Come Putin ha rafforzato l’asse coi Paesi satelliti orientali

Stefano Grazioli
07/07/2022

La guerra in Ucraina ha scavato un fosso tra la Russia e l'Occidente, ma ha avvicinato Mosca ai player regionali. Kazakistan e Uzbekistan pendono sempre più verso il Cremlino, che ha un ruolo importante anche nei conflitti in Transnistria e in Ossezia e Abcasia. La sfera di influenza dello zar a Est.

Come Putin ha rafforzato l’asse coi Paesi satelliti orientali

I primi due mandati di Vladimir Putin (2000-2008) sono serviti a sostituire il vecchio sistema yeltsiniano con quello nuovo, soprattutto del punto d vista del personale, rafforzare la verticale del potere, costruire quella democrazia sovrana, con la dottrina elaborata da Vladislav Surkov, che sarebbe sfociata poi in un modello autoritario. In ogni caso la strategia del Cremlino è stata quella di rafforzare l’architettura interna dopo il decennio di Boris Yeltsin, tra anarchia e oligarchi.

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Vladimir Putin. (Getty Images)

Il tentativo di tenere legate le ex repubbliche sovietiche

Successivamente Putin (dal 2012, dopo l’interregno di Dmitriy Medvedev) ha puntato all’esterno, rafforzando il ruolo della Russia sulla scacchiera internazionale, da una parte tracciando linee rosse tra Georgia (2008) e Ucraina (2014) che avrebbero dovuto far capire come l’uso della forza per imporre i propri interessi nazionali fosse ormai diventato elemento centrale della politica estera russa; dall’altro tentando di tenere legate le ex repubbliche sovietiche, almeno quelle che non avevano già preso un direzione centrifuga.

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Vladimir Putin. (Getty Images)

Moldavia e Georgia Paesi ancora in bilico

Oltre a quelle baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) entrate ormai una quindicina d’anni fa nell’Unione europea e nella Nato, tra Europa, Caucaso e Asia centrale, Mosca ha perso sostanzialmente il duello geopolitico con l’Occidente in Moldavia e Ucraina, ora candidate a entrare nell’Ue, e in Georgia. Si tratta però di Paesi in bilico, dove la Russia, pur non essendo in grado di invertire un cammino che pur lungo e ricco di ostacoli appare in qualche modo irreversibile, gioca comunque ancora un ruolo importante, a partire dalla questione dei conflitti congelati e in corso, da quello in Transnistria che interessa la Moldavia, a quelli in Ossezia e Abcasia in Georgia, per finire ovviamente al caso dell’Ucraina, ancora tutto da decifrare. Con la Bielorussia il rapporto è particolare e dopo il 2020 si è riaperta l’opzione di una sorta di unificazione, i cui contorni sono però ancora incerti.

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Vladimir Putin e il presidente bielorusso Lukashenko. (Getty Images)

Kazakistan e Uzbekistan pendono verso Mosca

Gli altri due Paesi del Caucaso, Armenia e Azerbaijan, vanno presi nel contesto del conflitto che li coinvolge nel Nagorno Karabakh da oltre 30 anni, nel quale la Russia si è schierata come potenza protettrice di Erevan, mentre Baku, forte della sua posizione energetica e geopolitica ha il supporto di Stati Uniti, Europa e Turchia. Anche in Asia centrale, mentre i Paesi più poveri sono per forza di cose legati a Mosca (Kirghizistan e Tagikistan), gli altri hanno mantenuto una certa autonomia, con inclinazioni soprattutto con la Cina, ma anche con gli Stati Uniti. Kazakistan e Uzbekistan pendono comunque più verso Mosca, il Turkmenistan rimane in qualche modo in equilibrio.

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Vladimir Putin. (Getty Images)

Il Cremlino ha rafforzato le relazioni economiche a Est

Diverse repubbliche dell’ex Urss fanno parte della Comunità degli stati indipendenti (Csi, che comprende ancora quattro delle 15 repubbliche diventate indipendenti); dall’inizio dello scorso decennio, attraverso l’Unione Economica Euroasiatica, che comprende oltre alla Russia la Bielorussia, il Kazakistan, l’Armenia e il Kirghizistan, il Cremlino ha rafforzato le relazioni economiche tra i rispettivi Paesi, e nell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, insieme con la Cina e Russia ci sono anche Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan. Dal 2017, con l’arrivo di India e Pakistan e con la richiesta di entrata nel 2021 fatta dall’Iran, la Sco rappresenta un’alleanza con cui gli Stati Uniti devono fare i conti nel Grande gioco nell’Asia centrale.

Come Putin ha rafforzato l’asse coi Paesi satelliti orientali
Immagini satiriche di Putin e Medvedev. (Getty)

L’obiettivo di Putin: allargare la sfera di influenza

La Russia, pur isolata sul lato occidentale, non lo è sul suo fianco orientale, tra Stati ex sovietici che non hanno concrete alternative e potenze maggiori (Cina) e minori (India) che seguono via pragmatiche e perseguono l’obbiettivo condiviso con Mosca della multipolarità. La guerra in Ucraina ha allargato il fosso tra Russia e Occidente, ma ha avvicinato i grandi player asiatici, i cui ruoli dovranno essere però ridefiniti. Per Putin si tratta di scardinare in maniera definitiva la supremazia americana e costruire uno scenario dove le potenze regionali hanno maggiore peso e con alleanze anche variabili possono contrastare quelle che sono considerate interferenze esterne nelle rispettive sfere d’influenza. È un processo che è appena iniziato e in realtà dall’esito ancora incerto.