oggetto del titolo per comunicare con il mondo.

Montaruli contro Lagioia ma non alla gioia dello shopping
Tutto questo prima di Augusta Montaruli, deputata di Fratelli l’Italia, ex sottosegretaria all’Università e Ricerca e membro della Commissione di Vigilanza Rai, che a sorpresa ha introdotto sul Parnaso la sezione percussioni. Inveendo nei giorni scorsi contro Nicola Lagioia, direttore uscente del Salone del Libro reo di non aver represso con sufficiente energia i contestatori durante la presentazione del libro della ministra Eugenia Roccella, Montaruli ha promesso: «Noi faremo rulli di tamburi quando Lagioia se ne andrà via dal Salone». Rulli di tamburi che non evocano certo un onore delle armi, piuttosto i preparativi per un plotone d’esecuzione (magari finta, come quella subita da Dostojevskij nella fortezza di Pietro e Paolo). Il cognome dell’interessato, poi, aggiunge alla frase un tono sinistramente grottesco, come se i “noi” (noi come in “a noi”, si suppone) non vedessero l’ora di precipitare la più importante fiera libraria italiana nella tetraggine, e di vedere circolare fra gli stand solo musi lunghi, facce aggrondate e cipigli corrucciati. Da condannati a morte, appunto. E dire che Montaruli non è sempre stata ostile alla gioia, anzi, l’ha praticata, soprattutto nello shopping, un vizietto che solo quei noiosoni dei giudici della Cassazione si ostinano a chiamare peculato solo perché a pagarlo è stata la Regione Piemonte di cui la deputata è stata consigliera fra il 2010 e il 2014. Pranzi, cene, borse, scarpe, bijoux Swarovski e sì, anche libri, come Sexploration, giochi proibiti per coppie. Al diavolo la pruderie, in certe materie non si finisce mai di imparare, e questa fame di sapere faceva onore a una giovane politica destinata a occupare una poltrona al ministero dell’Università e della Ricerca. Quella Montaruli birichina e gaudente ce la immaginiamo diversa dalla Erinni che urlava «vergogna» a Lagioia al cospetto delle telecamere e della ministra Roccella.

Il caos dopo l’addio di Lagioia e il gran rifiuto di Giordano
Non dev’essere facile per Annalena Benini, la nuova direttrice, assumere la guida del Salone, sapendo che i suoi sponsor si aspettano che faccia dimenticare Lagioia, e magari anche la gioia. La designazione della scrittrice e giornalista, nell’aprile scorso, ha ricordato la prima elezione di Sergio Mattarella, un miracolo nato dal caos e/o dalla scaltrezza di Matteo Renzi, che mise d’accordo tutti i partiti proponendo il nome di un giudice della Consulta di estrazione democristiana, integerrimo ma non popolarissimo. Dopo che Lagioia aveva annunciato il suo ritiro – il governo Meloni non era ancora all’orizzonte – i soggetti coinvolti nella scelta del nuovo direttore si erano scervellati per individuare un nome che soddisfacesse tutti, dalla Regione Piemonte (di destra) alla Città di Torino (di sinistra), dal Circolo dei Lettori all’Associazione Torino Città del libro. Scelta ancora più spinosa dopo che il governo di destra-destra è diventato una realtà. Fra i tanti papabili noti i più accreditati erano Paolo Giordano, che si è sfilato, probabilmente dopo aver scoperto che aveva giocato a suo favore l’omonima con il conduttore di Fuori dal coro) ed Elena Loewenthal, che avrebbe accettato solo in tandem con l’autore di Tasmania. A quanto pare, dopo quella che cinge la corona, la testa che giace più inquieta è quella di chi deve dirigere il Salone del Libro.
Grazie. È stato bellissimo.@SalonedelLibro pic.twitter.com/UFbNlaGYHV
— Nicola Lagioia (@NicolaLagioia) May 22, 2023
Annalena Benini, una visione di famiglia lontana da quella italofraterna
Ma alla fine il cerchio si è magicamente quadrato intorno al nome di Benini, intellettuale valorosa e sensibile che anche all’anagrafe sembra fatta per tranquillizzare tutti: è moglie di Mattia Feltri, uno che pensa bene, e dunque nuora di Vittorio Feltri, uno che pensa da Vittorio Feltri. Benini ha realizzato per la Rai la bellissima trasmissione Pietre d’inciampo, sui perseguitati dal nazifascismo, e dirige Il Figlio, l’inserto del Foglio dedicato alla famiglia. Sostiene che essere madre allarga lo sguardo, ma per fortuna ha della maternità un concetto più moderno e inclusivo di quello italofraterno. Con una sintesi spericolata quanto rozza si potrebbe definire il trait d’union fra Roccella e Michela Murgia. Sa che succedere a Nicola Lagioia, che in cinque anni ha risollevato il Salone, è un po’ come ereditare la conduzione di Sanremo da Amadeus, e ha già annunciato di volerne seguire le orme. Di più: Benini ha difeso Lagioia affermando che in occasione delle proteste contro la ministra della Famiglia si sarebbe comportata allo stesso modo. Se il buongiorno si vede dal mattino, non sarà Benini quella che dedicherà il Lingotto a negazionisti, nostalgici, omofobi e terf, cioè farà del Salone il Salò del Libro, come hanno malignato su Twitter. Montaruli dovrà mettere la sordina ai tamburi, ma potrà consolarsi: in Rete ho visto una spilla a forma di drum-set con bacchette, tutta di Swarovski. Carinissima!