Il 6 dicembre 1977 moriva a Parigi Raoul Follereau. Giornalista, poeta e filantropo francese è ricordato per l’attività intellettuale mista al grande impegno civile, concentrato soprattutto nella sensibilizzazione verso la piaga della lebbra. Nato nel 1903 a Nevers in una famiglia cattolica, si avvicinerà sin da ragazzino a ideali profondamente pacifisti. A spingerlo in tale direzione influì la prematura scomparsa del padre Émile. L’industriale, richiamato alle armi, cadde al fronte nel 1917, durante la prima guerra mondiale. A partire da quel momento, la gestione degli affari di famiglia passò alla madre Pauline, mentre, Raoul, pur giovanissimo, iniziò a fare propri i principi del cristianesimo, traducendoli nell’aiuto sistematico alle persone in difficoltà. Ad appena 15 anni tenne la prima conferenza pubblica, nella quale enunciò i tre capisaldi che lo accompagneranno per tutta la vita Dio è amore, Essere felici vuol dire rendere felici, Vivere è aiutare gli altri a vivere, sintetizzati successivamente nel motto Amare è agire.
La lotta contro la lebbra di Raoul Follereau
Nel 1920 e a proprie spese Follereau pubblicò il libro d’amore, titolo che cinquant’anni dopo riutilizzerà per un’altra opera alla quale assegnerà il compito di diventare manifesto del suo pensiero. Al 1925 risale, invece, il matrimonio Madeleine Boudou, dalla quale non si separerà mai. Dieci più tardi, inviato in Africa dal quotidiano francese La Nation per seguire l’opera del missionario Charles de Foucauld, farà il primo incontro i lebbrosi. Nel corso di un safari, il motore della jeep sulla quale viaggiava andò in panne e il gruppo fu costretto a fermarsi nei pressi di uno stagno. Follereau notò così uomini e donne con i corpi distrutti dalla fame e dalla malattia, dai quali rimase profondamente segnato.
Membro della resistenza francese, perseguitato dai nazisti, fu costretto a rifugiarsi in un convento di suore alla periferia di Lione. Qui conobbe Madre Eugenia Ravasio, che raccontandogli della condizione disperata dei lebbrosi in Costa D’Avorio, gli chiese di aiutarla, innescando definitivamente il grimaldello. Da allora l’attività di Follereau sarà incessante e totalmente votata alla raccolta di fondi per alleviare le sofferenze degli ultimi. Nel 1953 riuscì ad aprire ad Adzopé, in Costa D’Avorio, la città dei lebbrosi: un centro con laboratori, radio, cinema e case, in cui oltre alla guarigione dei pazienti si puntava a un processo integrazione sociale. La lotta per restituire dignità ai malati proseguì scandita da conferenze in tutto il mondo e moniti severi rivolti ai grandi della Terra. «Ho visto le loro piaghe brulicare di mosche, i loro tuguri infetti, i guardiani col fucile. Ho visto un mondo inimmaginabile di orrori, di dolore, di disperazione», raccontò in un accorato appello.
Raoul Follereau, la giornata mondiale dei malati di lebbra
Nel 1954 istituì la giornata mondiale dei malati di lebbra, tuttora celebrata in 150 Paesi. In piena Guerra fredda pregò invano i leader di Usa e Urss di donare alla causa quanto speso in un giorno di guerra in Vietnam o nell’acquisto di un bombardiere. Miglior sorte incontrò in occasione del sessantesimo compleanno, quando disse di desiderare altrettante ambulanze, ricevendone in cambio ben 104. Follereau morì a Parigi nel 1977, Tag43 lo ricorda con la poesia E ora tocca a voi battervi, dedicata ai giovani del mondo.