Elisabetta II per 70 anni ha fatto da collante a un Regno Unito, che si è progressivamente ritrovato senza un Impero e alle prese con spinte indipendentiste anche interne. Oggi il nuovo re Carlo III sarà a Edimburgo, domani a Belfast e venerdì a Cardiff, sempre accompagnato dalla premier Liz Truss, per ricevere come da protocollo le condoglianze per la morte della madre. Sarà anche l’occasione per tastare il polso dei vari angoli del Paese, dove cresce la voglia di secessione e, in fondo, Carlo non è mai stato troppo simpatico.

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Scozia, nel 2023 un altro referendum per l’indipendenza
Non occorre conoscere a memoria Braveheart per sapere che tra Inghilterra e Scozia, per così dire, ci sono state storie tese. Le guerre di indipendenza scozzesi furono una serie di campagne militari combattute tra il Regno di Scozia e il Regno d’Inghilterra a cavallo tra XIII secolo e XIV secolo. Nel 1707 il parlamento scozzese, congiuntamente a quello inglese, votò la fusione tra Inghilterra e Scozia. Nacque così Regno di Gran Bretagna, con tanto di bandiera mixata: la Union Jack, fusione della croce di San Giorgio (Inghilterra) e della croce di Sant’Andrea (Scozia).

L’ultima grande battaglia per l’indipendenza scozzese fu combattuto a Culloden, nella paludosa brughiera delle Highlands, annus domini 1746: i giacobiti, appoggiati dalla Francia, furono sonoramente sconfitti dalle forze lealiste. Ma la voglia di secessione non se n’è mai andata. Il referendum sull’indipendenza della Scozia del 2014 ha visto la vittoria del “no” con il 55,30 per cento: Edimburgo ne organizzerà un altro entro il 2023.
Irlanda del Nord, nel 2022 la storica vittoria del Sinn Féin
Nel 1171 il re Enrico II d’Inghilterra, al comando di una flotta, attraversò il canale di San Giorgio e occupò le terre irlandesi. L’isola cominciò a cadere interamente in possesso delle forze inglesi a partire dal Cinquecento. Poi nel 1800 l’Act of Union sancì appunto la nascita del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, che durò fino al 1922, anno in cui terminò la Guerra d’indipendenza irlandese. Il successivo trattato portò alla costituzione dello Stato Libero d’Irlanda, lasciando solo la porzione nord-orientale dell’isola, ovvero l’attuale Irlanda del Nord, alla Corona. Da qui le tensioni tra Cattolici Repubblicani e Protestanti Unionisti, che sfociarono in decenni di violenze note come Troubles.

A partire dalla firma dell’accordo del Venerdì Santo del 1998, l’Irlanda del Nord ha ampi margini di autogoverno all’interno del Regno Unito e la Brexit li ha persino aumentati, con successivi grattacapi. In più, recentemente le elezioni nordirlandesi hanno visto la storica vittoria degli indipendentisti del Sinn Féin, antico braccio politico dell’IRA. Improvvisamente indipendenza nordirlandese e unificazione dell’isola d’Irlanda sotto Dublino sono uscite dal perimetro della fantapolitica.
Galles, una quarto della popolazione sarebbe favorevole all’indipendenza
Diverso il discorso del Galles, che ha perso la sua indipendenza già nel 1282, quando re Edoardo I d’Inghilterra sconfisse il sovrano Llywelyn II. Dopo oltre due secoli di dipendenza, la legislazione gallese fu poi rimpiazzata da quella inglese con l’Atto di Unione del 1536, che sancì l’ingresso del Principato del Galles nel Regno d’Inghilterra (unificazione dei parlamenti). Nonostante il Galles condivida la storia politica e sociale con il resto della Gran Bretagna, la nazione ha mantenuto un’identità culturale distinta, ed è ufficialmente bilingue. Il gallese, tra l’altro incomprensibile pur conoscendo l’inglese, è capace di dare vita a una toponomastica singolare: celebre l’esempio di Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, che con i suoi 58 caratteri è il toponimo più lungo d’Europa (e il secondo al mondo).

Negli ultimi secoli il Galles non è mai stato un focolaio nazionalista come la Scozia. A causa di forti legami economici e geografici (gli abitanti del Galles rurale si sentono più vicini a Liverpool piuttosto che a Cardiff), gli indipendentisti sono sempre stati in minoranza e, storicamente, a vincere le elezioni è il Welsh Labour, da sempre unionista. Ma, secondo recenti sondaggi, un quarto della popolazione (in tutto quasi 3,2 milioni di abitanti) sarebbe favorevole all’indipendenza. Un bello schiaffo a Carlo III, che dal 1958 al 2022 è stato Principe di Galles. Sforzandosi pure di impararne la lingua.