Dopo un proficuo incontro mattutino tra il premier Mario Draghi e alcuni ministri, il Reddito di Cittadinanza sarà confermato al 2022. Confermato il testo dello scorso 28 ottobre, come spiega il ministro del Lavoro, Andrea Orlando: «Sostanzialmente si è consolidato e si è precisato il testo che era uscito dal Cdm». Con la conferma del documento, quindi, scatterà la decurtazione dell’assegno in caso di rifiuto da parte dei beneficiari della prima offerta di lavoro. Il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, ha inoltre sottolineato che «Tutto il resto delle disposizioni già presentate nella richiesta contenuta nella legge di Bilancio come uscito dal Cdm, rimangono inalterate». La prima proposta di décalage parlava di 5 euro mensili in meno a partire dal sesto mese. Nel testo finale, invece, la manovra prevede la decurtazione progressiva dell’assegno dal momento in cui il percettore rifiuti la prima proposta di lavoro congruo. Al secondo rifiuto, invece, scatterà la revoca del beneficio.
Reddito di cittadinanza, Saraceno: «Non funzionano i Cpi»
Sempre in mattinata, la discussione sul Reddito di cittadinanza si è arricchita grazie al rapporto diffuso dal Comitato scientifico, «base per una riflessione in parlamento» secondo il ministro Orlando. Secondo l’analisi in questione, infatti, l’assegno disincentiverebbe i percettori ad accettare o ricercare un’occupazione. Per usare una frase grave, semplice e diretta: «per loro lavorare non conviene». Anche per questo non è soddisfatta Chiara Saraceno, la presidente del Comitato scientifico del ministero del Lavoro: «A noi va benissimo aumentare i controlli ex ante, non siamo assolutamente contrari. Quello che però non funziona sono i Cpi: non sappiamo quante domande di lavoro siano state fatte e quante siano state rifiutate, ma sappiamo che sono relativamente poche le persone prese in carico. E da qui dobbiamo partire»
Reddito di cittadinanza: le proposte della Commissione
All’interno del rapporto, la Commissione Saraceno ha avanzato anche dieci proposte. Fondamentale, secondo questo documento, è non discriminare i cittadini stranieri, portando il periodo di residenza in Italia da 10 a 5 anni. Un dimezzamento che porterebbe la spesa da 8,8 miliardi del 2021 a 9,1 miliardi, con l’inclusione di altre 68mila famiglie. Un’altra proposta riguarda un maggior peso da dare alle famiglie numerose rispetto a single o nuclei con soli adulti. La riduzione della soglia per il single farebbe passare il reddito dai 6mila annui a 5mila 400 euro. La dimensione del nucleo familiare, inoltre, influenzerebbe anche il contributo per l’affitto, incrementandolo in base al numero di componenti. La Commissione poi tenta di capire come non penalizzare chi vuole accettare o in effetti ricerca un lavoro. Per fare questo, una delle proposte riguarda il cumulo parziale tra il reddito di cittadinanza e di lavoro, senza quindi togliere 80 euro di sussidio per ogni 100 di lavoro.
Continuando a leggere il rapporto, si parla anche della necessità di rendere la soglia per richiedere il sussidio maggiormente flessibile, per non escludere a priori chi la supera di poco. Si continua chiedendo di togliere l’obbligo di dichiarazione di disponibilità per tutti, per non sovrapporsi a chi ha sottoscritto il patto d’inclusione, di incentivare le aziende ad assumere i percettori di reddito di cittadinanza, e di ridefinire i concetti di lavoro congruo. Per quanto riguarda quest’ultimo passaggio, la Commissione chiede di considerare come offerta congrua di lavoro anche contratti a termine di durata superiore a tre mesi, per poter permettere a chi non ha esperienze recenti una reintroduzione nel mercato del lavoro. Inoltre all’interno della proposta si parla anche di ridurre da 250 a 100 i chilometri entro cui accettare le offerte. Infine, la Commissione ritiene doveroso eliminare l’obbligo di spesa dell’intera somma entro il mese successivo dall’erogazione per non incorrere in decurtazioni. Così facendo non si permetterebbe alle famiglie di risparmiare.