Gli stratagemmi delle società occidentali per restare in Russia
Nissan continua a pagare la forza lavoro russa sperando di rientrare nel mercato in un prossimo futuro. Zara vende attraverso il suo franchisee libanese. Reebok ha trasferito le attività a una holding turca. Mentre Coca Cola è diventata Dobraya Kola. Così alcuni marchi occidentali hanno mantenuto un piede nella Federazione.
Mercedes-Benz è stata l’ultima azienda occidentale ad aver svenduto le proprie attività in Russia, incluso il suo stabilimento di Esipovo fuori Mosca. Si tratta del terzo gigante dell’automotive a lasciare il Paese dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina dopo Renault e Nissan che hanno stimato le perdite nella Federazione in 3 miliardi di dollari. Entrambe le società hanno venduto le loro proprietà per somme simboliche (rispettivamente due rubli e un rublo). Una clausola però consente alle due case automobilistiche di riacquistare i propri beni russi entro sei anni obbligandole a risarcire i nuovi (e a questo punto provvisori) proprietari per gli investimenti fatti dal 2022. Nissan, come ricorda il Moscow Times, sta continuando a pagare la forza lavoro russa anche se l’accordo non lo prevede. E questo per evitare di dover poi riassumere il personale da zero in caso di ripartenza. Con una buona dose di ottimismo, dunque, il gruppo giapponese prevede che le sanzioni occidentali prima o poi saranno revocate e che rientrerà in piena regola nel mercato russo.

Zara, Reebok e Coca Cola cambiano nome
Ma non è solo l’automotive a essere rimasto con un piede nella Federazione. Zara, per esempio, lo scorso marzo ha annunciato la chiusura dei propri negozi in Russia per poi riaprirli a ottobre con il nome del suo franchisee libanese, il gruppo Daher. Più o meno la strategia adottata da Reebok che ha trasferito le attività a una holding turca rinominando i propri store Sneaker Box. E la Coca-Cola? Il brand occidentale per eccellenza non è del tutto scomparso dai negozi russi. Ora è venduta come Dobraya Kola. Lo stesso vale per Sprite e Fanta, tutte prodotte in 10 stabilimenti russi. Dunque CoolCola, Fancy e Street, le bevande gassate autarchiche lanciate dal produttore Ochakovo non hanno sostituito completamente il celebre marchio.

Da Ikea a McDonald’s e Starbucks, i veri addii
Non tutte le società occidentali che hanno lasciato la Russia hanno cambiato marchio pur di restare. Ikea, per esempio, ha chiuso le sue quattro fabbriche e i suoi 17 negozi a marzo creando una carenza di mobili che i produttori locali non sono riusciti a colmare. C’è poi il caso di McDonald’s. Gli 847 ristoranti russi sono stati rinominati Vkusno i Tochka e acquistati a prezzi stracciati dal siberiano Alexander Govor. Anche in questo caso però, almeno secondo quanto risulta a Kommersant, una clausola permetterebbe a McDonald’s di riacquistare la catena entro i prossimi sei anni. Govor, che gestiva già 27 punti McDonald’s, non ha saputo mantenere la qualità del prodotto. Ha tolto molte specialità dal menù, comprese le patatine fritte importate, e naturalmente ha cancellato da ogni piatto il prefisso Mc. Con zero concorrenza però la clientela non manca. Lo stesso è accaduto a Starbucks. A luglio è emerso che le attività della catena erano state acquistate da una cordata di investitori tra cui il rapper pro-Putin Timati. Ora Starbucks è diventato Stars Coffee: invece della classica sirena, ora nel logo c’è una donna che indossa il tradizionale copricapo russo. Infine a ottobre Yum! Brands ha ceduto i suoi 70 ristoranti KFC e i diritti di franchising alla società russa Food Service per 1,3 miliardi di rubli (21 milioni di dollari). Ora è diventato Rostic’s.