Referendum, la Corte costituzionale ammette i quesiti sulla giustizia. Cannabis bocciata

Redazione
16/02/2022

Gli italiani chiamati a votare cinque temi legati alla giustizia. Il primo ad esultare è stato Matteo Salvini, tra i proponenti in qualità di segretario dela Lega. Bocciato il referendum sulla cannabis.

Referendum, la Corte costituzionale ammette i quesiti sulla giustizia. Cannabis bocciata

La Corte costituzionale ha dato il via libera a cinque dei sei referendum sulla giustizia passati al vaglio oggi. Si andrà a votare per cinque temi: la cancellazione della legge Severino sull’incandidabilità e la decadenza di parlamentari condannati a 2 anni o più; la separazione delle carriere dei magistrati; la stretta alla custodia cautelare; il via libera alle candidatura per il Csm senza la necessità di un numero di firme tra 25 e 50; e infine diritto di voto nei consigli giudiziari agli avvocati. Bocciati, invece, quello sulla responsabilità civile dei giudici e soprattutto quello più atteso sulla cannabis.

La gioia di Salvini: «Vittoria!»

Il primo a gioire per la notizia dell’ammissione dei quattro referendum è stato Matteo Salvini. Il leader della Lega, che ha proposto i sei quesiti insieme al partito Radicale, ha affidato a Twitter la sua esultanza. «Primi quattro referendum sulla giustizia dichiarati ammissibili e presto sottoposti a voto popolare: vittoria!», ha scritto appena è stata diffusa la notizia.

La cancellazione della legge Severino

Gli italiani saranno quindi chiamati alle urne. Uno dei primi quesiti ammessi riguarda l’abrogazione della legge Severino. Si tratta di un decreto legislativo in vigore dal 31 dicembre 2012 che riguarda l’incandidabilità e la decadenza di chi ha una condanna che supera i due anni. Le candidature in questione riguardano il Parlamento italiano, europeo e altri ruoli governativi, compresi gli amministratori locali. Ad introdurla è stato il governo Monti.

La separazione delle carriere

Per separazione delle carriere dei magistrati si intende più che altro l’eliminazione di una possibilità, ad oggi fattibile in quattro occasioni nell’arco di una carriera, cioè il cambio di funzione passando da giudice a pubblico ministero e viceversa. Attraverso il referendum si vuole ridurre a una sola la possibilità di passaggio tra una funzione e l’altra, mentre già con la riforma Cartabia da quattro si scenderebbe a due.

Referendum, la Corte costituzionale ammette 4 quesiti sulla giustizia. Esultano Lega e Radicali. Salvini: «Vittoria!»
Il ministero della Giustizia, Marta Cartabia (Getty)

La custodia cautelare

Sulla custodia cautelare è stato soprattutto il partito Radicale a premere. Con il referendum andrebbe a modificarsi l’articolo 274 del Codice di procedura penale. Quest’ultimo parla di tre presupposti per cui il pm può tenere in carcere un presunto autore di un reato: il pericolo di fuga, la possibilità di inquinare le prove restando libero e quella di commettere di nuovo lo stesso reato. In caso di vittoria al referendum, invece, resterebbe soltanto la fuga come unico paletto. Inoltre la custodia cautelare non potrà essere confermata nel caso in cui si tratti di reati con condanne di massimo 5 anni o per per il finanziamento pubblico ai partiti.

Quarto quesito: saltano le firme per il Csm

L’idea con il referendum è di togliere l’attuale regole che prevede tra 25 e 50 firme da presentare in caso di candidatura al Csm. Una legge che risale al 1958 e che andrebbe così eliminata a favore di una maggiore libertà nelle stesse candidature. L’obiettivo sarebbe quello di eliminare le correnti della magistratura che peserebbero, proprio grazie alle firme, sull’elezione di un candidato o di un altro.

Il voto degli avvocati nei consigli giudiziari

L’ultimo tra i quesiti ammessi sul tema giustizia è stato quello riguardante il diritto di voto degli avvocati nei consigli giudiziari. Un argomento molto particolare, che rischiava di entrare quasi in conflitto con la legge Cartabia. Quest’ultima, infatti, permettere agli avvocati di esprimere il proprio parere sull’operato dei giudici. Una sorta di pagella, per promuovere o bocciare l’attività. La differenza starebbe nel voto personale, che invece con il referendum sarebbe espresso.

I due quesiti bocciati

Due i quesiti bocciati. Uno riguarda ancora la giustizia e si tratta della responsabilità civile dei giudici. Quest’ultima fu introdotta dopo il caso Tortora nel 1987, proprio con un referendum in cui i sì superarono l’80 per cento. Ciò nonostante la legge, entrata in vigore l’anno dopo, scontentò anche i Radicali che l’avevano presentata, perché non era prevista la responsabilità diretta dei giudici, utilizzando come “filtro lo stato”. Un dettaglio confermato nel 2015 e con l’eventuale referendum si puntava ad eliminarlo. Niente da fare anche per la cannabis. A spiegare le motivazioni del no alla depenalizzazione della coltivazione (purché non fosse usata a fini di spaccio), è stato lo stesso presidente Giuliano Amato: «Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali».

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Il presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato (Getty)