SACE presenta il Rapporto Export 2022: +10,3% per l’esportazione di beni
Complice il difficile scenario internazionale legato al conflitto in Ucraina, l’export italiano si confermerà un traino prezioso per l'economia del paese ma sarà più costoso.
É stato presentato oggi, mercoledì 14 settembre, nel corso di una diretta streaming aperta a tutti gli stakeholder interessati all’export e all’internazionalizzazione, Caro export. Sfide Globali e il Valore di Esserci, l’ultimo Rapporto Export di SACE. Un documento in cui emerge che, anche in un contesto di inedite incertezze, è possibile tenere accesi i motori delle esportazioni grazie a strategie innovative e attingendo a tutti gli strumenti messi in campo anche dalla società.
Rapporto Export di SACE 2022
L’appuntamento, giunto quest’anno alla XVI edizione, è ormai la bussola di riferimento nella ricerca di mercati che consentano un posizionamento internazionale più solido e diversificato, aspetto sempre più strategico per le imprese italiane. Per SACE, sono intervenuti il Presidente Filippo Giansante, l’Amministratore Delegato Alessandra Ricci, il Chief Economist Alessandro Terzulli e il Chief Underwriting Officer Dario Liguti, in una mattinata di confronti che ha visto coinvolte molte aziende esportatrici da tutta Italia, espressione di diversi settori e dimensioni, insieme agli interventi del Vicepresidente Esecutivo di ISPI Paolo Magri e del mondo bancario rappresentato da Anna Roscio, Executive Director, Direzione Sales and Marketing Imprese di Intesa Sanpaolo.
«Il mondo sta affrontando sfide globali e cambiamenti molto spesso repentini. In questo contesto di rischi, le imprese hanno bisogno di qualcuno accanto che le possa accompagnare nel valutarli e nel gestirli. Noi del Gruppo SACE siamo qui per questo, partendo dall’ascolto dei trend economici che si riflettono sulle reali esigenze in un dialogo costante con le imprese il sistema bancario. Per fare questo è importante essere coesi e imparare ogni giorno dagli altri per costruire insieme gli strumenti migliori con grande senso di responsabilità», sono state le parole di Alessandra Ricci.
Dal report è emerso che, in uno scenario sempre più complesso legato alle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina, l’export italiano avrà una doppia anima: si confermerà un traino prezioso per la nostra economia ma sarà decisamente più costoso. Quest’anno, infatti, le esportazioni italiane di beni in valore cresceranno del 10,3%: un aumento a doppia cifra spinto in larga parte dal fattore prezzo, più che dal volume, che esprimerà invece solo un +2,6%. Quelle invece di servizi registreranno un +19,9%, con un ritorno pressoché ai livelli pre-Covid, grazie soprattutto al comparto del turismo che rappresenta il 9,1% del nostro PIL.
Nel 2023, le tensioni sui costi dovrebbero ridursi e i trend legati a valori e volumi dell’export convergeranno con una crescita rispettivamente del 5% e del 4%, mentre il nostro export raggiungerà i 600 miliardi di euro. Una cifra che consentirà all’Italia, ottavo Paese esportatore nel mondo, di mantenere pressoché invariata la sua quota di mercato a livello globale, pari al 2,7%. Anche il buon andamento dell’esportazione di servizi proseguirà l’anno prossimo ad un ritmo del 9,8%, che permetterà di superare i livelli del 2019.
E, se nel 2022 è il “Caro export” a spingere il valore del Made in Italy, nel 2023, in un contesto ancora incerto, sarà la resilienza delle aziende a dare impulso alle vendite oltreconfine, grazie anche al supporto di una gamma sempre più ampia di prodotti e servizi assicurativo-finanziari e di accompagnamento offerti dal Gruppo SACE.
Il commento di Ricci e Terzulli
Queste le dichiarazioni dell’Amministratore Delegato della società in merito ai dati evinti dal Rapporto: «Abbiamo risorse, strumenti e competenze per affrontare le sfide globali e tenere alta la bandiera dell’export italiano nel mondo. Con un approccio sempre più strategico, un’attenzione a nuovi mercati e grazie a tutto il sostegno assicurativo-finanziario che il nostro Gruppo è in grado di offrire, le aziende italiane possono rafforzare la loro competitività anche in un momento complesso come questo. SACE è e sarà sempre al fianco del tessuto imprenditoriale italiano, non solo per quanto riguarda l’export e l’internazionalizzazione ma anche nel supporto alla liquidità nell’attuale contesto economico e nella promozione della transizione ecologica del Paese».
