La notizia era nell’aria già da mesi, ma ora è ufficiale. Il Sakharov Center di Mosca, centro dell’attivismo per i diritti umani in Russia e isola di libertà di pensiero nella Capitale, chiuderà i battenti domenica 16 aprile. Il pubblico avrà dunque altri due giorni di tempo per visitare il museo fondato in memoria di Andrej Sakharov, fisico e dissidente sovietico nonché premio Nobel per la pace nel 1985. Etichettato come «agente straniero», il centro non può ricevere aiuti dagli organi statali in virtù di una legge entrata in vigore lo scorso dicembre. È l’ennesima vittima della censura di Vladimir Putin, volta alla soppressione del dissenso politico e delle voci indipendenti. Al momento, come sottolinea il Moscow Times, il Sakharov Center non prevede di aprire altrove, ma dovrebbe proseguire le attività online.
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Sakharov Center, perché chiude e quali sono le ultime mostre in programma
Aperto dal 1996, nacque per volontà di Yelena Bonner, moglie di Sakharov e lei stessa dissidente sovietica. Al suo interno hanno trovato posto lettere, taccuini con appunti e manoscritti del fisico nucleare che, dopo aver contribuito alla creazione della bomba a fissione, si batté a lungo per la pace. Il Sakharov Center, però, ha una storia travagliata già dal 2014, quando il Cremlino lo etichettò come «agente straniero». Nel dicembre 2022, Putin ha approvato una legge secondo cui tali istituzioni non possano più ricevere aiuti e sussidi dagli organi statali. Una mossa che, nell’arco di poche settimane, si è concretizzata in un ordine di sgombero.

«La paura sta crescendo in Russia», aveva ammesso già lo scorso febbraio al Washington Post Vyacheslav Bakhmin, presidente del consiglio del Sakharov Center. «Lo vediamo nella vita quotidiana, migliaia di persone sono state punite anche per semplici apprezzamenti a post online». Lo spazio culturale di Mosca sta ospitando ora una mostra su Bonner, che racconta l’impegno politico al fianco del marito tramite interviste video, lettere e fotografie. Nel museo anche la sua scrivania, oltre a manoscritti e taccuini personali. Domenica sera si terrà l’evento di chiusura, poi l’attività passerà esclusivamente online. «Solo il tempo ci chiarirà se e come potremo continuare», ha detto Bakhmin al Moscow Times, che però conserva speranze nel cuore. «La situazione cambierà, la realtà attuale non ha futuro».
Non solo il museo di Mosca, chiusi diversi centri per i diritti umani in Russia
Il Sakharov Center non è però l’unica vittima della repressione in Russia. Dopo l’invasione dell’Ucraina, il Cremlino ha intensificato la pressione sugli attivisti, bloccandone eventi e chiudendone le strutture. Ne ha fatto le spese anche il Moscow Helsinki Group, la più antica organizzazione indipendente per i diritti umani del Paese, che ha dovuto alzare bandiera bianca dopo un ordine del tribunale dello scorso gennaio. «È l’ultimo chiodo nella bara del movimento», aveva detto l’attivista Leo Ponomarev. «Ogni dissenso verso Putin viene distrutto». Stessa sorte per la Memorial Society, altro gruppo per i diritti umani nel 2022 insignito del premio Nobel per la pace. Oleg Orlov e altri sette membri sono accusati di aver «screditato le truppe di Mosca» durante l’invasione in Ucraina.
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