Cercano riparo all’estero, ma non è detto che la situazione per gli ucraini in fuga migliori una volta varcato il confine. È l’allarme lanciato dall’organizzazione umanitaria World Vision nel rapporto “Warm Welcomes, Lurking Tensions”. Circa 8,8 milioni di persone, principalmente donne, bambini e anziani, hanno lasciato l’Ucraina dall’inizio dell’invasione russa il 24 febbraio, e molti si sono fermati in Romania, Moldova e Polonia: sempre più rifugiati ucraini rischiano di diventare vittime di crescenti tensioni e campagne di disinformazione nei Paesi ospitanti.
Quali sono i rischi per bambini e donne ucraine
Rapporti falsi che esagerano la quantità di aiuti ricevuti dai rifugiati rispetto alla popolazione locale, oltre a collegare i profughi con la criminalità violenta e l’estremismo politico. Sono questi principali fattori che potrebbero causare un’interruzione delle relazioni con le comunità locali, avverte World Vision. L’autore principale del rapporto, Charles Lawley, ha detto al Guardian che messaggi anti-rifugiati si stanno già diffondendo sui social media e sui «media di nicchia» nei Paesi vicini. «I bambini potrebbero dover affrontare rischi come abusi verbali e fisici, inoltre c’è il rischio della tratta di esseri umani». Un allarme analogo era stato lanciato già a marzo dall’UNHCR: «Stiamo informando i rifugiati in merito al rischio di cadere vittime di sfruttatori e reti criminali che potrebbero tentare di approfittare delle loro vulnerabilità o adescarli con promesse di trasporto gratuito, alloggio, lavoro o altre forme di assistenza».

Rifugiati ucraini, in Moldova sono 100 mila
Le campagne di disinformazione attuate finora sono state infruttuose perché ha vinto la solidarietà. Ma senza un adeguato controllo, sottolinea World Vision, è possibile che la piccola quota di malcontento già esistente continui a peggiorare. Secondo altri precedenti analizzati dall’organizzazione umanitaria, il «caloroso benvenuto» da parte dei cittadini dei Paesi ospitanti inizia a raffreddarsi a partire dai sei mesi. Ed essendone passati poco più di cinque dall’inizio del conflitto in Ucraina, è arrivato il momento di pensare seriamente alle contromisure: meglio prevenire anziché curare. A preoccupare è in particolare la Moldova: il Paese più povero d’Europa, che tra l’altro la Russia guarda con un certo interesse, ha ospitato dall’inizio della guerra circa 100 mila rifugiati, equivalenti a circa il 5 per cento della sua popolazione. Un rifugiato ucraino ogni 20 moldavi: si tratta del numero pro capite più alto del Vecchio Continente. E, in un Paese in cui l’inflazione è al 27 per cento e la dipendenza quasi totale per il gas da Russia e Bielorussia per il gas ha portato a una pressoché insostenibile crisi del carburante, ciò potrebbe a breve portare a qualche tensione.

Rifugiati ucraini, gli esempi (da non seguire) di Libano e Bangladesh
I precedenti negativi, d’altra parte, non mancano. In contesti come il Libano, che ospita un numero considerevole di rifugiati siriani, e il Bangladesh, che ospita la maggior parte dei rifugiati Rohingya del mondo provenienti dal Myanmar, la disinformazione è rimasta in gran parte incontrollata ed è arrivata a essere considerata informazione, fomentando tensioni estremamente elevate. La ricetta, secondo World Vision, è semplice: se i rifugiati sono immediatamente in grado di stabilirsi, trovare lavoro, accedere a benefici pubblici come assistenza sanitaria e istruzione e possono avviare un’attività in proprio, allora ciò avrà un impatto significativo sulla coesione sociale. Tutto ciò, spiega l’organizzazione umanitaria, è possibile solo grazie a infrastrutture locali migliorate per tutte le comunità, campagne di comunicazione in grado di promuovere la convivenza, momenti di incontro tra ospitanti e i rifugiati.