Per la Russia il rapporto con l’Europa è sempre meno centrale. Non è un mistero che tra Mosca e Bruxelles le tensioni si siano moltiplicate. E anche l’Italia, nonostante sia un partner storico della Federazione, potrebbe risentirne.
Le sanzioni di Mosca a Sassoli e ad alti funzionari Ue
Non stupisce quindi che il 30 aprile, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli sia stato colpito personalmente dalle sanzioni russe, insieme con altri esponenti dell’Ue provenienti da Estonia, Francia, Germania, Lettonia e Svezia. Le schermaglie diplomatiche tra Mosca e Bruxelles si sono intensificate negli ultimi mesi: la settimana scorsa a Strasburgo è stata approvata una nuova risoluzione contro la Russia in cui è stata sottolineata la gravità dell’invasione dell’Ucraina; inoltre stati ribaditi sia il pieno sostegno alla Repubblica Ceca nella disputa con la Russia sia la piena responsabilità delle autorità russe e del presidente Vladimir Putin per le sorti di Alexei Navalny, il noto oppositore finito in galera. Di rimando il Cremlino ha risposto colpendo Sassoli e gli altri funzionari, tra cui la vicepresidente della Commissione europea Vera Jourova e il procuratore capo di Berlino Jörg Raupach. Da Mosca, dal canto loro, assicurano che non hanno nessuna intenzione di fare una guerra in Ucraina, negano ogni coinvolgimento negli affari cechi e la questione Navalny è in ogni caso un affare interno.

L’ex blocco dell’Est per la linea dura contro Mosca
Per il momento è questa l’ultima puntata di un duello che si gioca essenzialmente tra Mosca e Bruxelles, ma che vede gli Stati dell’Unione su posizioni molto diverse, anche se l’Europa è riuscita sempre ad esprimere una posizione unitaria, trainata come sempre da Germania e Francia. Ciò non toglie che tra la prospettiva di Berlino, Parigi e anche di Roma, e quella di Varsavia e delle cancellerie baltiche, le differenze siano evidenti. La vecchia Europa è stata sempre, ed ancora lo è, per un dialogo con la Russia, mentre quella “nuova”, l’ex blocco dell’Est, geopoliticamente più satellite di Washington che di Bruxelles, è per la linea dura nei confronti del Cremlino.
Italia e Germania mantengono buoni rapporti
Putin è da un pezzo però che ha deciso di troncare i rapporti con Bruxelles, l’Ue non è stata in fondo mai considerata un partner e i rapporti privilegiati sono sempre stati quelli bilaterali. La crisi ucraina del 2013-14, con il cambio di regime a Kiev sostenuto da Ue e Usa, a cui sono seguite l’annessione della Crimea e la guerra nel Donbass, è stata lo spartiacque: se prima si poteva intravedere uno spiraglio di collaborazione, successivamente il fossato si è allargato progressivamente. Le sanzioni europee, approvate da ogni governo e prolungate di anno in anno, non hanno comunque impedito ai Paesi della vecchia Europa di mantenere i loro tradizionali buoni rapporti, seppure in una cornice complicata. Questo vale sia per la Germania di Angela Merkel, che nonostante l’incessante pressione americana (Obama, Trump, Biden) ha resistito sul gasdotto Nordstream, sia ovviamente per l’Italia. Pur non essendoci un elemento di collaborazione così simbolico tra Mosca e Roma, le relazioni positive sono state mantenute, anche se appunto tutti i governi che si sono succeduti dal 2014 (Renzi, Gentiloni, Conte, Draghi) si sono accodati alle sanzioni decise a Bruxelles.

La verità, come nel caso tedesco, è che i rapporti tra i due Paesi sono comunque solidi e profondi, al di là della situazione contingente (Ucraina, Navalny, Libia e via dicendo) e sempre nel contesto che sin dal Dopoguerra ha visto l’Italia ben ancorata alle istituzioni occidentali, europee e transatlantiche. L’Italia è stata per la Russia, sia durante che dopo la fine della Guerra Fredda, un partner importante, indipendentemente dai governi. Negli ultimi 30 anni, al netto delle effervescenze di Silvio Berlusconi e delle sbandate di Matteo Salvini (putiniano più a parole che nei fatti), i due Paesi hanno mantenuto comunque legami stretti, forti anche per la grande presenza italiana nella Federazione russa che si è affermata attraverso grandi e piccoli gruppi in un po’ tutti i settori, da quello bancario a quello delle infrastrutture, da quello manifatturiero a quello agrario-alimentare (si va da Banca Intesa a Finmeccanica, da Fiat a Eni). Va però ricordato che se nel 2013 l’interscambio commerciale si aggirava sui 40 miliardi di euro, gli anni successivi sono stati complicati, su entrambi i lati. Nel 2019, per dire, l’interscambio è stato pari a 22,5 miliardi.
L’orizzonte di Putin è la Cina
Il problema attuale più evidente è che ormai Putin sembra aver voltato le spalle all’Europa e pare preoccuparsi poco anche degli amici tradizionali, a loro volta appiattiti sul versante atlantico. Anche la guerra delle spie partita in Italia a marzo con il caso Biot, proseguita tra Repubblica Ceca, Ucraina e Bulgaria, rispolverando casi vecchi con una tempistica che fa nascere qualche sospetto, ha fatto capire in questi mesi come da una parte la Casa Bianca stia cercando di rinserrare le fila sul campo trascurato per un quadriennio e dall’altra il Cremlino non faccia mistero di disinteressarsene altamente. Lo sguardo dell’aquila russa è ormai rivolto a Est, alla Cina e non solo: le prossime mosse di Putin sulla scacchiera europea potranno riservare però altre sorprese, a seconda di quanto Biden deciderà di aumentare la pressione su questo e sugli altri fronti della nuova Guerra Fredda.