Ultima riunione della Lega calcio quella del 15 dicembre, per scambiarsi gli auguri di Natale, affrontare un paio di temi all’ordine del giorno (il progetto di una radio digitale e il bando per la Supercoppa italiana da giocare per tre o cinque anni in Arabia Saudita). Infine meditare sulla sempre più insostenibile situazione del calcio italiano. Resa ancora più grave dopo l’eliminazione dal Mondiale 2022 che si sta concludendo in Qatar, e che ha costretto i tifosi della Nazionale a dirottare la loro passione versi le squadre di altri Paesi. La verità è che questo mese di Coppa del Mondo, con il campionato sospeso, il calcio italiano si è trovato ad affrontare un periodo di fortissime turbolenze per il combinato disposto di inchieste, accuse, litigi e sospetti che minano fortemente la credibilità del sport più amato.
Italia fuori dal Mondiale: è ora di cambiare la legge che favorisce gli stranieri
La lista dei problemi è lunga. Restando al Mondiale mancato, per esempio, una delle motivazioni dell’eliminazione della nazionale italiana è sicuramente l’attuale legislazione fiscale molto favorevole ai lavoratori stranieri, compresi quindi i calciatori, che arrivano in Italia. Legge del 2019 che ha fatto sì che se un calciatore viene da un campionato estero e rimane almeno due anni, paga la metà delle imposte; e quindi i club preferiscono scegliere giovani che provengono da fuori piuttosto che far crescere e giocare calciatori italiani dei vivai nostrani. I vertici del calcio italiano hanno quindi la necessità di chiedere al parlamento di togliere i benefici fiscali e di equiparare ad altre nazioni europee il numero minimo obbligatorio di giocatori nati o con passaporto del Paese che giocano in ciascuna delle squadre di Serie A. Temi questi che dovrebbero essere cari a Gabriele Gravina, sui quali però il presidente della Federazione italiana giuoco calcio (Figc) è piuttosto inattivo.
Caos debiti: l’emendamento di Lotito rispedito al mittente
Sempre parlando di fisco, c’è il tema dei debiti contratti dai club italiani: il settore nella sua totalità deve allo Stato circa mezzo miliardo di euro. In particolare, le prime tre squadre che debbono pagare somme rilevanti sono Inter, Lazio e Juventus, rispettivamente per circa 50, 40 e 30 milioni. Soldi che dovrebbero essere versati entro il 22 dicembre, una scadenza che Claudio Lotito sta cercando in tutto i modi di allungare (l’ultima proposta è di 60 rate nei prossimi cinque anni con una mora del 3 per cento). Il proprietario della Lazio, che è anche senatore di Forza Italia, ha presentato un emendamento ad hoc che gridava vendetta a tal punto da essere respinto al mittente da Fratelli d’Italia, il socio di maggioranza dell’attuale governo. Ma non era difficile pensare sarebbe andata diversamente. Un siffatto emendamento comporterebbe due palesi asimmetrie: le società calcistiche sarebbero trattate in modo diverso dalle aziende che operano in altri business, e i club che sino a oggi sono stati rispettosi delle regole economiche e fiscali si troverebbero a gareggiare nello stesso campionato con altre squadre che invece non lo sono state.

Piangono le casse di Sampdoria e Verona: dove sono i soldi delle cessioni?
Ma quali sono i club che sono in regola? Perché la Figc o la Lega di Serie A non fanno vedere chi ha il bilancio sano e chi invece ha bisogno di spostare e spalmare i pagamenti senza rispettare le scadenze di fine anno? Dopotutto i tifosi sono tornati allo stadio, le società calcistiche incassano dai biglietti e i diritti tivù sono già stati pagati ai club. Tra le squadre in difficoltà di cui si parla da tempo c’è la Sampdoria, che è in grave crisi finanziaria ed è in cerca di un compratore che ne risolva i problemi. Poi c’è l’Hellas Verona, che ha venduto per cifre importanti diversi giocatori, ma che a oggi ha ancora un bilancio pesantemente negativo pur senza avere fatto acquisti significativi. Dove sono finiti i soldi delle cessioni? Come sono i conti dell’azienda del presidente Maurizio Setti?

