Con Ivan Pechorin si allunga la serie di morti misteriose di manager legati al Cremlino
L'ad della Far East and Arctic Development Corporation, braccio destro di Putin nella gestione delle risorse energetiche del Nord, è morto cadendo da una barca nel Mar del Giappone. Otto mesi fa il suo capo era stato stroncato da un ictus. Si allunga la lista di manager legati al Cremlino scomparsi misteriosamente.
Un’altra morte sospetta di un manager legato al Cremlino. Ivan Pechorin, 39 anni, amministratore delegato della Far East and Arctic Development Corporation (ERDC), è deceduto dopo essere caduto da una imbarcazione sabato 10 settembre. Pechorin stava navigando al largo dell’isola di Russky nel Mar del Giappone e il suo corpo è stato recuperato solo lunedì dopo lunghe ricerche. Pochi giorni prima il manager, uomo di Putin per l’amministrazione delle risorse energetiche dell’Artico, aveva partecipato all’Eastern Economic Forum di Vladivostok insieme con il presidente russo. «La morte di Ivan è una perdita irreparabile per amici e colleghi», ha dichiarato l’ERDC in un comunicato ufficiale sul proprio sito web. La morte di Pechorin arriva otto mesi dopo che il suo capo, Igor Nosov, era mancato per un ictus all’età di 43 anni. Sul corpo però non era stata effettuata alcuna autopsia.
Si allunga la serie delle morti sospette di manager legati al Cremlino
L’apparente suicidio del vicepresidente Lukoil a Mosca
La serie delle morti sospette passate come incidenti o suicidi tra uomini d’affari legati al Cremlino è lunga. Il 1 settembre, Ravil Maganov, 67 anni, vicepresidente della compagnia petrolifera russa Lukoil, è morto precipitando dalla finestra dello stesso ospedale di Mosca dove Putin poco dopo avrebbe dato il suo ultimo saluto all’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov. Secondo Lukoil il manager sarebbe deceduto dopo una lunga malattia, mentre le forze dell’ordine hanno parlato di suicidio: «Era stato ricoverato in ospedale per un infarto. Inoltre, aveva assunto antidepressivi», ha riferito una fonte alla Tass. Maganov, braccio destro dell’ex presidente Lukoil Vagit Alekperov, dimessosi ad aprile dopo aver subito sanzioni dal Regno Unito, nei mesi scorsi si era schierato con il colosso petrolifero per una «rapida fine del conflitto in Ucraina».

Il finanziere Rapoport precipitato da un palazzo a Washington
Il 14 agosto aveva perso la vita precipitando da un palazzo a Washington Dan Rapoport, finanziare di origine lettone che aveva fatto fortuna in Russia e che aveva criticato apertamente Putin. A luglio, Yuri Voronov, 61 anni, alto dirigente della compagnia di trasporti Astra Shipping, era stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella sua piscina in un sobborgo di San Pietroburgo. A maggio era toccato a Andrej Krukovskij, manager della stazione di sci di proprietà di Gazprom a Sochi, precipitato mentre percorreva un sentiero. Sempre lo stesso mese è scomparso anche Aleksandr Subbotin, altro manager di Lukoil, morto per insufficienza cardiaca in una casa nei pressi di Mosca mentre, secondo alcune fonti, era impegnato in riti voodoo.

Gli omicidi-suicidi di Avayev e Protosenya
Ad aprile l’ex vicepresidente della Gazprombank ed ex consigliere del Cremlino Vladislav Avayev, 51 anni, è stato trovato senza vita nel suo appartamento al 14esimo piano di un lussuoso condominio di Mosca con in mano una pistola. Accanto giacevano i corpi di moglie incinta e della figlia 13enne. Secondo le autorità locali il movente dell’omicidio-suicidio sarebbe stata la gelosia: Avayev sospettava che la moglie 47enne fosse incinta dell’autista. Pochi giorni dopo, un’altra tragedia si è consumata in Spagna, a Lloret de Mar, dove il 21 aprile la polizia ha trovato i corpi di Sergey Protosenya, ex CEO di Novatek – un’azienda legata al Cremlino – di sua moglie e della loro figlia adolescente. Anche in questo caso secondo le ricostruzioni ufficiali il 55enne si sarebbe tolto la vita dopo aver finito con un’ascia le due donne. All’inizio di marzo il miliardario Vasily Melnikov, la moglie e i due figli sono stati trovati senza vita nel loro appartamento di lusso a Nizhny Novgorod, con ferite da taglio provocate da coltelli trovati sul luogo degli omicidi. Secondo News 84 Media, la società del magnate, Medstom, che importa attrezzature mediche in Russia, era sull’orlo del collasso dopo le sanzioni occidentali. Nexta, nel dare la notizia, non ha escluso l’azione di sicari.

Le impiccagioni di Watford e Tyulyakov
Il 28 febbraio, quattro giorni dopo l’attacco russo, è stato trovato morto l’oligarca Mikhail Watford. Nato in Ucraina aveva cambiato il cognome Tolstosheya dopo il trasferimento nel Regno Unito. Watford, che si era arricchito come magnate del petrolio e del gas dopo il crollo dell’Urss, si sarebbe impiccato nel garage della sua casa nel Surrey. A detta dei vicini, era sconvolto per quanto stava accadendo nel suo Paese di origine. Il 25 febbraio, il 61enne Alexander Tyulyakov, vicedirettore generale del Centro per la sicurezza aziendale di Gazprom, è stato trovato impiccato nel suo cottage di Leninsky, nella zona di Mosca. Secondo alcune fonti non confermate sarebbe stato picchiato duramente. Secondo Novaya Gazeta, l’unità di sicurezza di Gazprom è arrivata sulla scena del suicidio contemporaneamente alla polizia. A gennaio un’altra morte sospetta, quella di Leonid Shulman, capo del servizio trasporti di Gazprominvest, trovato senza vita nella vasca da bagno con numerose pugnalate.