Il Capitale afghano
La maggior parte di loro ha fatto fortuna grazie agli americani. Fondando e gestendo imperi nelle costruzioni e nelle telecomunicazioni. Chi sono (o chi erano) gli uomini più ricchi del Paese.
Un Paese povero, distrutto e nel caos. L’Afghanistan ce lo immaginiamo così, praticamente da sempre. Uno Stato senza pace, con oltre la metà della popolazione sotto la soglia di povertà (il 54,5 per cento, nel 2020, con un Pil nazionale inferiore ai 20 miliardi) e pochi ricchi a dividersi fondi e risorse di cui la nazione invece abbonda. Perché, come riporta la Cnn, i talebani sono ora «seduti su riserve minerarie dal valore di un trilione di dollari», ma l’economia rimane «composta da fragilità e dalla dipendenza dagli aiuti», e «lo sviluppo e la diversificazione del settore privato sono vincolati da insicurezza, instabilità politica, istituzioni deboli, infrastrutture inadeguate, corruzione diffusa e un ambiente imprenditoriale difficile», come si legge nell’ultimo report della Banca Mondiale, precedente al rovesciamento del governo.
Milioni in mano a pochi
I soldi però non mancano. L’ambasciatore afghano in Tagikistan ha accusato l’ex presidente Ashraf Ghani, fuggito negli Emirati Arabi, di aver portato con sé – sottraendoli allo Stato – quasi 170 milioni di dollari, ma per quanto non si tratti di una notizia confermata, le immagini dei talebani nei palazzi di governo hanno mostrato interni sfarzosi in netto contrasto con la miseria in cui vive la popolazione. La Federal Reserve, poi, ha già congelato riserve pari a nove miliardi di dollari appartenenti al governo afghano e depositate negli Stati Uniti, per non permettere ai talebani di averne accesso. Oltre ai fondi dell’esecutivo, ci sono poi quelli privati: pochi, ma sostanziosi. Ecco chi sono i “capitalisti” dell’Afghanistan e come hanno costruito le loro fortune.
L’Afghanistan e l’impero Azizi
Da alcuni è considerato l’uomo più ricco dell’Afghanistan, una voce diffusa da WikiLeaks nel 2010 e confermata dalla testata Asia Sentinel. Mirwais Azizi è il fondatore del gruppo che porta il suo cognome: possiede la banca commerciale più grande del Paese (Azizi Bank, fondata nel 2006, ha iniziato con un capitale azionario di 7,5 milioni e in 15 anni è arrivata a 80), ma opera anche nel settore delle costruzioni – a Dubai ha progetti aperti per 10 miliardi di euro – e nel petrolio. La sua azienda ha gestito circa il 70 per cento del combustibile arrivato in Afghanistan e opera in 10 Paesi. Nel 2018 è stato inserito dalla rivista Arabian Business nella lista dei «100 leader modello del Medio Oriente». Vive e lavora a Dubai.
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Fahim Hashimy, il traduttore per gli Usa diventato milionario
È stato soprannominato «Il milionario dell’11 settembre», e la Bbc gli ha dedicato un profilo nel 2015. Il 41enne Fahim Hashimy era, prima dell’arrivo degli americani, un modesto insegnante di inglese la cui unica proprietà di valore era una bicicletta. Con la caduta del primo regime talebano, Hashimy ha iniziato a collaborare in maniera sempre più stretta con l’esercito statunitense: «Sono stato fortunato, perché ero tra i pochi a parlare inglese e a saper proporre dei progetti», disse alla testata britannica. Nel 2005 ha aperto la sua prima compagnia di logistica, impegnata nel rifornire i militari e il governo afghano di risorse e servizi vari, sempre grazie all’aiuto economico di Zio Sam, e cinque anni dopo ha fondato 1TV, diventato in poco tempo il secondo network televisivo dell’Afghanistan. L’Hashimy Group, operante nel settore della logistica e delle costruzioni, ha un fatturato medio di 200 milioni l’anno, e nel 2013 ha anche acquistato una compagnia aerea low cost, la East Horizon. Per un anno Fahim Hashimy è stato il ministro delle Telecomunicazioni di Ghani, prima aveva ricoperto l’incarico di Presidente del Comitato olimpico nazionale.
Very happy to attend and deliver my speech about the internet and its history in Afghanistan, internet prices and rating from beginning till now.@mcitaf is committed to work close with private sector and provide good services to the people #IGFA_2019 pic.twitter.com/aqzkp2NbJx
— M Fahim Hashimy (@MFahimHashimi3) July 9, 2019
Saad Mohseni, il magnate cresciuto in Australia
Un ruolo importante nel raccontare questi convulsi giorni afghani lo ha avuto TOLO News, il principale network televisivo afghano e primo concorrente di Fahim Hashimi. La tivù, nella cui sede i talebani hanno sono entrati ma senza commettere violenze, ha continuato a far condurre il telegiornale e a mandare sul campo giornaliste donne, ed è stata proprio una conduttrice a intervistare il primo combattente talebano ospitato in studio. La tivù è di proprietà del gruppo Moby Media, un colosso fondato nel 2002 dall’imprenditore Saad Mohseni. Figlio di un diplomatico, nato a Londra, Mosheni si è trasferito con la famiglia in Australia nel 1982. Tre anni prima, dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan, il padre aveva rassegnato le dimissioni e deciso di emigrare. Con la caduta dei talebani, Mohseni tornò nel suo Paese di origine per partecipare alla ricostruzione, e nel 2002 fondò il gruppo Moby grazie ai fondi del governo statunitense e all’aiuto di Rupert Murdoch, padre di Fox News e suo amico (Murdoch è australiano). L’azienda opera tra Medio Oriente e Asia meridionale e centrale, e ha uffici a Kabul e Dubai. Sia il New Yorker (2010) che il New York Times (2015) hanno dedicato a Mohseni lunghi profili.
I spoke with @HeidiVogt of @politico regarding state of media in Afghanistan: "What an Afghan News Outlet’s Early Encounters With the Taliban Tell Us About the Country’s Future" https://t.co/1sUhhT3yZ8
— Saad Mohseni (@saadmohseni) August 19, 2021
Hikmatullah Shadman, il camionista milionario
Fondi e appalti statunitensi hanno reso ricchi parecchi afghani. Come Hikmatullah Shadman, imprenditore nel settore dei trasporti che, grazie all’aiuto di Washington, è riuscito a raccogliere negli anni fortune per oltre 166 milioni di dollari. La sua storia però non ha un lieto fine, perché dopo essere stato accusato di aver corrotto dei militari statunitensi per ottenere dei vantaggi negli appalti, nel 2019 ha dovuto pagare una salatissima multa di 25 milioni di dollari al Dipartimento di Giustizia, come parte di un accordo per non proseguire la causa nei suoi confronti. Tra il 2010 e il 2012 Shadman ha ricevuto dagli Stati Uniti oltre 77 milioni di dollari per trasportare beni e servizi nelle basi militari in Afghanistan, ma circa 63 gli sono stati congelati dall’inizio della vicenda legale.
US has obtained over $ 25 M in forfeited funds after US dep of justice has reached a settlement of its civil forfeiture case against assets owned by Afghan national Hikmatullah Shadman that he wrongfully acquired as US govt contractor in #Afghanistan, US dept of Justice said. pic.twitter.com/8MrtVk527I
— ShamshadNews (@Shamshadnetwork) March 6, 2019