Gli arbitri e lo scandalo droga: ma Trentalange incredibilmente resiste
Terzo tema importante, sempre venuto alla luce in queste ultime settimane, è l’arresto per traffico di droga di Rosario D’Onofrio, il procuratore capo dell’Aia, l’Associazione italiana arbitri. L’Aia gestisce coloro che dovrebbero garantire in campo la regolarità di tutte le gare, quelli che dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto. Qualcuno sicuramente sapeva delle attività illecite. Infatti D’Onofrio fu arrestato una prima volta, in flagranza, il 21 maggio del 2020 quando la Guardia di finanza lo trovò al casello autostradale di Lainate con a bordo 40 chili di “ganja”, cioè marijuana. Successivamente il presidente dell’Aia, Alfredo Trentalange, suo principale sponsor, non solo lo ha nominato procuratore capo nel marzo del 2021, ma lo ha persino premiato come dirigente dell’anno nel luglio del 2022. Molti si chiedono come Trentalange possa ancora essere credibile e rimanere seduto comodamente al suo posto. Forse non si muove perché si sente protetto da Lotito, suo grande sponsor, che si oppone strenuamente al commissariamento dell’Associazione arbitri, chiesta dalla quasi totalità dei club di Serie A.

La nuova consigliera Rebecca Corsi e gli scazzi Lotito-De Laurentiis
Il presidente della Lazio non perde occasione di farla da padrone. Lo si è visto anche nella riunione del 22 novembre a Milano, in una delle lunghissime e inutilissime riunioni di Lega Serie A. Prima di iniziare, si sono svolti una serie di incontri riservati da lui guidati con partecipanti selezionati affinché fosse promossa come nuova consigliera Rebecca Corsi, vice presidente dell’Empoli e figlia del proprietario del club. Cosa che ha scatenato una quasi rissa, con con Aurelio De Laurentiis, patron del Napoli, che ha apostrofato senza troppi complimenti Lotito, il nuovo consulente dell’Empoli Luca Lotti, ex ministro dello Sport nell’era di Matteo Renzi, e il presidente della Lega di Serie A Lorenzo Casini. I motivi della reprimenda sono legati alla mancanza di trasparenza di Lotito e di Casini, alla continua tutela dei vecchi padroni del sistema calcio e del poco rispetto verso le società calcistiche che rispettano le regole. Così la riunione ufficiale non è mai iniziata e sette Club (Napoli, Juventus, Milan, Inter, Roma, Fiorentina e Monza) hanno lasciato la sede di via Rosellini.

I sospetti di Report sull’accordo Tim-Dazn per i diritti
Sicuramente nell’incontro del 15 dicembre si parlerà anche della puntata di Report del 12, dove a tenere banco è stata un’inchiesta su Tim e che ha tirato in ballo l’amministratore delegato della Lega Luigi De Siervo. In particolare i suoi legami con Andrea Pezzi, il lobbysta di Vivendi in Italia, e il ruolo avuto dalla società di quest’ultimo, la Mint, nella gestione degli spazi pubblicitari di Tim nell’ambito dell’accordo con Dazn, titolare dei diritti della Serie A. Operazione disastrosa per i conti dell’ex monopolista telefonica, con risvolti inquietanti che hanno portato Vivendi a prendere le distanze da Pezzi e a “delegare” a Massimo Sarmi i rapporti con i palazzi romani. L’ex amministratore delegato di Poste, che è in predicato per entrare nel cda di Tim, piace al centrodestra e ha ottimi rapporti con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, uno degli attori nella intricata partita per la nazionalizzazione della rete. Chissà se De Siervo nella riunione di Lega del 15 dirà qualcosa per allontanare dubbi e sospetti sulla sua persona così come li ha adombrati il programma di RaiTre.
Difficile strappare qualche cortesia al neo ministro dello Sport Abodi
La situazione dell’organismo che dirige il calcio e della Lega è tale che sembra improponibile chiedere qualsiasi cortesia e attenzione al governo e al neo ministro dello Sport Andrea Abodi, visto quanto è accaduto negli ultimi mesi. Sarà difficile per Lorenzo Casini, da poco più di sei mesi presidente della Lega Seria A, molto vicino a Dario Franceschini, riuscire a instaurare una relazione proficua con Abodi, persona molto preparata la cui consonanza politica con Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni è conclamata. I presidenti dei club si ricordano molto bene il motivo per cui Casini è arrivato al vertice della Lega Calcio, voluto anche dal solito Lotito. Grazie ai buoni rapporti con l’ex ministro della Cultura avrebbe dovuto far cambiare la legge Melandri e facilitare la costruzione dei nuovi stadi di proprietà dei club indispensabili per ingrassare i bilanci.

Sullo sfondo, la questione Juve: nel mirino la compiacenza di altri club
Resta poi, come un convitato di pietra sempre presente sullo sfondo, il caso Juventus, il club italiano più famoso al mondo, oggetto di pesantissime accuse da parte della procura di Torino, tale da far dimettere per intero il cda della squadra, a cominciare dall’ex inamovibile Andrea Agnelli. Una vicenda che rischia di allargarsi a macchia d’olio, perché da parte degli inquirenti c’è la convinzione che la Juve, società quotata in Borsa, senza la compiacenza di altri club non avrebbe potuto operare con tanta disinvoltura in barba alle regole che tutelano il mercato.