I cattivi risultati economici non fermano le novità in casa Repubblica. Anzi, si potrebbe dire che sono proprio i numeri non certo brillanti (160 milioni di euro, complici le svalutazioni, le perdite nel primo anno della gestione Elkann) ad accelerare la trasformazione in atto. Il quotidiano romano, secondo i progetti del suo direttore Maurizio Molinari, dovrebbe sempre più indirizzarsi verso «un’esperienza da start up, una sorta di rinascita».
L’inesorabile ridimensionamento della vecchia guardia
Dopo l’annuncio lo scorso maggio della riorganizzazione del lavoro in redazione, in linea con il modello “digital first” (fresco in questi senso il lancio del verticale Italian tech sulla tecnologia battezzato in pompa magna dal ministro Colao), Molinari ha incontrato il 2 giugno scorso il giornalista Michele Masneri, una delle penne di punta de Il Foglio. Bresciano, 47 anni, Masneri ha scritto molto per il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara, ma non solo. Accanto all’attività giornalistica è autore di libri e saggi. Suo Addio Monti, un romanzo dove i personaggi si incrociano sullo sfondo del quartiere romano dove vive. E, frutto di un lungo soggiorno a San Francisco, il più recente Steve Jobs non abita più qui, feroce e disincantata smitizzazione del “sognando la California” racchiusa nei luoghi della Silicon Valley.
Repubblica ha chiesto di fare 50 prepensionamenti nel 2021
L’incontro è avvenuto dopo la comunicazione al Comitato di redazione di un piano di almeno almeno 50 prepensionamenti entro il 2021: un esodo che libererà un settimo degli attuali posti in redazione, e che dovrebbe diradare ulteriormente quel (poco) che rimane della generazione che fece con Eugenio Scalfari la Repubblica, in anni che sembrano ormai lontanissimi. Di recente, Gedi, la casa editrice che edita il giornale oltre a La Stampa e il Secolo XIX, aveva avvalorato l’indiscrezione dello spostamento di una parte degli uffici corporate da Roma a Torino, dove ha casa la controllante Exor.