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Regionali 2023, il Pd regge ma resta spaccato

Nonostante la sconfitta netta del centrosinistra, il Pd regge. Se Letta sottolinea la tenuta rispetto alle mire di M5s e Terzo Polo, all’interno del partito ripartono le faide e le accuse reciproche. E ora la preoccupazione si sposta sui gazebo.

14 Febbraio 2023 09:04 Paola Alagia
Regionali 2023, il Pd regge ma resta spaccato

Il centrosinistra perde il Lazio e lo riconsegna al centrodestra, ma a dispetto dei pronostici, il Pd senza una guida al timone e ancora sospeso nel limbo congressuale, tutto sommato regge. Nella sconfitta, comunque conclamata anche in Lombardia, infatti, si conferma primo partito dell’opposizione e seconda forza politica. Magra consolazione, si dirà, ma è un dato di fatto che nell’area a leccarsi le ferite più profonde sono soprattutto il M5s da un lato e il Terzo polo dall’altro. Quanto sarebbe dovuto bastare in casa dem per un sussulto d’orgoglio e per tentare di voltare pagina. E invece neanche il tempo di attendere i voti definitivi che subito i posizionamenti interni e le solite faide sono ripartite.

Regionali, Majorino: «La Lombardia non è la Calabria». Occhiuto risponde: «Questo è scemo». Il candidato del centrosinistra poi ha chiesto scusa
Pierfrancesco Majorino (Getty Images).

Quelle Opa mancate del Pd che «non possono consolarci»

I democratici, di nuovo e come sempre, l’un contro l’altro armati. Prova ne sono le parole del segretario dimissionario Enrico Letta, che in qualche modo avrebbero dovuto scuotere i dem e invece hanno solo accentuato le spaccature. Dire che «il Pd respinge la sfida di M5s e Terzo Polo», che «il tentativo ripetuto di sostituirci come forza principale dell’opposizione non è riuscito» e che «l’Opa contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata», per l’inquilino uscente del Nazareno, è vero, ha il sapore di una rivalsa, ma è altrettanto vero che rappresenta comunque uno spunto d’analisi che avrebbe potuto fare gioco al partito. E invece niente. Ci ha pensato Andrea Orlando a correggere subito la narrazione: «Le due Opa sono state bloccate, ma questo non può consolarci», twitta l’ex ministro del Lavoro.

Intanto grazie a Majorino e D’Amato per la loro coraggiosa battaglia.

Divisi non solo si perde ma non si porta nemmeno la gente a votare.

Le due opa sono state bloccate ma questo non può consolarci.

— Andrea Orlando (@AndreaOrlandosp) February 13, 2023

Scintille tra Schlein e Bonaccini

Se i due candidati alla presidenza di Lombardia e Lazio, Pierfrancesco Majorino e Alessio D’Amato, hanno puntato l’indice sull’assenza di una leadership nazionale che ha pesato in campagna elettorale, anche i candidati alla segreteria dem hanno dato fuoco alle polveri, ciascuno ovviamente cercando di portare acqua al proprio mulino. E così mentre Elly Schlein ha suonato lo spartito del rinnovamento – «Ora bisogna cambiare per davvero, nella visione, nei volti e nel metodo. Solo così si potrà ricostruire un campo progressista e tornare a vincere insieme» -, Stefano Bonaccini (che secondo i dati provenienti dalle commissioni provinciali dei congressi di circolo che si sono svolti fino al 12 febbraio è in testa col 54,35 per cento dei voti) ha avuto buon gioco nel dire che la sconfitta alle Regionali è la prosecuzione di quella delle scorse Politiche, prima di pungere: «Ho letto che tutti i migliori stanno con Elly Schlein, solo che quei migliori sono quelli che ci hanno portato a tutte le sconfitte elettorali degli ultimi anni. Noi abbiamo bisogno invece di una rigenerazione che porti il Pd ad essere utile al Paese». Parole come pietre che hanno lasciato il segno. Al punto che persino Goffredo Bettini ha abbandonato l’habitus del deus ex machina per scendere nell’arena: «Non è serio sostenere che i responsabili delle sconfitte degli ultimi anni siano Zingaretti, Orlando, Franceschini e il sottoscritto», scrive in un post su Facebook. Prima di rimandare la palla nell’altro campo: «Questo è il gruppo dirigente che ha invertito la catastrofica rotta del Pd di Renzi».

