Rita Atria è stata una giovanissima testimone di giustizia. Nata a Partanna, in Sicilia, in una famiglia affiliata a Cosa Nostra, riponeva enorme fiducia nel magistrato Paolo Borsellino. Grazie a lei il giudice era riuscito a far arrestare numerosi mafiosi della zona, ma anche di Sciacca e Marsala. Secondo le versioni ufficiali, dopo la strage di via D’amelio, l’appena 17enne Rita Atria si sarebbe tolta la vita. Sulla questione rimangono molti misteri.
Rita Atria a 30 anni dalla sua morte: la storia
Rita Atria nasce a Partanna, un paese nell’entroterra siciliano, il 4 settembre del 1974. La sua famiglia è affiliata a Cosa Nostra e a soli undici anni Rita perde il padre, il boss del paese, in un agguato mafioso. In seguito anche il fratello, Nicola, viene ucciso, dopo però aver fatto alcune confidenze sugli intrecci tra Cosa Nostra e politica del luogo proprio a Rita.
L’evento la spinge ad avvicinarsi alla giustizia e inizia a parlare con il giudice Paolo Borsellino, che sarà per lei come un padre. Grazie alle sue deposizioni, insieme ad altre testimonianze, il magistrato fa arrestare numerosi affiliati a Cosa Nostra di Partanna, Sciacca e Marsala. Avvia inoltre un’indagine sul deputato democristiano Vincenzino Culicchia, per trent’anni sindaco del paese.

La morte di Rita Atria
Una volta che Rita comincia a essere testimone di giustizia, la sua vita è in pericolo. Entra dunque in un programma di protezione e viene affidata all’Alto commissario a Roma. Nonostante sia ancora minorenne – ha 17 anni – a Rita viene concesso di vivere da sola. La sua richiesta, tuttavia, viene accolta solo dopo la strage di via d’Amelio, nella quale ha perso la vita Paolo Borsellino, che da sempre la proteggeva.
Ottiene dunque un appartamento al settimo piano in via Amelia a Roma. Sulla dinamica della morte si è indagato poco, ma le ricostruzioni ufficiali dicono che la ragazza ha avvicinato una poltrona alla finestra ed è saltata giù. Il 26 luglio 1992 muore in ospedale.
Le incongruenze
Dopo la sua morte, in camera da letto viene trovata la sua carta di identità, con il suo nome e cognome vero e gli indirizzi dei luoghi dove aveva abitato fino a quel momento. Tuttavia, ai testimoni di giustizia dovrebbero essere cambiate le generalità. Inoltre, un vicino avrebbe detto che la serranda della finestra da cui è caduta Rita era semichiusa quel giorno. Inoltre, nell’appartamento non sono state trovate impronte digitali, neanche quelle di Rita. Viene però trovato un orologio maschile, che nessuno inserisce tra i reperti.
Nadia Furnari, co-fondatrice dell’Associazione antimafia intitolata a Rita Atria ha depositato, insieme alla sorella della ragazza, Anna Maria Rita Atria, un esposto presso la Procura di Roma per chiedere la riapertura delle indagini sulla morte di una delle prime testimoni di giustizia italiane.
