Riparte l’export italiano. Dopo la brusca frenata dettata dalla pandemia lo scorso anno, il Made in Italy è tornato a essere attrattivo nel resto del mondo. Naturalmente, questo processo non è omogeneo, ma ha velocità variabili a seconda dei mercati di riferimento. Sono i principali dati che emergono dal Rapporto Export 2021 realizzato dall’Ufficio Studi di Sace dal titolo “Ritorno al futuro: anatomia di una ripresa post-pandemica” (scaricabile al seguente link).
Si tratta di un appuntamento consolidato, giunto alla sua quindicesima edizione, che mai come quest’anno proverà a indicare la direzione da seguire in quest’economia che cresce in maniera robusta ma che ha bisogno di essere ancora di più compresa. Partiamo dalle certezze: nel 2021, secondo Oxford Economics, il Pil globale dovrebbe crescere di circa il 6%, con l’Italia che, tra i Paesi avanzati, farà registrare una delle performance migliori. A oggi, infatti, la ripresa acquisita per il nostro Paese è intorno al 4,7%.
Il rimbalzo dell’export
Tra i dati più interessanti per il nostro paese c’è sicuramente la ripresa dell’export che, secondo Sace, dovrebbe rimbalzare dell’11,3 per cento quest’anno dopo essere sceso del 9,7 per cento nel 2020. Le vendite di beni Made in Italy, così, dovrebbero superare quelle del 2019, arrivando a 482 miliardi nel 2021. E l’anno prossimo, complice una crescita prevista del 5,4 per cento, potrebbero sfondare quota 500 miliardi, per arrivare a 550 nel 2024.
«Il periodo che stiamo attraversando», ha sottolineato il presidente di Sace Rodolfo Errore, «sarà uno spartiacque per la nostra storia. Il 2021 verrà ricordato come l’anno in cui l’export italiano ha ripreso il percorso di crescita con risultati a doppia cifra. Senza tralasciare che il nostro Pil è migliore della media europea e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si sta rivelando come traino dello sviluppo del Paese».
Il ruolo di Sace nella ripresa economica
«Per quanto riguarda la nostra operatività dedicata al sostegno all’export e all’internazionalizzazione», dichiara Pierfrancesco Latini, amministratore delegato di Sace, durante il suo intervento alla presentazione del Rapporto Export 2021, «abbiamo mobilitato 38 miliardi di euro, sostenendo le imprese italiane con la nostra ampia famiglia di prodotti assicurativo-finanziari. Sul territorio domestico siamo intervenuti con Garanzia Italia, lo strumento emergenziale affidatoci dal Governo per sostenere le imprese durante la Pandemia. In quest’ambito abbiamo mobilitato risorse per oltre 28 miliardi di euro, per un totale di più di 3.000 garanzie emesse. E infine, il nostro terzo pilastro, inquadrato in una logica meno emergenziale e più strutturale, con il quale sosteniamo la ripartenza dell’Italia, garantendo in particolare investimenti strategici e – soprattutto – sostenibilità. Un tema, quello della sostenibilità, sul quale siamo stati chiamati ad assumere un ruolo importante nel Green New Deal italiano. In quest’ambito abbiamo mobilitato circa 1,4 miliardi di euro, una cifra destinata a crescere nei prossimi mesi in considerazione delle tante operazioni e progetti che stiamo valutando».
Le principali destinazioni del Made in Italy: l’oro
Il 2021 ha segnato, tra le tante cose, anche il ritorno delle Olimpiadi, sospese lo scorso anno a causa del Covid. Ebbene, Sace ha deciso di realizzare il suo medagliere, suddividendo il podio in questo modo: la medaglia d’oro verrà conferita a quei Paesi in cui il nostro export ha recuperato prontamente e rimarrà dinamico anche negli anni a venire. La medaglia d’oro va quindi alla Germania, primo mercato di sbocco per il nostro Paese, che vedrà la crescita a doppia cifra dell’export nel 2021 grazie al traino dei beni d’investimento e intermedi. Oro anche agli Usa, primo mercato extra-Ue per l’Italia, con un tasso di crescita dell’11 per cento. E, infine, metallo pregiato anche per la Svizzera che si conferma hub logistico internazionale che contribuirà alla crescita dei beni di consumo e dell’abbigliamento. Ma anche Giappone, Russia, Canada, Polonia, Cina, Corea del Sud, Vietnam, Taiwan ed Emirati Arabi Uniti.