Questo invece il commento del Chief Economist Alessandro Terzulli: «Anche per i diversi settori di export assisteremo quest’anno ad ampie crescite in valore, mentre gli aumenti in volume rimarranno generalmente più contenuti. Tale andamento è particolarmente evidente per i beni intermedi, specie metalli e chimica, le cui esportazioni proseguono con una crescita a doppia cifra, grazie soprattutto sia alla componente dei prezzi sia alla dinamica ancora relativamente sostenuta degli investimenti. I piani economici di rilancio, in chiave infrastrutturale e green, saranno, infatti, alla base della crescita anche dei beni d’investimento, trainati in particolare dai mezzi di trasporto e dalla meccanica strumentale, che tuttavia quest’anno risentiranno delle attuali incertezze.
Il crescere dell’inflazione comporterà, inoltre, un calo del potere d’acquisto delle imprese e delle famiglie più in difficoltà, che potranno ridurre le risorse destinate alla spesa in beni di consumo, specie se differibile nel tempo, come ad esempio la gioielleria e i prodotti in pelle. Proseguirà nel 2022-2023, nonostante il rincaro degli input produttivi lungo tutta la filiera, la buona performance dell’agroalimentare, che già dall’anno scorso sta beneficiando anche della ripartenza del canale dell’ospitalità».
I trend a livello geografico
Il report analizza infine le differenze, a livello geografico, prodotte dal conflitto in corso in Ucraina e dalla pandemia in tema di esportazioni. I Paesi dell’Est Europa, al centro del ciclone, sono fisiologicamente le economie che soffrono maggiormente e sono destinate a subire più a lungo gli effetti della crisi. L’Europa avanzata sta scontando le criticità dell’approvvigionamento di input, in particolare quelli energetici, e le difficoltà lungo le catene globali, ma la struttura economica dei Paesi permette loro di mitigare, almeno temporaneamente e in alcuni casi parzialmente, tali effetti. Tra le aree che stanno beneficiando dei rincari dei prezzi dell’energia e delle nuove fonti di fornitura cercate dall’Europa c’è il Medio Oriente e il Nord Africa, seppure, soprattutto in quest’area, con differenze significative tra Paesi esportatori e non.
L’Asia-Pacifico è invece influenzata dalle politiche “zero Covid” attuate specialmente in Cina, oltre che da una differenziazione di geografie a seconda del grado di dipendenza dall’import di materie prime energetiche e alimentari dalle zone del conflitto. Il persistere delle conseguenze della pandemia su economie a minore copertura vaccinale, già finanziariamente fragili, largamente informali e poco diversificate, e l’impatto del conflitto sulla sicurezza alimentare mantengono deboli le prospettive di crescita della domanda dell’Africa Subsahariana. In questo contesto, vi sono alcuni mercati dove, per una molteplicità di specifici fattori, il nostro export mostrerà una dinamica particolarmente vivace.
Ad esempio, tra le economie emergenti numerose opportunità per le nostre imprese deriveranno dai piani di investimenti pubblici degli Emirati Arabi Uniti, dell’Arabia Saudita o dell’India, e dal crescente inserimento nelle catene di approvvigionamento di player nazionali in Messico o Colombia. Se in Asia le potenzialità di mercato della Cina si mantengono elevate, nonostante un contesto attualmente meno favorevole da diversi punti di vista, le esportazioni italiane potranno beneficiare dell’impronta industriale decisamente trasformatrice del Vietnam, dalla più nota industria tessile e della lavorazione delle pelli fino all’agroalimentare. Senza dimenticare quelle geografie già ampiamente presidiate verso cui è destinato buona parte del nostro export: Stati Uniti su tutti, ma anche, per citare il Vecchio continente, la Spagna, dove le imprese italiane potranno soddisfare in diversi ambiti la domanda legata alla transizione energetica.