Mancano 10 giorni all’incoronazione di Carlo III, evento – comprensibilmente – molto atteso nel Regno Unito, nel Commonwealth e in tutto il mondo. A cui, però, avrebbero preferito non assistere i membri di Republic, ossia la principale organizzazione britannica che attualmente sostiene l’abolizione della monarchia.

Il gruppo di pressione Republic, l’hashtag #NotMyKing e gli 80 mila membri
Fondato nel 1983, ritenendo che le cariche pubbliche ereditarie siano contrarie a ogni principio democratico, il gruppo antimonarchico Republic chiede da quattro decenni la fine del sistema di monarchia costituzionale del Regno Unito. Il movimento non conta molti membri, circa 80 mila, ma ha preso un certo slancio (o almeno ha ottenuto più visibilità) dopo la morte della regina Elisabetta II, grazie all’hashtag “anti-Carlo” #NotMyKing sui social media. Nel mese successivo alla scomparsa della sovrana più longeva della storia, Republic ha ottenuto 70 mila sterline in donazioni: una somma considerevole, visto che ogni anno l’associazione ne incassa poco più di 100 mila. Republic ha da tempo annunciato proteste per il 6 maggio, giorno dell’incoronazione di Carlo III: dovrebbero essere circa 1.400 i manifestanti a Londra, altri marceranno a Cardiff, Oxford e Nottingham. In Scozia, dove è più forte l’opposizione alla monarchia del Regno Unito, le proteste sono in programma a Edimburgo e Glasgow, in contemporanea con la cerimonia che si terrà nell’Abbazia di Westminster.
We’re going to be protesting the coronation. Saturday May 6. https://t.co/JxWpN9k2Tb
— Republic (@RepublicStaff) December 23, 2022
Gli anti-monarchici criticano i costi elevati dell’apparato reale: 350 milioni di sterline all’anno
A settembre, in un mese di lutto collettivo per la morte di Elisabetta II, nei giorni di veglia e funerali la polizia aveva arrestato diversi manifestanti anti-monarchici appellandosi al Public Order Act, che prevede simili interventi in caso di tensioni in eventi così sentiti. Ciò aveva portato a proteste, anche da parte dei sostenitori della monarchia. Graham Smith, amministratore delegato del gruppo di pressione, aveva dichiarato: «La regina è la monarchia per la maggior parte delle persone. Dopo la sua morte, il futuro dell’istituzione è in serio pericolo». Senza più Elisabetta II sul trono, i repubblicani hanno intensificato la campagna anti-monarchica utilizzando social media, manifesti, sticker, cartelloni e presenziando alle uscite pubbliche di “King Charles”. A Colchester, il mese scorso, gli attivisti hanno tentato di disturbare con un megafono il sovrano, in visita nell’Essex, chiedendogli lumi sull’uso di fondi pubblici per le spese legali sostenute del fratello Andrea, travolto dallo scandalo-Epstein. Già tallonati dalla polizia, i manifestanti sono stati a loro volta disturbati dalla folla accorsa per salutare Carlo III. Da tempo, gli anti-monarchici ritengono che l’apparato reale abbia costi elevati difficilmente sostenibili, circa 350 milioni di sterline all’anno.

Minore popolarità e orientamento delle giovani generazioni: perché i repubblicani ora ci credono di più
Sono due sono gli elementi che fanno sperare i repubblicani: la minore popolarità di re Carlo III rispetto alla madre e l’orientamento delle giovani generazioni, sempre meno legate alla Royal Family. Secondo i sondaggi, la percentuale di cittadini secondo cui i reali rappresentano qualcosa di positivo per il Regno Unito è scesa a poco più del 50 per cento, dal 60 per cento del 2019. Un’altra indagine ha mostrato che quasi il 40 per cento delle persone di età compresa tra 18 e 24 anni preferirebbe un capo di Stato eletto anziché un monarca. E sempre a proposito delle già citate spese, un terzo sondaggio ha rilevato che il 51 per cento della popolazione è contraria al fatto che l’incoronazione sarà pagata con soldi pubblici. Alla domanda di YouGov su quanto tenesse all’incoronazione, il 64 per cento degli intervistati ha risposto “per niente” o “molto poco”. «La monarchia è un’idea che sta cominciando a sgretolarsi. Solo il 9 per cento delle persone è entusiasta dell’incoronazione», ha affermato Smith.
Le accuse alla BBC di mancanza di imparzialità: «Copertura insipida e disonesta»
Mentre cresce l’attesa per l’incoronazione e con essa la copertura televisiva dedicata, Republic ha accusato la BBC di mancanza di imparzialità nelle notizie sulla Royal Family. «Le prove suggeriscono che non solo non sia imparziale, ma non faccia alcuno sforzo per esserlo o per essere equilibrata. E, cosa più scioccante, è in palese accordo con il Palazzo in merito alla copertura giornalistica», ha detto Smith, parlando di «copertura insipida, vacua e disonesta» da parte dell’emittente, che «che teme conseguenze dalla Corona». Di accordi tra la stampa e Buckingham Palace ha ampiamente parlato il principe Harry nel documentario di Netflix, di cui è protagonista insieme alla moglie Meghan Markle, così come nell’autobiografia Spare.

Nel parlamento britannico mancano le voci contro la monarchia: meglio non esporsi
Ciò che continua a essere assente dal repubblicanesimo britannico è qualsiasi forma di sostegno a tutto campo da parte dei parlamentari. L’ex ministro Norman Baker, che ha raccontato nel dettaglio l’utilizzo del denaro pubblico da parte della famiglia reale nel libro And What Do You Do?, ha dichiarato al Guardian che diversi parlamentari laburisti e liberaldemocratici sono fortemente anti-monarchici, ma che preferiscono «tenere la testa bassa» per evitare problemi. Poche le eccezioni, come quella rappresentata dal laburista Clive Lewis. La scorsa settimana, il collega di partito Richard Burgon ha detto alla Camera dei Comuni che il re dovrebbe pagare per l’incoronazione. Qualcosa si sta muovendo, ma è davvero troppo poco.
I Proclaimers esclusi dalla playlist dell’incoronazione: troppo repubblicani
Intanto, a causa delle loro simpatie repubblicane, i Proclaimers – duo composto dai gemelli scozzesi Charlie e Craig Reid – sono stati rimossi dalla playlist ufficiale dell’incoronazione di Carlo III, proposta da Spotify in collaborazione con il Dipartimento per il digitale, la cultura, i media e lo sport del Regno Unito. La loro I’m Gonna Be (500 Miles) era stata originariamente inserita nella playlist insieme a successi di Beatles, David Bowie, Queen, Kate Bush, Tom Jones e altri grandi artisti.
In un intervista dello scorso settembre, Charlie Reid aveva espresso supporto nei confronti di un uomo arrestato a Oxford per aver gridato «Chi lo ha eletto?», durante un evento in onore di Carlo III. «Credo che abbia parlato per me e per un sacco di altre persone. Non solo in Scozia, ma in tutto il Regno Unito», aveva detto il musicista.
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