Murale rosa, dopo le mascherine è polemica per il colore dell’opera sui presidenti

Giovanni Sofia
23/02/2022

Dopo la bufera sulle Ffp2 della polizia, il colore torna ad accendere gli animi. Ad Alassio è polemica su un murale dei capi di Stato che «stona con il territorio». Eppure nella vicina Sanremo, sul palco dell'Ariston, la tinta pareva essersi finalmente liberata da ogni stereotipo.

Murale rosa, dopo le mascherine è polemica per il colore dell’opera sui presidenti

A sdoganarlo definitivamente non sono bastati neppure gli stravaganti look di Sanremo. Sul palco dell’Ariston da Sangiovanni ad Aka7even, passando per Dargen D’Amico, il rosa ha dominato la scena. Se all’elenco si aggiunge pure l’insolita acconciatura di Dario Mangiaracina, musicista de La rappresentante di lista, il variegato quadro è servito. Visto così, viene fuori il manifesto di un colore ormai distaccatosi dagli stereotipi antichi, per i quali la tinta rimane indissolubilmente legata all’universo femminile. Non esattamente però, perché a ben guardare, specie in Italia, al rosa erga omnes c’è chi proprio non vuole arrendersi. Chiedere per provare quanto precedentemente affermato a Roberto Collodoro. Ispirato al monte Rushmore made in Usa, il suo graffito raffigura i presidenti della Repubblica, riveste un grosso muro di contenimento e si distende per 55 metri in mezzo al verde della macchia Mediterranea intorno alle colline di Alassio, tra le località turistiche più gettonate della Liguria.

Ad Alassio scoppia la polemica sul murales di Collodoro dedicato ai presidenti della Repubblica, la Soprintendenza: «Eliminate il rosa»
Dario Mangiaracina, La Rappresentante di Lista, a Sanremo 2022 (Getty)

Il murale di Alassio, i presidenti della Repubblica su sfondo rosa

Il murale è alto dieci metri, accompagna turisti e residenti nella cittadina dall’ingresso di Levante e in primo piano propone i ritratti dei capi di Stato, mentre alle loro spalle domina il rosa. «Come le donne costrette sempre a rimanere sullo sfondo delle istituzioni», aveva spiegato l’autore. Non abbastanza, per convincere sovrintendenza e Commissione Paesaggistica, per le quali, al contrario, la tonalità va modificata. E alla svelta. Meglio una «nella gamma delle terre in modo da armonizzarsi con i colori del contesto naturale in cui si inserisce», hanno ribadito. Discorso identico per il nero che caratterizza i volti dei presidenti e andrebbe attenuato. Un diktat senza possibilità di replica, di cui l’artista dovrà prendere necessariamente atto: «Appena possibile tornerò ad Alassio per modificare il murale, ma così viene distrutto il messaggio che volevo dare e si mortifica la mia professionalità, la libertà d’espressione artistica». Non a caso, d’altronde, l’opera si intitola #QuoteRosa e nello spazio lasciato volutamente libero nasconde l’auspicio di una presidente donna.

La lunga odissea del murale di Alassio

Messaggi in bottiglia destinati a perdersi, nell’ambito di un progetto divenuto nel tempo un’autentica Odissea. Il Comune infatti a gennaio aveva dato mandato all’autore di cominciare, nonostante mancasse il benestare della Soprintendenza. L’ok è arrivato solo dopo l’avvio dei lavori, ma accompagnato alla postilla di adeguarsi a quanto disposto dalla commissione paesaggistica, alla quale il rosa evidentemente non piaceva. Lontana dall’essere un inedito assoluto, la questione cromatica riporta alla mente la polemica vecchia di qualche mese sulle mascherine in dotazione alla polizia di Stato.

Ad Alassio scoppia la polemica sul murales di Collodoro dedicato ai presidenti della Repubblica, la Soprintendenza: «Eliminate il rosa»
Una mascherina rosa (Twitter)

Il sindacato di polizia e la polemica sulle mascherine rosa

A lamentarsi all’epoca era stato il Sap, il sindacato degli agenti. Colpa dei dispositivi di protezione personale recapitati alle questure, tra le altre, di Pavia, Varese, Siracusa, Ferrara e Venezia. Alla luce dei quali «Ci è sembrato doveroso scrivere al capo della Polizia, Lamberto Giannini, poiché in alcune province sono arrivate forniture di Ffp2 di colore rosa», scrissero in una nota. In quanto, proseguivano, «non decoroso per la divisa ricevere degli apparati di protezione come quelli giunti in alcune province». Ma si badi bene, «non è un pregiudizio sul colore». Piuttosto, quasi una necessità, dettata dal fatto che «l’uso dell’uniforme è regolamentato. Sulla base del giuramento fatto, è necessario che anche gli indumenti vengano portati con decoro e rispetto per l’Istituzione a cui si appartiene». Un appello alla sostituzione, contro cui su Twitter si scagliarono duramente persino i colleghi di Palermo: «La Polizia di Stato è, Donne e uomini evoluti, colti, intelligenti (La maggioranza assoluta!). Donne e Uomini che lottano quotidianamente contro stereotipi e questioni di genere. Alcune uscite medievali mortificano il faticoso lavoro fatto negli anni da tutti noi». Più in generale, sui social meme e post ironici spopolarono, ma evidentemente non abbastanza da invertire il trend.