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Reati contro il patrimonio culturale, le lacune della nuova legge

Il 23 marzo scorso è entrata in vigore la legge sulle nuove disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale. Una norma che però, secondo gli addetti ai lavori, presenta alcune lacune. A partire dalla poca chiarezza nella definizione di bene da tutelare.

13 Maggio 2022 12:05 Sara Tagliente
Reati contro il patrimonio culturale, le lacune della nuova legge

Dipinti, sculture o reperti archeologici. Ma anche riciclaggio di denaro. Il mondo dell’arte e del collezionismo, è noto, non è estraneo a traffici illeciti. Attività redditizie soprattutto per la criminalità organizzata, sia per la capacità dell’opera d’arte di essere un bene rifugio sia perché può essere facilmente ceduta a titolo di controprestazione. I dati di illeciti di opere d’arte parlano chiaro: perfino nel 2020, anno segnato dalla pandemia, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno recuperato 501.574 beni, segno di quanto il settore susciti appetiti da più parti, non ultimo, il mercato delle criptovalute e il deep web.

La stretta sugli illeciti relativi ai beni culturali: le novità introdotte

In Italia lo scorso 23 marzo è entrata in vigore la legge 22/22 (Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale) che recepisce la Convenzione di Nicosia, un trattato internazionale relativo alle infrazioni sui beni culturali che chiede ai Paesi aderenti (47 in totale) di far sì che le proprie leggi proteggano in modo efficace danni, distruzione, furti e traffico illecito di beni culturali. La legge introduce nuove fattispecie di reato, amplia l’ambito di applicazione della confisca e inserisce alcuni delitti contro il patrimonio culturale tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti. La prima novità è l’introduzione nel settore della legislazione antimafia che porta a un inasprimento delle pene dando attuazione ai principi costituzionali per cui il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella della sola proprietà privata. Saranno così possibili arresti in flagranza, processi per direttissima e intercettazioni anche per i reati contro il patrimonio e si avrà uno strumento più efficace contro il traffico d’arte, fonte di finanziamento sempre più utilizzata da terrorismo e criminalità organizzata. Un’altra novità della nuova norma anti-riciclaggio prevede l’introduzione dell’agente provocatore. Cioè si possono autorizzare agenti infiltrati nelle trattative e documenti di copertura. Un’attività che in realtà era già svolta nella prassi delle indagini, a quanto ci riferiscono gli operatori del settore, e ciò è facilmente intuibile dalla specificità del mondo dell’arte e dalla cerchia piuttosto “chiusa” di questo tipo di affari.

Reati contro il patrimonio culturale, le lacune della nuova legge
Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini (Getty Images).

Le lacune della legge

La legge però, nonostante sia stata salutata dal ministro Dario Franceschini come «un grande passo avanti nella tutela e nella protezione del patrimonio culturale e nella lotta al traffico illecito di opere d’arte» per una «super potenza culturale» come l’Italia, ha fatto discutere gli addetti ai lavori e coloro che in questo mondo gravitano, non sempre per grandi affari ma più spesso per passione. L’avvocato Giuseppe Maria Gallo, penalista del foro di Genova ed esperto in materia, trova la nuova norma opinabile da vari punti di vista. «In primo luogo, essa non stabilisce cosa si debba intendere per bene culturale», spiega a Tag43. «Sotto questo profilo, le controversie non saranno poche, soprattutto nei processi penali riguardanti l’arte moderna. Il rischio di sanzioni carcerarie assai pesanti aumenterà le consulenze e le perizie. Esperti che diventeranno, a quel punto, protagonisti più o meno litigiosi di una scena giudiziaria rallentata dalla difficoltà di ricondurre il bene conteso in una categoria culturale univocamente condivisa, a maggior ragione nel caso di autori contemporanei non ancora affermati». Il rischio, secondo l’avvocato, è che aumentino le controversie senza una definizione chiara e univoca di bene culturale. Per esempio un pezzo di antiquariato di valore, oggetto di compravendita, è un bene culturale? È dunque soggetto o no alle nuove norme anti-riciclaggio?

Il rischio di penalizzare i ‘piccoli’ appassionati

«Nell’antiquariato», dice Luca Vivioli, esperto del settore, «gli affari li facciamo in cerchie ristrette, solo con persone competenti, perciò potrei dire che è già un ambito a numero “chiuso”. Riguardo alla nuova legge, a parte più fogli di autocertificazione da compilare da parte sia del venditore sia del compratore e una serie di corsi che alcuni consulenti ci faranno sulla nuova norma, a mio parere cambierà ben poco. Non vorrei che, come spesso accade, siano penalizzati gli appassionati d’arte “piccoli” che hanno solo una grande passione verso la bellezza dell’arte antica». «Questa legge dimostra l’attenzione dello Stato italiano alla mappatura delle opere d’arte e alla tutela del diritto d’autore», aggiunge Daniele Crippa, storico dell’arte e presidente Museo Parco Portofino, «che si esprime attraverso il diritto di seguito che traccia le vendite delle opere. Ma per quello che riguarda il riciclaggio, a mio avviso, lo Stato non vuole realmente risolvere il problema. Date un’occhiata all’Iva: la cessione di opere d’arte sconta un’Iva del 22 per cento; basterebbe a mio avviso, abbassarla al 5 o al 10 e si potrebbe evitare il “sommerso” e il “nero” nel settore. Invece tenendo una tassazione così alta e “premendo” solo sul livello dell’inasprimento delle pene, non si risolve davvero il problema».

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