Gualtieri alle prese con la solita emergenza rifiuti a Roma

Paola Alagia
29/06/2022

Doveva far dimenticare l'emergenza rifiuti, archiviando anni di “incompetenza e inadempienza”. Eppure Roma è sporca come prima. E Gualtieri annaspa tra cassonetti ricolmi, incendi e il contestato piano del termovalorizzatore.

Gualtieri alle prese con la solita emergenza rifiuti a Roma

Nella Città eterna anche la piaga dei rifiuti rischia di non finire mai. I numeri della monnezza sono impressionanti, a partire dalle 4.600 tonnellate giornaliere, di cui 2.600 di indifferenziato da trattare. Cassonetti ricolmi, rischi sanitari per il percolato che ne fuoriesce, impianti a singhiozzo. E l’afa estiva che non aiuta, accrescendo i miasmi nell’aria. Pure il recente incendio a Malagrotta ha inevitabilmente complicato la vita, già dura su questo fronte, del sindaco capitolino Roberto Gualtieri.

Il balletto sul termovalorizzatore 

Ma il vero bubbone per lui rischia di esplodere lunedì quando alla Camera dovrebbe approdare il decreto Aiuti contenente la misura della discordia in base alla quale al sindaco sarebbero affidati poteri speciali anche per realizzare un termovalorizzatore. Su questo fronte il M5s è sul piede di guerra. Seppure battuti, anche ieri in commissione Finanze i pentastellati avevano votato contro. Rimane da capire cosa decideranno di fare alla prova dell’Assemblea. Di voto «coerente» ha parlato il capogruppo M5s a Montecitorio Davide Crippa. Sarà così anche lunedì? Sempre a proposito di coerenza, i romani hanno scoperto solo ad aprile che Gualtieri adesso vuole fortissimamente realizzare l’impianto. Eppure in campagna elettorale non era dello stesso avviso. Ma evidentemente, di fronte allo stallo sulla perenne emergenza a Roma, ha cambiato idea. Il botta e risposta via Twitter con Carlo Calenda del giugno di un anno fa però lo inchioda. «Tutte le grandi città hanno un termovalorizzatore. La stessa Commissione prevede un 25 per cento di termovalorizzazione. Con Roberto Gualtieri continuerà lo spreco (170 mil) del trasporto fuori regione e i rifiuti in strada», cinguettava il leader di Azione. Mentre l’ex ministro dell’Economia gli rispondeva a tono: «Acea ha già 2 termovalorizzatori nel Lazio sufficienti col 70 per cento di differenziata: costruirne un altro è contro il piano regionale e richiede anni: meglio prevedere impianti più avanzati di recupero».

Ma tant’è, ora il sindaco conferma la volontà di realizzare l’inceneritore da 600 mila tonnellate annue e, sfruttando l’abbrivio dei poteri da Commissario straordinario per il Giubileo, non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. La presunta bontà del progetto l’aveva illustrata in un’assemblea capitolina straordinaria sui rifiuti, sottolineando la possibilità «di chiudere il Tmb di Rocca Cencia e di abbattere del 90 per cento l’attuale fabbisogno di discariche», in modo da realizzarne solo una piccola, «di servizio da sole 60 mila tonnellate».

Gualtieri alle prese con la solita emergenza rifiuti a Roma
Rifiuti a Roma (Getty Images).

L’allarme di Legambiente Lazio rimasto inascoltato

Comunque finisca la partita in Parlamento, per Gualtieri questa linea si preannuncia già un flop. Almeno a sentire un cinque stelle come il senatore Gianluca Ferrara: «Per realizzare un inceneritore ci vogliono almeno sette anni e quindi pensare di superare un’emergenza spendendo milioni e milioni di euro è una menzogna», avverte dal blog che firma sul Fatto Quotidiano. Ferrara parla di «poca lungimiranza» se si pensa di risolvere il problema bruciando i rifiuti, cioè costruendo un termovalorizzatore. Cinque stelle a parte, il problema è che il sindaco è rimasto sordo pure di fronte all’allarme lanciato da Legambiente Lazio che ha puntato l’indice sulle dimensioni dell’impianto, quelle 600 mila tonnellate che «condannerebbe addirittura Roma a non poter superare il 65 per cento di differenziata, proprio per la necessità di alimentarlo di rifiuti». E che dire, inoltre, dello schiaffo alla Regione Lazio? Nell’attuale Piano rifiuti di Nicola Zingaretti, infatti, non c’è traccia di termovalorizzatori. Non solo, ma si tratta di un tasto delicato per gli equilibri della giunta alla Pisana (assessore alla Transizione ecologica è la pentastellata Roberta Lombardi, notoriamente contraria). La verità è che l’ex titolare del Mef punterebbe a muoversi proprio bypassando la Regione, grazie ai poteri speciali di commissario per il Giubileo.

Gualtieri alle prese i rifiuti a Roma
Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti (Getty Images).

