È forse stato svelato il più grande mistero della guerra parallela che si gioca ormai da tempo a fianco di quella vera, cioè la guerra del gas, fatta non solo di sanzioni, ma anche di atti di sabotaggio, come quello del settembre scorso che ha messo la parola fine, forse definitivamente, al collegamento diretto fra Russia e Germania, facendo saltare il gasdotto Nord Stream. Le fonti di intelligence statunitensi citate dal New York Times avrebbero dunque confermato che dietro il sabotaggio ci sarebbe un gruppo pro-ucraino, anche se rimane poco chiaro se a gestire materialmente l’operazione siano stati elementi ucraini o russi, antiputiniani. Secondo il Nyt si tratterebbe in ogni caso delle prime indicazioni significative sui responsabili dell’attacco e non ci sarebbero prove del coinvolgimento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Le rivelazioni Usa e tedesche dopo l’incontro Biden-Scholz
Le rivelazioni da Oltreoceano hanno fatto poi il pari con quelle dalla Germania, da dove è arrivata la conferma della pista ucraina e secondo ricerche di un pool investigativo giornalistico con la partecipazione della tv pubblica e il settimanale Die Zeit, il commando che avrebbe posto le bombe sul fondo del Mar Baltico sarebbe stato formato da sei persone e avrebbe utilizzato un’imbarcazione noleggiata da due cittadini ucraini. Anche in questo caso di certezze assolute sul complotto di Kyiv non ne sono state fornite, ci sono solamente forti indizi. Singolare comunque l’azione mediatica parallela tra Washington e Berlino, un paio di giorni dopo l’incontro tra Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. E un paio di settimane dopo le rivelazioni fatte in un articolo del premio Pulitzer Seymour Hersh, che raccontava di un’operazione congiunta occidentale, eseguita dai servizi americani e norvegesi. Le indagini ufficiali, separate, di Germania, Svezia e Danimarca, sono in ogni caso ancora in corso e nessuno per adesso si è sbottonato.

C’è il sospetto che si tratti di un avvertimento di Washington a Kyiv
È evidente però che le piste non portano a Mosca, sospettata all’inizio del sabotaggio: il Cremlino ha sempre puntato l’indice sull’intelligence occidentale, in particolare quella britannica, facendo notare che a guadagnarci dall’intera vicenda non è la Russia, né la Germania, ma la schiera di Paesi da sempre contrari al Nord Stream e agli stretti rapporti energetici, e non solo, tra Mosca e Berlino, cioè gli Stati Uniti e quelli della nuova Europa, dalla Polonia ai baltici e naturalmente all’Ucraina. Che adesso Washington indichi un fantomatico gruppo ucraino come colpevole, pur risparmiando direttamente Zelensky, apparentemente all’oscuro di tutto, può essere un avvertimento verso Kyiv, ormai al terzo plateale passo falso dopo l’assassinio di Daria Dugina e il caso del missile finito in Polonia, oppure il tentativo di scaricare la colpa su altri alleati: non a caso ci sarebbero le soffiate ai media sulla non partecipazione all’operazione di Usa e Gran Bretagna.

Zelensky poteva davvero essere all’oscuro di tutto?
Altrettanto chiaro è che in questo contesto, dando quindi come acquisito il complotto di matrice occidentale, la Germania abbia comunque subito un attacco diretto da uno o più Paesi alleati e se provato, al di là delle smentite ufficiali di Kyiv, aprirebbe nuovi scenari. Già lo scorso autunno, hanno raccontato i media tedeschi, a Berlino sarebbero arrivate informazioni d’intelligence sul sabotaggio di Nord Stream da parte non russa e con grande probabilità i maggiori servizi occidentali hanno da subito avuto le idee abbastanza chiare sull’accaduto. Adesso, dopo sei mesi, grazie soprattutto alla ricostruzione più dettagliata fatta proprio in Germania, anche a livello politico il caso non può essere più insabbiato, con il cancelliere Scholz che nella sua visita a Washington ha sollevato la questione. L’implicita assoluzione di Mosca, significa che il colpevole è davvero in Ucraina? Zelensky poteva non sapere del commando in azione? È stato tenuto al buio dalla forse un po’ troppo intraprendente eminenza grigia dei servizi Kirilo Budanov? O, come Putin che è responsabile di tutto quello che accade in Russia, anche lui lo è comunque per l’Ucraina? Oppure si tratta in fondo, come ha scritto Hersh, di farina del grande sacco americano?