Pd, l'eurodeputato Dino Giarrusso annuncia l’ingresso nel partito. A maggio 2022 aveva lasciato il Movimento 5 Stelle.
Stefano Bonaccini (Getty Images)

A penalizzare i dem la mancanza di una identità

Insomma, il solito Partito democratico avvitato su se stesso e che non riesce neppure a ‘lucrare’ sulle sconfitte dei suoi principali competitor nel centrosinistra. Un big del partito lo dice chiaramente a Tag43: «Io rifuggirei da reazioni emotive. Al Pd serve unità, basta parlare del passato e basta rinfacciarsi chi è stato con tizio o con caio. Noi», aggiunge, «abbiamo necessità di trasmettere un‘idea di futuro. Il centrodestra una propria idea ce l’ha, condivisibile o meno. Ora tocca a noi tratteggiare un disegno chiaro». Facile a dirsi. Come nel gioco dell’oca, infatti, al Nazareno si riparte sempre dalla stessa casella. Zero passi avanti, nulla cambia, se non il dato sull’astensione. Questo sì non conosce indietreggiamenti e ha penalizzato la compagine di centrosinistra. Ed è quello su cui invita a riflettere Marco Miccoli, esponente del Pd laziale che nella corsa alla segreteria appoggia Elly Shlein: «Nello scontro tra centrodestra e centrosinistra», dice a Tag43, «il primo fa il pieno di voti e il secondo di astensionismo. E il motivo è semplice: il centrodestra ha un quadro valoriale chiaro mentre la sinistra non ce l’ha». Ma proprio la scarsa affluenza ai seggi di domenica e lunedì dovrebbe essere un campanello d’allarme in casa dem, visto che a fine mese il Pd chiama a raccolta gli elettori nei gazebo. Tra le fila dem dietro le quinte c’è chi ammette con Tag43 che il rischio esiste: «Invece di dividerci dovremmo lanciare una proposta credibile ai nostri elettori. Non possiamo pensare che restino fedeli a vita a un progetto che non decolla. Siamo o non siamo il primo partito d’opposizione? Non basta che lo attestino i numeri, questa è una patente che solo un progetto chiaro può darci. Senza, tra l’altro, è velleitario pensare di poter diventare perno di tutto il centrosinistra».

«Basta cadere nella trappola dello strabismo nei confronti di M5s e Terzo Polo»

Chi non teme invece ripercussioni del dibattito di queste ore sulle primarie è Enrico Borghi, senatore dem che sostiene Bonaccini: «Le differenze di analisi ci stanno tutte, fa parte della vita democratica del Pd. Non credo che questo avrà un impatto negativo sui gazebo. Anzi», dice a Tag43, «sarà uno stimolo. Fa vedere come il Partito democratico sia vivo. Altro che da buttare via». Borghi non ci gira intorno nel declinare la sfida che attende il partito: «Per il Pd è il momento di fare il Pd e intestarsi la guida dell’opposizione. Senza cadere», avverte, «nella trappola dello strabismo nei confronti del M5s o del Terzo Polo. Devono essere infatti queste due forze politiche a trarre le conclusioni di una strategia fallimentare che li ha portati a risultati ampiamente al di sotto delle loro aspettative». Parole non dissimili da quelle che l’eurodeputata dem Alessandra Moretti affida a un tweet: «Adesso fine degli ammennicoli ai lati, basta ricatti dei sempre più piccoli. Solo uniti se vogliamo vincere, ma le carte le diamo noi». Tutto sta, però, ora a scoprirle queste carte. Malgrado la sconfitta, infatti, sarà anche la fase dell’autostima dem, ma dovrà pur sempre mettersi al servizio di un’idea di società ancora tutta da scoprire.

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