Salario minimo a 9,50 euro l’ora. È la proposta che avanza Elly Schlein, in un’intervista a La Stampa in occasione del Primo Maggio: «Serve una legge sulla rappresentanza che rafforzi la contrattazione collettiva e spazzi via il primo nemico, i contratti pirata, accordi firmati per legittimare lo sfruttamento. Accanto a questo, chiediamo di fissare un salario minimo, una soglia sotto la quale non si possa chiamare lavoro quel che è sfruttamento», dichiara la segretaria del Partito democratico.

Le altre proposte: limite ai contratti a termine e stop agli stage non retribuiti
«Per prima cosa dire basta al lavoro povero e al lavoro precario. Ci sono milioni di lavoratrici e lavoratori che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. In Spagna hanno limitato i contratti a termine con un patto tra imprese e sindacati, la direzione è questa e avrebbero dovuto insegnarcelo anni di crisi economica e di tassi di disoccupazione allarmanti tra le donne e i giovani, soprattutto a Sud», spiega Schlein. «La nostra proposta riconosce a tutti il trattamento economico complessivo dei contratti collettivi più rappresentativi e al contempo chiede di condividere con le parti sociali una soglia minima legale, 9 euro e 50, sulla quale siamo disponibili a un confronto». La segretaria dem propone anche altro: «Limite ai contratti a termine, legge sulla rappresentanza, abolizione degli stage gratuiti, una battaglia dei giovani democratici che ha il supporto di tutto il partito. C’è una politica paternalista che prende in giro i giovani che non ce la fanno a uscire di casa. Senza considerare i salari troppo bassi, il lavoro troppo precario. Il governo ha cancellato anche i 330 milioni di supporto per gli affitti. Che chiediamo di ripristinare perché il diritto alla casa è parte della stessa storia. E c’è un nesso anche con la denatalità, che la maggioranza a parole dice di voler combattere».

«Come sempre la destra pensa a contrastare i poveri, non la povertà»
Così poi su povertà, disoccupazione e reddito di cittadinanza: «Oggi in Italia quasi una persona su dieci è povera e davanti a questo il governo Meloni ha come priorità fare uno spezzatino del reddito di cittadinanza per piantare bandierine ideologiche negli occhi delle fasce più fragili. Come sempre, la destra pensa a contrastare i poveri, non la povertà. Che ritiene una colpa individuale e non il risultato di profonde cause sociali e di politiche da cambiare». E poi, sul decreto lavoro 2023, che il governo si appresta a varare. «Il decreto annunciato è una provocazione insopportabile. Ruba il futuro alle prossime generazioni ed è una sentenza di condanna alla precarietà. Il taglio del cuneo è nettamente insufficiente, se pensiamo che nel primo trimestre di quest’anno l’inflazione ha superato di ben 7 punti l’aumento delle retribuzioni. Si parla di estendere i voucher e liberalizzare i contratti a termine, è l’esatto contrario di ciò che serve».