Mentre la sfida per le Amministrative era ancora in corso, i riflettori erano già puntati sulle Regionali. Non a caso di fuochi d’artificio sul fronte del centrodestra se ne sono visti parecchi. Scontri, sgambetti e ripicche che tuttora corrono lungo l’asse Sicilia-Lombardia. All’inizio, e quasi in solitaria, a tenere banco era stato il caso Nello Musumeci, con lo scontro tra Fratelli d’Italia da una parte e Lega e Forza Italia dall’altra. Poi le frizioni si sono spostate pure al Nord, con la vicenda Attilio Fontana-Letizia Moratti.
Pd in fibrillazione per le Regionali del Lazio
Ma se Sparta piange, Atene non ride. Pure nel centrosinistra e soprattutto nel Partito democratico comincia a prendere forma uno scontro non trascurabile. Stavolta per il Lazio. Non una Regione a caso, ma un feudo dem. Qui, mentre si susseguono le voci di un passo avanti dell’ex presidente della Provincia di Roma Enrico Gasbarra, a quanto pare con i buoni auspici del deus ex machina del Pd Goffredo Bettini, e mentre scalda i motori Marta Bonafoni, consigliera regionale uscente eletta con la Civica Zingaretti, sono due al momento i candidati già in campo. Si tratta dell’attuale assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, che potrebbe capitalizzare la visibilità raggiunta da quando è scoppiata la pandemia, e del vicepresidente della Regione Lazio, Daniele Leodori, esponente di AreaDem.

Da Cortona lo strappo dei franceschiniani
Proprio AreaDem, la corrente del ministro Dario Franceschini, raccontano fonti del Pd locale a Tag43, è la principale indiziata di aver aperto i giochi, spingendo l’acceleratore sulle primarie per il voto regionale, già in occasione della tre giorni di Cortona che si è conclusa il 3 luglio scorso. Se in Sicilia, la prima Regione ad aprire i seggi a novembre, le primarie sono state già ufficializzate, all’ombra della Pisana, sede della Regione Lazio, non è ancora accaduto. E questa chiamata ai gazebo rischia di dare fuoco alle polveri, rompendo l’unità dei democratici. «Ammesso che non sia già troppo tardi», come racconta un esponente di peso del Pd dietro garanzia di anonimato, puntando l’indice proprio contro la linea pro primarie sostenuta dal ministro della Cultura. In effetti, Cortona ha scoperchiato il vaso di Pandora. Franceschini non solo ha lanciato il suo ultimatum al M5s – stop all’alleanza in caso Conte si sfilasse dal governo – ma ha punzecchiato pure Nicola Zingaretti sulle correnti: «Se sono i luoghi in cui si pensa e discute, ci si aggrega intorno alle idee alle leadership, allora sono il bene del partito e mi dispiace che un segretario nazionale se ne sia andato denunciando il mal delle correnti, ma capita di sbagliare», ha detto, ribadendo la linea delle consultazioni interne in vista delle Regionali.

Zingarettiani contro AreaDem
Dichiarazioni che non a caso nel corpaccione del partito più di qualcuno legge come un avviso ai naviganti e nemmeno troppo velato. Anzi, come una vera e propria dichiarazione d’intenti: «Non c’è dubbio che le parole di Franceschini aprano una fase politica nuova nel Pd nazionale e di conseguenza in quello locale», è il ragionamento. «È evidente che sta avviando un percorso tutto suo che parte dalle Regionali per arrivare fino alle Politiche e al congresso nazionale che ne seguirà». Tra i zingarettiani c’è chi mette a fuoco non una ma ben «due fratture»: innanzitutto «uno scavalcamento del segretario perché in una riunione di corrente», si mormora. «Da capocorrente non puoi dettare la linea sui rapporti con il Movimento, tra l’altro senza tenere separato il piano nazionale da quello locale». In seconda battuta una «rottura con il presidente della Regione», nonostante le dichiarazioni di facciata del governatore del Lazio che, naturalmente, ha subito negato polemiche e detto di condividere l’analisi politica del ministro.

C’è il rischio che le primarie si trasformino in un congresso senza politica
Ma è soprattutto la spinta alle primarie che risulta più indigesta a buon a parte del Pd laziale, un vero grattacapo per Enrico Letta. Sì, perché «Franceschini le dà già per acquisite, incurante della maggioranza che, si è visto in Direzione regionale, non la pensa come lui e come i suoi», mettono le mani avanti fonti vicine a Zingaretti. Marco Miccoli, della direzione nazionale dem, per esempio, dice apertis verbis di essere contrario. In un post sui social, infatti, ha scritto nero su bianco le sue preoccupazioni e il rischio che con i nodi aperti, dalle recenti Comunali perse nel Lazio al quadro incerto delle alleanze fino alle fibrillazioni anche con «le forze sociali» su diversi temi, le primarie possano ridursi a «una conta, una sorta di congresso di partito ma senza politica». Gazebo sì-gazebo no: all’inquilino del Nazareno, insomma, l’ardua sentenza. Una decisione non facile da prendere, in effetti. Da un lato ci sono le ragioni di chi insiste nel dire che «non si può tirar fuori un coniglio dal cilindro, e quindi un nome, senza avere prima il cilindro». E poi ancora che «non ha senso mettere in competizione chi lavora nella stessa squadra come nel caso laziale di D’Amato e Leodori». E dall’altro ci sono i tifosi delle primarie e cioè gli esponenti di AreaDem. Che, visto il peso specifico che hanno sul territorio, Letta non può permettersi di sottovalutare. Una cosa è certa, sussurrano a Tag43: «Se prevale la linea delle primarie, Leodori parte in vantaggio potendo contare sulla grande capacità organizzativa della corrente di Franceschini. Non dimentichiamo che non si tratta di Roma, dove ancora resiste il voto d’opinione, ma di consultazioni regionali. E qui la presa sul territorio, insieme a una bassa affluenza, possono fare la differenza». I giochi però non sono ancora chiusi. C’è tempo quindi per dare battaglia. Quella che proprio Miccoli sta portando avanti, senza mandarle a dire al segretario regionale Bruno Astorre, altro esponente franceschiniano di spicco: «O si dirige il partito o si dirige la propria parte di partito. Entrambe le cose non si possono fare», morde su Facebook. Insomma, tira aria di rottura. Altro che costruire il campo largo, Letta dovrà prima ricompattare il suo esercito.