«La sua erre arrotata e sonora è ancora qui, come l’ironia, la penna acuta e precisa, il sorriso ad accompagnare le immancabili battute, la voglia di raccontare, l’amore per il giornalismo vero: notizie, notizie, notizie». Così i suoi colleghi ricordano Roberto Pelucchi. Il giornalista sportivo è morto a 50 anni dopo una carriera nella Gazzetta dello Sport e nell’Eco di Bergamo.
Roberto Pelucchi è morto: il saluto al giornalista di Gazzetta dello Sport ed Eco della Lombardia
«Che bruttissima mattina, Pelu. Te ne sei andato lasciandoci in un dolore sordo e inatteso. Dal momento che pochissimi sapevano, ma noi no. Tra i mille ricordi di partite e trasferte vissute insieme, ritiri in Val d’Aosta (ma non solo) compresi, ce n’è uno che salta alla mente con grandissima tenerezza. Una trasferta di campionato a Reggio Emilia per la quale era stato scelto un ristorante che, ci avevano garantito, non avrebbe ospitato ultras a pranzo. Ma, appena imboccato il vialetto per il parcheggio della “Cirenaica”, ecco apparire un pullman con bandiera sul lunotto posteriore che non ammetteva possibilità di equivoco. C’era scritto ‘Roma merda’. Per sovrammercato, noi quattro eravamo gli ultimi ad arrivare in una sala già gremita da gente che non ti aveva in particolare simpatia. E, problema nel problema, per arrivare alla toilette bisognava rasentare la tavolata dei tifosi nostrani più caldi. Allora ti accompagnai io e nella circostanza mi sentii una specie di fratello maggiore che ti proteggeva» racconta su Facebook il collega Pier Carlo Capozzi.

«Eri davvero preparato e rigoroso, Roberto Pelucchi, soprattutto con te stesso. Nessuna voglia di scendere a compromessi e questo, credo, non ti ha aiutato molto in questo panorama di furbetti. Dovevamo vederci per la presentazione da Giuliana di “Una Dea senza tempo”, libro che vanta un tuo splendido capitolo su Vavassori, stopper e mister, ma quei cattivoni della Gazza ti avevano incastrato mettendoti di servizio. Ci saranno altre occasioni di sicuro – pensai allora. Mai avrei creduto di sbagliare così tanto…» conclude.
Il saluto dei colleghi sui social
«Si chiamava Roberto Pelucchi, ma per tutti noi era Pelu. La sua erre arrotata e sonora è ancora qui, come l’ironia, la penna acuta e precisa, il sorriso ad accompagnare le immancabili battute, la voglia di raccontare, l’amore per il giornalismo vero: notizie, notizie, notizie. Roberto Pelucchi è morto all’improvviso, a 50 anni, all’Istituto Galeazzi dove era stato operato due settimane fa.
Dopo gli inizi da ragazzino a Bergamo Oggi, Pelu ha raccontato 30 anni di sport, prima dalle colonne de L’Eco di Bergamo, poi negli ultimi 17 anni alla Gazzetta dello Sport, dove aveva spaziato dalla redazione Calcio al sito, fino a SportWeek» racconta la Gazzetta dello Sport sulla sua pagina ufficiale di Facebook.

Roberto lascia tanto dolore dietro di sé, ma anche un romanzo Il tesoro della Dea, dove racconta le vicissitudini dell’Atalanta.