Destra a valanga. Sprofondo centrosinistra. Terzo polo già ridotto all’irrilevanza, nonostante i progetti ambiziosi. Sono queste le tre nette indicazioni politiche uscite dalle elezioni regionali 2023 in Lombardia e Lazio, stravinte dalla coalizione di destra-centro, che ha sfruttato il vento che soffia ancora nel Paese dalle ultime politiche che hanno incoronato Giorgia Meloni. Del resto era difficile che l’inerzia si invertisse in meno di cinque mesi. Soprattutto senza candidati forti e unitari da contrapporre ai favoritissimi Attilio Fontana e Francesco Rocca, che non hanno nemmeno dovuto sudare per ottenere oltre il 50 per cento delle preferenze, ossia la maggioranza assoluta.

Affluenza inchiodata al 40 per cento, rispetto al 70,63 per cento del 2018
Nella poco invidiabile gara tra chi è stato più sconfitto, Carlo Calenda e Matteo Renzi sono senz’altro i primatisti, visto che la loro candidata lombarda, Letizia Moratti, ha raccolto le briciole (intorno al 10 per cento). Se non altro una consolazione per la sinistra: nemmeno con tutto il “campo largo” unito avrebbero impensierito Fontana, anche se in questi casi la somma algebrica dei voti lascia sempre il tempo che trova. Mentre politici e commentatori si arrovellano per capire dove sono finiti gli elettori – affluenza clamorosamente inchiodata al 40 per cento, rispetto al 70,63 per cento alle precedenti omologhe, quando si votò in un solo giorno e col traino delle Politiche -, la destra ora governa 15 Regioni su 20 in Italia.

Majorino e D’Amato se la prendono con la mancanza di leadership nazionale
Il candidato del Pd in Lombardia, Pierfrancesco Majorino, ha trovato subito il motivo della débâcle nel “vuoto di potere” a livello nazionale del partito, impegnato nel congresso per scegliere il dopo-Letta: «Siamo un caso studio a livello internazionale per aver fatto la consultazione sulla leadership interna durante elezioni così importanti come quelle della Lombardia e del Lazio. Non avere avuto un leader nazionale ci ha costretto a fare di più». Majorino non farà più l’eurodeputato, visto che è pronto a dare le due dimissioni, per svolgere il ruolo di leader dell’opposizione in consiglio regionale. Il Pd, comunque, paradossalmente ha retto: secondo le proiezioni il primo partito è Fratelli d’Italia, salito oltre il 22 per cento, ma a seguire ci sono proprio i dem, con il 21,3 per cento.

Tracollo inappellabile al centro: è già partita la resa dei conti
L’operazione che invece si è rivelata un suicidio politico è stata quella dei cosiddetti centristi: il Terzo polo candidando l’ex assessore al Welfare di Fontana, e cioè la Moratti, ha fatto un buco nell’acqua, toppando completamente strategia. Un’efficace analisi è stata quella su Twitter di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo ed ex candidato regionale del centrosinistra nel 2018: «Possiamo a questo punto serenamente dire che la scelta del Terzo polo di sostenere Letizia Moratti è stata una sciocchezza? Col maggioritario a turno secco si è competitivi solo unendo tutto il centrosinistra (sì, pure i cinque stelle). O lo capite o la destra vincerà ogni volta».
Sicuramente non ha funzionato. Non ho mai problemi ad ammettere una sconfitta. La questione però è un poco più complessa. Scorsa volta eravamo tutti con te e hai/abbiamo preso meno del 30%. C’è un’inossidabile voto di destra che fa crescere Fontana anche dopo il disastro covid. https://t.co/vmCU1VQH8l
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) February 13, 2023
Al commento ha risposto direttamente Calenda: «Sicuramente non ha funzionato. Non ho mai problemi ad ammettere una sconfitta. La questione però è un poco più complessa. Scorsa volta eravamo tutti con te e hai/abbiamo preso meno del 30 per cento. C’è un inossidabile voto di destra che fa crescere Fontana anche dopo il disastro Covid». Già, sullo sfondo resta la disarmante facilità con cui i lombardi hanno dimenticato l’emergenza sanitaria e il modo in cui è stata affrontata dal duo Attilio Fontana-Giulio Gallera, ex assessore al Welfare sostituito proprio dalla Moratti. Memoria corta, assoluzione perché forse chiunque al loro posto sarebbe andato in difficoltà o rassegnazione visto che la destra governa nella Regione più produttiva del Paese da quasi 30 anni? Alle immancabili analisi della disfatta della sinistra l’ardua sentenza.