L’inizio è già una corsa a ostacoli, più del solito. Mentre i neo onorevoli completano le procedure di accredito, con le foto di rito e i sorrisi di circostanza, la nuova legislatura apre i battenti in tutta velocità. Ma con un motore ancora da oliare, a cominciare dai regolamenti interni che rischieranno di rallentare il cammino dei provvedimenti.
La Camera parte senza l’aggiornamento relativo alla riduzione dei parlamentari
Alla Camera, infatti, non c’è stato l’aggiornamento relativo alla riduzione del numero di parlamentari, mentre al Senato la revisione è stata portata a termine. Si tratta di un primo problema per Montecitorio che dovrà rapportarsi a un regolamento pensato per 630 deputati e quindi di misura extralarge per i 400 che si accomoderanno sui loro scranni giovedì 13 ottobre. L’impegno del presidente Roberto Fico era quello di intervenire anche ad agosto, quando comunque era possibile completare la riforma. Ma i vari gruppi non sono stati d’accordo, a cominciare dal Partito democratico che chiede un intervento più ampio sul funzionamento dell’Aula e delle commissioni, respingendo l’ipotesi di una revisione minima. Certo, la fine caotica della legislatura non ha favorito una transizione ordinata. Va detto però che non è mancato il tempo per mettere mano ai regolamenti, senza accelerazioni last minute. Il referendum che ha certificato la riduzione da 945 a 600 parlamentari è stato votato nel 2020. La palla passa dunque al prossimo presidente della Camera che dovrebbe essere eletto tra giovedì 13 e venerdì 14 ottobre. «Sarà un pasticcio», prevede l’azzurro Simone Baldelli, deputato uscente e non ricandidato, che si era battuto per rivedere i regolamenti. «Sarebbe bastata una riforma minimale, ritoccando i quorum, ma alcuni gruppi non hanno dato la disponibilità», ha sottolineato l’ormai ex parlamentare.

Il nodo delle commissioni permanenti
Il nodo principale è legato al numero di commissioni permanenti che saranno composte da parlamentari costretti a dividersi in più commissioni con un super lavoro anche difficile fa gestire. L’accorpamento di alcuni di questi organismi era alla base della revisione regolamentare. E ora c’è chi scommette che difficilmente si provvederà a una riforma a legislatura in corsa, per varie ragioni. La prima è temporale: ci sono altri adempimenti a cui provvedere, oltre che una situazione geopolitica ed economica che richiede un ampio sforzo delle forze presenti in Parlamento. Un’altra motivazione è più prosaica: la presenza di un maggior numero di commissioni e di organismi interni garantisce una maggiore possibilità di ottenere incarichi. Del resto che sia un ruolo prestigioso è noto, tanto che si tratta di uno dei passaggi successivi all’elezione dei presidenti delle Assemblee. Sempre Baldelli, fino agli ultimi giorni della legislatura, ha sollevato un’altra questione: l’inadeguatezza dei requisiti oggi previsti dalle commissioni bicamerali, tra cui la più importante è la Vigilanza Rai, composta da 40 parlamentari, equamente divisi tra Montecitorio e Palazzo Madama. In pratica per una commissione bicamerale sarà richiesto un decimo dei senatori eletti. «La proposta c’era, avevamo chiesto la disponibilità dei partiti di discuterla a inizio agosto, come ultimo atto prima delle ferie. Ma non c’è stata l’intesa», rimarca ancora Baldelli.
Alleanza Verdi e Sinistra al lavoro per un gruppo a Montecitorio
Un altro, il primo, scoglio sarà posto sul cammino dell’Alleanza Verdi e Sinistra che, nonostante il buon risultato e l’elezione di 12 deputati, non potrà inizialmente costituire il gruppo, perché il regolamento richiede almeno 20 unità. Certo, non ci saranno problemi per la concessione una deroga, perché sono presenti tutti i criteri per avanzare la richiesta, ma sarà necessario un passaggio in ufficio di presidenza. Diverso il discorso a Palazzo Madama, dove la presidente Elisabetta Alberti Casellati è riuscita a raggiungere l’obiettivo di riformare il regolamento interno, parametrandolo al numero di senatori ridotto di oltre un terzo.