Non solo in Ucraina: Occidente e Russia si confrontano anche in Africa. Al centro di questo braccio di ferro, ci sono la gestione dei flussi migratori e il contrasto allo jihadismo. Ma anche interessi economici. La Russia infatti è presente economicamente, militarmente e diplomaticamente in Africa dal 2014. Un accesso avvenuto anche tramite i mercenari del gruppo Wagner, compagnia privata nelle mani dell’oligarca Evgenij Prigozhin, legato a doppio filo con Putin.
Mosca e il controllo dei flussi migratori nel Sahel
In particolare le attenzioni del Cremlino sono rivolte verso Mali e Sahel, una fascia di territorio altamente instabile dell’Africa subsahariana che raccoglie migliaia di profughi. Pertanto controllarla consentirebbe di gestire, perlomeno in parte, i flussi migratori. Per Mosca ciò significa guadagnare uno strumento di pressione nei confronti dell’Europa. L’utilità di una mossa simile si è già vista tra novembre e dicembre 2021 quando il governo bielorusso ammassò ai confini della Polonia migliaia di migranti in risposta alle sanzioni imposte dall’Unione europea. Ma anche nella Turchia di Recep Tayyp Erdogan, pagato dall’Ue per fermare di fatto i flussi da Iraq, Siria e Afghanistan.

Il contrasto al terrorismo di matrice jihadista
Il Sahel è indispensabile anche nel contrasto al terrorismo che proprio qui si è rafforzato negli ultimi anni, soprattutto dopo l’indebolimento di Daesh in Medio Oriente. L’Africa, del resto, viene considerata la nuova frontiera della jihad globale. Pertanto controllare il Sahel dove è crescente la presenza di gruppi affiliati ad al-Qaeda e all’Isis è fondamentale per ridurre il rischio di una recrudescenza della minaccia terroristica in Europa. La frontiera tra Africa del Nord e Sahel inoltre è un confine poroso, dove i gruppi jihadisti si muovono pressoché indisturbati stringendo alleanze con milizie locali e trafficanti di esseri umani. Per la Russia la lotta al terrorismo è prima di tutto una questione di sicurezza: gruppi jihadisti infatti sono presenti all’interno dei suoi confini e negli Stati cuscinetto del Caucaso e dell’Asia centrale; ma è anche un’occasione per guadagnare posizioni nei confronti dell’Occidente. La guerra al terrore pone “dalla parte giusta della storia”: una carta spendibile sia nella propaganda interna che esterna, e che può indebolire l’immagine degli avversari. La Russia potrebbe rivendersi come la potenza che è riuscita là dove Europa e Stati Uniti hanno finora fallito.

Il tentativo della Russia di bilanciare l’ascesa cinese in Africa
Infine, guadagnare terreno in Africa è per Mosca fondamentale per bilanciare l’ascesa della Cina nel Continente. Il Dragone infatti da quando ha scavalcato gli Usa nel 2009 resta saldamente il primo partner commerciale e strategico dell’Africa, enorme mercato per l’export e serbatoio di materie prime, dal petrolio alle terre rare. Se è difficile per la Russia competere con il gigante commerciale, può però consolidare la propria presenza nell’Africa subsahariana stringendo accordi politici e allargando la sua sfera di influenza.

Le mosse di Mosca nel Continente tra Burkina Faso, Mali e Sudan
Il 24 gennaio, per esempio, in Burkina Faso un colpo di Stato ha portato al potere una giunta militare. In piazza si sono sventolate le bandiere russe segno del crescente sentimento filo-Cremlino della popolazione. Una cosa simile era avvenuta in Mali, ex colonia francese passata sotto l’influenza sovietica durante la Guerra Fredda, nel maggio del 2021 quando un colpo di Stato – il secondo in meno di un anno – ha portato al potere i militari vicini alla Russia. In Mali la Francia era presente militarmente dal 2014 con l’operazione Barkhane e, assieme a diversi Paesi europei tra cui l’Italia, con l’operazione Takuba (2021). Obiettivo di entrambe le missioni era contrastare lo jihadismo e stabilizzare la regione. Dopo il colpo di Stato il Mali si è avvicinato sempre di più alla Russia accettando aiuti militari e la presenza del gruppo Wagner, espellendo poi l’ambasciatore francese. La Francia e i Paesi europei hanno quindi ritirato le truppe, probabilmente per riposizionarle in Niger, al confine con il Mali, e nel Golfo di Guinea. Durante il voto di mercoledì dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha condannato l’invasione dell’Ucraina il Mali, come la Cina, è stato tra i Paesi che si sono astenuti. Lo stesso ha fatto il Sudan. Tra Mosca e Khartoum il rapporto è saldo e recentemente si è tornati a discutere dell’apertura di una base navale russa sulle coste del Mar Rosso. Senza dimenticare la Repubblica democratica del Congo. Posizioni apparentemente neutrali ma che nascondono un sostegno di fatto a Mosca, a dimostrazione di come la questione africana abbia ricadute anche sul conflitto scoppiato nel cuore dell’Europa.