I rapporti con il compagno di partito Zingaretti

Sarà, ma intanto proprio i rapporti con il presidente della Regione Lazio sono un dettaglio non di poco conto. Paradossalmente il monocolore dem che lega Campidoglio e Regione potrebbe anche rivelarsi un freno per i piani di Gualtieri. Al tempo stesso, però, lo scaricabarile tra le due istituzioni, andato in scena ai tempi di Virginia Raggi, non è più immaginabile nella geografia politica attuale. Zingaretti ha dato prova di buona volontà rinunciando ai propositi di commissariamento, una minaccia che in campagna elettorale brandiva di continuo contro Raggi. Non solo, ma sull’annosa questione della ricerca di un sito per una discarica di servizio a Roma, la Regione ha promesso sostegno e collaborazione al Comune. Aperture che Gualtieri dovrà tener e a mente. Intanto se il termovalorizzatore è il nuovo obiettivo del sindaco, la bioraffineria, che l’ex titolare del Mef si proponeva di realizzare, insieme a tre impianti di tritovagliatura e due di compostaggio, al momento è uscita dai radar. Eppure prima di vincere le elezioni la definiva «una tecnologia moderna e avanzata per la trasformazione dei rifiuti in energia».

Il nodo della raccolta differenziata

Gli impianti appunto. È cambiata la giunta ma sono rimasti il vero tallone d’Achille all’ombra del Colosseo. Su questo fronte «siamo a zero», tira le somme con Tag43 il numero uno di Legambiente Lazio Roberto Scacchi. Che smonta anche la narrazione sulla discarica di servizio il cui sito è ancora da individuare: «Intanto solo a Roma abbiamo assistito a questa telenovela tra livelli istituzionali, visto che nessuna Regione (che ha notoriamente il compito di legiferare, ndr) ha mai individuato un sito per una discarica». Compito demandato ai territori, salvo commissariamento in caso di inadempienza. Pericolo scampato, come detto, a Roma. Qui è Gualtieri ad essere stato nominato Commissario per i rifiuti e a maggior ragione tocca a lui sbrogliare questa matassa. Anche se, avverte Scacchi, «sarebbe sbagliatissimo partire da qui quando non si ha contezza dell’intero ciclo, non si ha assolutamente idea di cosa fare su 1 milione e 700 mila tonnellate di rifiuti e di come arrivare a oltre il 65 per cento di raccolta differenziata». Per ora giudizio sospeso su quest’ultima, che resta inchiodata tra il 44 e il 45 per cento. Anche perché l’inquilino del Campidoglio, presentando il suo programma elettorale ad agosto scorso, ha fissato sì un’asticella, ma tenendosi largo sui tempi: «Sulla raccolta differenziata entro i primi due anni, vista la situazione impiantistica attuale sarà difficile arrivare sopra il 50 per cento, sarebbe falso dire il contrario. L’obiettivo è arrivare al 65, ma speriamo fino al 70 entro cinque anni».

Congelata la riduzione della Tari

Tra i buoni propositi c’è persino la riduzione della Tari (tassa sui rifiuti, ndr) del 20 per cento nell’arco dei cinque anni. Per il momento, però, vista l’inesistenza di impianti e l’impossibilità di chiudere il ciclo dei rifiuti dentro i confini romani (altra costante della storia capitolina non scalfita dal nuovo corso targato Gualtieri, sempre alla ricerca affannosa di soccorso esterno), sui cittadini rischia di pesare anche l’addizionale del 5 per cento decisa dalla Regione Lazio a carico delle amministrazioni non in grado di smaltire in loco. E la Capitale, naturalmente, da questo punto di vista ha tutti i ‘requisiti’. E pensare che Gualtieri voleva far dimenticare una volta per tutte la fase emergenziale nella gestione della monnezza e archiviare gli anni “dell’incompetenza e inadempienza” al governo. Risultato? Come Raggi, anche lui si è attirato gli strali persino dei vip romani contro il degrado, a cominciare da Alessandro Gassmann, già fustigatore dell’ex sindaca.

«Più diritti ai rifugiati che ai non vaccinati», il messaggio di Virginia Raggi nella chat del Movimento 5 Stelle.
Virginia Raggi e Roberto Gualtieri (Getty Images).

Così Gualtieri ha seguito il corso di Virginia Raggi

In effetti, l’ex ministro in più di un’occasione ha addirittura seguito il corso della sua predecessora. L’11 gennaio scorso, per esempio, sulle orme dell’ex prima cittadina pentastellata, prorogava di altri sei mesi un’ordinanza per il conferimento dei rifiuti nell’impianto di Albano laziale, comune della provincia di Roma, suscitando la delusione e il rammarico del sindaco del suo stesso partito Massimiliano Borelli. E che dire dei siti di Cesano di Roma e Casal Selce, nei quadranti ovest e nord della Capitale? Individuati già anni addietro da Raggi, il Comune li ha scelti, in ottica Pnrr, per la realizzazione di due biodigestori anaerobici (impianti per la frazione organica, ndr). In ogni caso, il bubbone dei rifiuti a Roma è una matassa difficile da sbrogliare. E chi passa da Palazzo Senatorio ci mette davvero poco a rendersene conto. Gualtieri stesso lo ha toccato con mano sin dai primi istanti dopo l’insediamento. E se il buon giorno si vede dal mattino, anche la sua prima prova al test con l’emergenza non è stata delle migliori. Il famoso piano di pulizia straordinaria da mettere in campo entro Natale non ha raggiunto affatto i risultati sperati, a fronte di un investimento di 40 milioni per attuarlo. «Roma è più pulita di come l’abbiamo trovata», fu il bilancio del primo cittadino. Una mezza ammissione, insomma, che non tutto aveva funzionato come sperato. Incluso l’appello surreale dell’assessora capitolina ai Rifiuti Sabrina Alfonsi che invitava i cittadini a non incartare i regali di Natale. Alla fine, mentre si sognano i grandi eventi come il Giubileo 2025 e forse l’Expo 2030, il guaio rimane come al solito l’ordinaria amministrazione.