Perché un ex deputato di Russia Unita è diventato “agente straniero”

Redazione
31/05/2023

Su Telegram aveva cercato di scambiare informazioni sensibili sul Cremlino con un passaporto italiano o francese. Intercettato è stato dichiarato agente straniero. La storia dell'ex deputato di Russia Unita Magomed Gadzhiev. Dal Daghestan alla Duma di Stato.

Perché un ex deputato di Russia Unita è diventato “agente straniero”

La lista nera degli agenti stranieri stilata dal Cremlino si allunga. Con nomi “pesanti”. L’ultimo a essere stato inserito nell’elenco è Magomed Gadzhiev, non certo un critico o un attivista. Anzi. Gadzhiev è infatti un ex parlamentare di Russia Unita alla Duma di Stato e nel 2012 votò proprio la legge sugli agenti stranieri che ora lo ha inguaiato. Non solo. Ha sostenuto l’annessione della Crimea e votato, nel 2016, il pacchetto Yarovaya, una serie misure sull’antiterrorismo che prevedono il controllo sulle Tlc (obbligo per le società di telefonia e di servizi internet a conservare per sei mesi i dati di traffico tra utenti e per tre anni i metadati) e limitazioni alla libertà religiosa. Dopo l’invasione dell’Ucraina, ha appoggiato pubblicamente la guerra inviando personalmente aiuti umanitari alle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Insomma, questa volta nella lista nera di Mosca è finito, come sottolinea Meduza, un politico e uomo d’affari vicino al sistema.

Il tradimento di Gadzhiev: informazioni sensibili in cambio di un passaporto europeo

La colpa di Gadzhiev è di quelle che non si perdonano. Il deputato infatti avrebbe offerto ai servizi occidentali informazioni riservate sul Cremlino in cambio di un passaporto europeo, francese o italiano. Immediata l’espulsione da Russia Unita, e la fatwa di Sergei Melikovel, leader del Daghestan, da dove Gadzhiev proviene, che lo ha bollato «codardo e traditore». Una fonte di Meduza vicina al Cremlino ha spiegato che il deputato è stato dichiarato “agente straniero” su iniziativa dell’amministrazione presidenziale e dei servizi speciali dopo la pubblicazione delle intercettazioni delle sue conversazioni su Telegram. In diversi video intercettati, l’ex politico prometteva all’interlocutore, probabilmente un collaboratore delle intelligence occidentali, di rivelare «parecchie cose» sul governo russo e sugli oligarchi in cambio di un passaporto. «So molto, ma non voglio parlare», metteva in chiaro nella trattativa. «Quando ci sarà il passaporto, possiamo discutere di molte cose. Prima i biglietti, poi i film. Non puoi guardare un film se non hai il biglietto».

Perché un ex deputato di Russia Unita è diventato "agente straniero"
Magomed Gadzhiev.

L’ex parlamentare pronto a rinnegare la Russia e l’Islam

Al momento Gadzhiev dichiara di trovarsi negli Usa (avrebbe proprietà a Miami oltre che in Francia), di sostenere la causa ucraina e l’oligarca Rinat Akhmetov. Ha anche sostenuto di aver operato per un incontro tra il capo dell’ufficio di Volodymyr Zelensky, Andriy Yermak, e il principe ereditario di Dubai. In un altro video Gadzhiev si dice disposto a rinunciare alla cittadinanza russa, anzi di non essere proprio russo, rivendicando le sue radici caucasiche. Infine si dice pronto pure a rinnegare la fede islamica, proprio lui che nel 2003 venne eletto per la prima volta alla Duma con lo slogan «Con amore per la Patria, con fede in Allah». Lo stesso slogan che campeggiava sui suoi tir di aiuti diretti nel Donbass. Un sostegno apprezzato pubblicamente dal capo della repubblica autoproclamata di Donetsk Denis Pushilin.

La carriera nelle istituzioni: dal fisco fino alla Duma

Secondo la biografia ufficiale, subito dopo aver prestato servizio nell’esercito, nel 1985, Magomed Gadzhiev divenne a soli 20 anni vicedirettore della base di attrezzature Khushetskaya dell’associazione agroindustriale Dagvino, di cui divenne capo nel 1994. Due anni dopo si laureò all’Istituto di Management e Business di Makhachkala e nel 1998 in legge presso l’Università statale del Daghestan. Subito dopo cominciò la sua carriera nello Stato: prima come vice capo dell’ispettorato fiscale del Daghestan e poi vice capo dell’Ispettorato interregionale del ministero delle Imposte e delle tasse per il Distretto Federale Meridionale. Quindi, nel 2003, l’ingresso nella Duma nelle fila di Russia Unita.  Nella sua ascesa politica Gadzhiev sarebbe stato “accompagnato” dal senatore Suleiman Kerimov, attuale proprietario della compagnia mineraria Polyus. E questo nonostante appartenessero a due etnie diverse: entrambi del Daghestan, il primo è avaro, il secondo lesga. Un rapporto il loro che andava oltre il semplice mecenatismo. Nel 2010 il fratello di Magomed Gadzhiev, Ahmed, fu nominato direttore del porto commerciale statale di Makhachkala, sulla costa occidentale del Mar Caspio, ruolo che ricoprì fino al 2016. Al tempo i media insinuarono che Kerimov usasse i Gadzhiev per controllare di fatto scalo. Tre anni dopo, sotto la presidenza di Ramazan Abdulatipov, l’influenza di Gadzhiev in Daghestan crebbe. Cresciuto nel distretto di Charodinsky, come il genero del presidente, in quel periodo ben tre rappresentanti del comune – compreso suo fratello Ahmed – entrarono nel parlamento regionale. Il rapporto tra Kerimov e Gadzhiev si è poi deteriorato agli inizi del 2020. Prova ne è la mancata rielezione alla Duma nel 2021: nonostante fosse arrivato secondo alle primarie non fu inserito nelle liste. Secondo alcuni nello stesso anno Gadzhiev ha lasciato la Russia probabilmente temendo di finire in tribunale dopo l’inizio delle purghe anticorruzione in Daghestan. Un ex deputato con un passato oscuro e per di più senza immunità parlamentare sarebbe stato un bersaglio fin troppo facile. E ora che non sembra aver nulla da perdere, lo yes man quasi sconosciuto in quel di Mosca si gioca l’ultima carta: millantare informazioni segrete per ottenere un definitivo lasciapassare.