I Paesi “argento”
Passiamo all’argento. In questo caso sul secondo gradino del podio salgono quelle geografie in cui nel 2021 i livelli di export torneranno sui livelli pre-crisi, ma vedranno poi una crescita più contenuta negli anni seguenti. È il caso della Francia, che vedrà un incremento della domanda interna. Anche i Paesi Bassi vengono premiati conla medaglia d’argento, così come il Brasile, l’Arabia Saudita, la Malesia, il Cile, il Marocco, il Senegal e il Ghana.
Il terzo gradino del podio
Infine, i Paesi che vengono riconosciuti di “bronzo”. Si tratta di quegli Stati che nel 2021 non avranno ancora recuperato i valori pre-crisi, pur continuando a mantenere prospettive positive di crescita in un orizzonte temporale più ampio. Figura in questo elenco prima di tutto il Regno Unito che paga, ovviamente, gli effetti della Brexit e l’accordo fuori tempo massimo su mercato del lavoro e dazi. In questo caso, per tornare ai livelli pre-crisi bisognerà attendere il 2023. Anche l’India non recupererà quanto raggiunto prima della pandemia a causa della virulenza della pandemia che ha bloccato diverse attività produttive. C’è poi anche il Perù, che è in assoluto il Paese con la maggiore mortalità al mondo da Covid-19, ma recupererà lentamente grazie ai metalli e a gomma e plastica. Bronzo anche a Messico, Sudafrica, Thailandia.
Che cosa aspettarsi dal futuro
Tutte le previsioni elaborate scontano la grande incertezza sulla diffusione dei vaccini in tutto il mondo (e non solo nei Paesi avanzati) e l’eventuale sviluppo di nuove varianti. L’ufficio studi di Sace ha dunque elaborato due scenari possibili, alternativi rispetto a quello che abbiamo presentato all’inizio di questo articolo. Il primo, definito “confidence boost”, ipotizza una crescita robusta nel 2021 e nel 2022, ma con un’accelerazione anche negli anni a venire. In questo caso, l’incremento dell’export Made in Italy crescerebbe di ulteriori 3,4 punti percentuali, arrivando fino al +14,7%. Nel caso della diffusione di nuove varianti, invece, si avrebbe una crescita delle nostre esportazioni più limitata quest’anno (+7,2%) e pressoché nulla nel 2023. In questo caso il ritorno ai livelli pre-crisi avverrebbe soltanto nel 2023.
Il ruolo del Pnrr
Un’ulteriore variabile nella previsione della ripresa italiana è rappresentata dall’impatto che avrà il Pnrr sull’economia. L’ufficio studi di Sace ha provato a calcolare che cosa succederebbe se tutte le riforme strutturali annunciate venissero applicate nella loro interezza. Ebbene: nel 2025 l’output nazionale aumenterebbe del 2,7 per cento rispetto al modello base, come riflesso della spinta degli investimenti e delle riforme volte ad accrescere la produttività con ricadute positive sul pil potenziale. Inoltre, le riforme strutturali del Pnrr incrementerebbero anche la competitività delle imprese italiane attive sui mercati esteri: il livello delle esportazioni di beni, in valore, nel 2025 aumenterebbe infatti del 3,5 per cento rispetto a quanto previsto nello scenario base. E Sace potrebbe giocare un ruolo importante dirottando le risorse verso progetti strategici relativi a economia circolare, mobilità sostenibile e digitalizzazione del settore produttivo, con garanzie alle diverse fasi di esecuzione delle commesse, senza contare la possibile creazione di partnership pubblico-private. «L’obiettivo che ci dobbiamo dare con il Pnrr, è evidente: non deve essere solo quello di tornare ai livelli pre-crisi, ma soprattutto di superarli, colmando quei gap strutturali, per consentire all’Italia di riconquistare il suo giusto peso nel mercato globale. Le imprese italiane», ha aggiunto Latini, «si troveranno ad operare in un contesto economico interno più reattivo, più solido, più moderno. Ecco quindi che la connessione tra Pnrr ed export diventa davvero chiara. Mai come in questo momento infatti è importante “fare sistema”, cercare ogni possibile dialogo tra i diversi attori del mondo economico. L’Italia ha dato prova in questo momento complesso di una grande coralità, sulla quale bisogna continuare a fare leva, in un gioco di squadra diretto ad un unico obiettivo: quello della ripartenza del nostro Paese, che passa dagli investimenti per la crescita, il capitale fisico e umano e la produttività».