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Lo schiavo di Barcellona

Sepolto con delle catene attaccate ai piedi, faceva parte di un gruppo di 18 scheletri. Trent’anni fa venne identificato come Individuo 15, oggi, grazie ad esami approfonditi, si è scoperto fosse un servo di origine musulmana. È il primo ritrovamento del genere.

15 Dicembre 2021 17:17 Camilla Curcio
Gli studiosi hanno ricostruito l'identità del misterioso Individuo 15. Era uno schiavo musulmano vissuto a Barcellona tra XI e XII secolo.

A distanza di 30 anni dagli scavi effettuati nella zona della Plaza Comercial, poco lontano dal centro culturale di El Born, a Barcellona, gli studiosi del progetto ArqueoBorn hanno identificato il misterioso Individuo 15. Come era stato ribattezzato uno dei diciotto scheletri rinvenuti nel 1991.

L’identità svelata dell’Individuo 15

Sepolto assieme a 15 esseri umani adulti (di cui tre donne), un bambino d’età inferiore ai due anni e un adolescente tra i 15 e i 18, tutti provenienti da famiglie diverse e originarie dell’Europa, fatta eccezione per cinque nordafricane, lo scheletro dell’Individuo 15 era però incompleto. Del corpo rimaneva soltanto la parte inferiore, dalle ginocchia in giù. Il dettaglio ha incuriosito i ricercatori, spingendoli a ricorrere a ricostruzioni storiche e analisi anatomiche per trovare una spiegazione. Sono arrivati così alla conclusione si trattasse di una spietata mutilazione artificiale, risalente all’età moderna. Il processo aveva completamente distrutto la parte superiore della salma, riducendola in mille pezzi. Lo scheletro, inoltre, era sepolto con catene di ferro alle caviglie. Elemento che ha consentito di comprendere si trattasse di uno schiavo musulmano, vissuto in Spagna tra la fine del XI e la prima metà del XII secolo.

Perché il ritrovamento dell’Individuo 15 è unico

Le notizie hanno consentito di far luce anche su altri tre scheletri rinvenuti di recente. I ricercatori, infatti, hanno sottoposto le ossa a tomografie per provare a ricostruire lo stile di vita del soggetto e le circostanze della sua morte. Il test del carbonio 14, ne ha stabilito la datazione in pieno Alto Medioevo, molto tempo dopo rispetto al VII secolo inizialmente ipotizzato, confermando l’eccezionalità del reperto. In passato era già capitato di imbattersi in schiavi e prigionieri, ma solo nelle necropoli romane o tardo-antiche, mai d’epoca medievale. «Grazie all’Individuo 15 è stato possibile ridisegnare anche l’identikit dei suoi compagni», ha spiegato la dottoressa Núria Armentano, nel corso della tavola rotonda tenutasi martedì 14 dicembre. «Tutti, infatti, presentavano un piccolo ispessimento all’altezza delle caviglie, legato da un processo infettivo o un trauma da associare alle catene, indossate per lunghi periodi di tempo. Forse anche loro non erano liberi ed erano costantemente sottoposti a un immane sforzo fisico, come è possibile notare dai loro omeri».

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Uno spaccato della schiavitù a Barcellona

Tutto questo materiale ha, ovviamente, riacceso i riflettori sulla questione della schiavitù a Barcellona, argomento controverso e ampiamente discusso dagli accademici. Ricca città commerciale, con un’economia avanzata, nel Medioevo, era luogo in cui si praticava la schiavitù. Attività ai tempi regolata dalla legge, venne limitata in Europa con l’avvento di Carlo Magno. L’imperatore, però, escluse dalla tratta esclusivamente i cristiani, aumentando, per converso, i prigionieri musulmani. Con il passare degli anni, le due parti riuscirono a trovare un compromesso per una convivenza più o meno equilibrata: i cristiani concessero ai musulmani di mantenere la moschea e un anno di tempo per lasciare la città, trasferendosi fuori dalle mura di Barcellona, in quella che sarebbe diventata la prima periferia. «Allora, la schiavitù costituiva circa il 15 per cento della popolazione ma, nonostante la condizione nettamente inferiore, vigeva un inedito regime di tolleranza, soprattutto in relazione alla sepoltura», ha spiegato a El País la storica Dolors Bramon. «Le loro salme venivano trattate con dignità, depositate in apposite necropoli e senza catene». Ecco perché l’Individuo 15 rappresenta un’eccezione alla regola: «Forse si trattava di un soggetto pericoloso e per questo è stato tenuto incatenato fino alla fine», ha aggiunto, «oppure è stato giustiziato». Dubbio che, con ogni probabilità, rimarrà tale.

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