Robinhood, l’app di trading gratuita che permette agli utenti di investire senza intermediari e senza pagare commissioni, sta puntando sempre di più sulle criptovalute. Quasi la metà dei ricavi della società durante la primavera sono arrivati infatti da clienti che scambiavano bitcoin e simili. Il 18 agosto la startup californiana, che ha debuttato a Wall Street lo scorso 29 luglio, ha reso noto di aver perso 501,7 milioni di dollari – 2,16 dollari per azione – rispetto a un profitto di 57,6 milioni di dollari, o 9 centesimi per azione, nel secondo trimestre dello scorso anno. In controtendenza però è il dato che riguarda le criptovalute. Come conferma Ap News, poco meno della metà dei ricavi di Robinhood (che ammontano a 565,3 milioni di dollari nel periodo aprile-giugno) proviene dai clienti che hanno scambiato Bitcoin o Dogecoin. Una tendenza in forte aumento se si pensa che nel primo trimestre 2021 lo scambio di criptovalute aveva costituito solo il 17 per cento dei ricavi e a inizio 2020 appena il 3 per cento. «Notiamo un forte interesse dei nostri clienti in questo mercato», ha detto il Ceo Vlad Tenev. «Le criptovalute sono state fondamentali in questa prima metà dell’anno». Il mercato delle criptovalute di Robinhood – società fondata nel 2013 da Baiju Bhatt e Tenev, due laureati a Stanford – prevede l’indirizzamento degli ordini commerciali dei clienti ai market maker, intermediari finanziari che pubblicano i prezzi di acquisto e vendita dei titoli quotati in borsa, i quali poi retribuiscono a loro volta l’azienda californiana per il servizio offerto. Un trading fortemente legato alle quotazioni di Bitcoin & Co, il cui valore però oscilla continuamente. Basti pensare che la criptovaluta sviluppata da Satoshi Nakamoto, che ad aprile aveva toccato i 64.829 dollari di valore, oggi quota quasi la metà (44.340 dollari). Stessa sorte per i dogecoin (che costituiscono il 62 per cento dei ricavi in criptovalute per Robinhood), arrivati a 74 centesimi a maggio e ora scesi a 30 centesimi.