Il rapporto sulla pedofilia nella Chiesa francese pubblicato martedì 5 ottobre e redatto dalla Commissione presieduta da Jean-Marc Sauvé ha messo in luce – in uno degli allegati più corposi – anche il fenomeno delle violenze sessuali subite da suore, novizie e religiose. Una piaga nota ma rimasta nell’ombra e difficile da quantificare. «L’unica inchiesta a riguardo è americana ed è datata 1998», ha sottolineato a Libération Julie Ancian, una delle sociologhe che ha partecipato alla stesura del rapporto Sauvé. «Si stima che circa il 30 per cento delle 89 mila suore statunitensi sia stato vittima di violenze sessuali all’interno della Chiesa cattolica. Se si applica la stessa proporzione in Francia, si parla di 7 mila donne. Anche se il numero è probabilmente sottostimato».
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Suore e violenza sessuale: quando il padre spirituale diventa l’orco
La maggior parte delle religiose e dei seminaristi ascoltati dalla Commissione Sauvé è stata vittima di violenza tra i 20 e i 25 anni, atti perpetrati generalmente da uomini di chiesa molto più anziani. Gli abusi si sono consumati dall’inizio degli Anni 70 ai 2000 e vanno dalle carezze alla violenza vera e propria. Come si legge nello studio, anche gesti che possono apparire banali e senza malizia, come sfiorare una mano o una spalla, se ripetuti costituiscono «una forte violenza simbolica su persone che si sono votate alla castità, al celibato o che vi si stanno preparando». Ogni volta gli abusi sono stati consumati nel quadro di una relazione spirituale: l’aggressore era un padre confessore, il responsabile o fondatore della comunità. Nella maggior parte dei casi gli aggressori sono sacerdoti, solo in un caso la violenza sessuale è stata commessa da una suora nei confronti di una novizia.
Le modalità di avvicinamento della vittima
Le modalità con cui l’aggressore si avvicina alla vittima emerse dalle testimonianze raccolte sono quasi sempre le stesse. L’uomo parte sviluppando un rapporto stretto con la donna, facendole credere di avere con lei una relazione privilegiata. Le offre un conforto morale, si comporta come una sorta di padre o amico per isolarla progressivamente dai suoi potenziali supporti e, nella maggior parte dei casi, alterna segni di affetto e indifferenza per suscitare dipendenza psicologica. Gradualmente viene instaurato un contatto fisico che può sfociare nello stupro. Spesso l’aggressore si giustifica chiamando in causa Dio («È ciò che Dio vuole») o promettendo alla vittima che facendo ciò che chiede starà meglio («Questo ti può guarire»). Si crea così un rapporto di intimità e fiducia tale da impedire alla vittima di identificare ciò che subisce come violenza. Allo stesso tempo l’aggressore è protetto dal carisma che esercita e dal fatto che sia riconosciuto da un’intera comunità. Ci sono poi casi in cui l’aggressore suscita compassione nella vittima a cui espone debolezze e traumi. La suora abusata così si sente responsabile, crede di doverlo perdonare e aiutare a superare le difficoltà e la vergogna. L’aggressore inoltre porta la vittima a sentirsi in colpa, a condividere la responsabilità dell’abuso.
Gli abusi di potere all’interno delle comunità religiose
Secondo il rapporto, gli equilibri stessi che si creano all’interno delle comunità di religiose possono favorire relazioni abusanti. Un certo numero di suore ha contattato la Commissione non per denunciare violenze sessuali, ma per segnalare abusi di altra natura legati alla vita comune. A seconda del tipo di comunità, la reclusione è più o meno ferrea. In generale però i contatti con l’esterno sono ridotti. A questo isolamento si aggiunge una stretta sorveglianza interna. Limitazioni negli spostamenti all’esterno, lettura della corrispondenza, controllo delle discussioni tra consorelle. Spesso le visite mediche o le consultazioni psicologiche e psichiatriche vengono evitate e se indispensabili le pazienti sono sempre accompagnate. L’obbedienza e la sottomissione, considerati valori cristiani, spesso sono spinte all’estremo e le suore si trovano costrette a subire quotidianamente maltrattamenti, vessazioni, umiliazioni, divieti, atti di bullismo, prese in giro. Pratiche infantilizzanti che possono annichilire lo spirito critico e la resistenza. L’accettazione di comportamenti devianti, come rileva il rapporto, è dovuta anche alla mancanza di cultura e di formazione.
Il dramma delle novizie: confessioni utilizzate per manipolare le vittime
Molte delle suore vittime di violenza erano novizie. Due di loro hanno descritto atteggiamenti settari atti a indurre sudditanza psicologica: una è stata aggredita dal fondatore della comunità nonché suo padre spirituale, confessore e medico. L’altra ha denunciato turni di lavoro estenuanti, privazione del sonno e scarsa alimentazione. Varie sorelle hanno dichiarato che il loro aggressore si serviva di ciò che rivelavano durante le confessioni per manipolarle. Come altrove, anche le violenze sessuali sulle suore si basano sull’asimmetria di potere nelle relazioni e sul predominio dell’uomo. Anche all’interno delle comunità religiose permangono gli stereotipi di genere come per esempio il mito della femmina tentatrice. Parecchie vittime arrivano a credere di aver corrotto il sacerdote che le ha aggredite. Davanti a una figura di potere descritta come alter Christus e santo, le vittime faticano a comprendere cosa sta loro accadendo. Molte giovani suore e seminaristi hanno confessato la loro vulnerabilità al momento degli abusi perché assaliti da dubbi sull’orientamento sessuale, sulla vocazione, o colpiti da sofferenze legate a conflitti familiari o lutti.