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Tempo debito

Con un passivo di quasi 600 milioni, un cda silente, e proposte di risanamento dell’ad Fuortes che non convincono la Commissione di Vigilanza, la Rai rinvia ancora le nomine che scottano, quelle dei direttori di rete e dei tg.

15 Ottobre 2021 09:15 Luca Di Carmine
L'indebitamento della rai di Fuortes e il ritardo nelle nomine

Soldi, la Rai ha bisogno di soldi perché alle prese con un debito importante (la posizione finanziaria netta è negativa per 523 milioni) e tagliare i costi non basta per un’azienda che, dovendo da sempre obbedire ai desiderata dei partiti, finisce con il dover sempre alimentare una struttura ridondante. Lo dimostrano gli oltre 900 milioni di costo del personale, il doppio di quello che spende la rivale Mediaset pur avendo un terzo dei dipendenti. Quello che è stato fatto negli ultimi 10 anni, ovvero un risparmio sui costi poco inferiore agli 800 milioni di euro, è già tanto considerato che per una tivù gli investimenti in tecnologia e innovazione sono imprescindibili per restare competitiva.

Nel 2020 ricavi per 2,36 miliardi e perdita di 20 milioni 

Martedì 12 ottobre in Commissione di Vigilanza l’ad Carlo Fuortes, in quello che è stato il suo primo vero appuntamento istituzionale, è stato impietoso al riguardo ma le sue proposte ovvero l’ipotesi di attingere al Fondo per l’editoria o tassare le fruizione dei video su pc e telefonini, sono state considerate irricevibili. Ha lasciato un po’ perplessi anche la premessa fatta all’inizio dell’incontro in cui l’ad ha spiegato ai commissari che lui era presente in qualità di osservatore, visto che le slide che avrebbe mostrato durante la riunione portavano dati relativi al periodo precedente la sua nomina. Napoleone Fuortes, così lo hanno battezzato in azienda, ha capito subito che a viale Mazzini il problema del conto economico (nel 2020 a fronte di ricavi per 2,36 miliardi la perdita è stata di 20 milioni) non è più procrastinabile, ma sembra non avere ancora ben chiaro come affrontarlo. Così che il suo intervento è sembrato una sorta di presa di distanze non solo dal passato, ma anche l’ammissione che da quando il governo lo ha insediato lo scorso maggio non ha ancora pronto un piano industriale che permetta di raddrizzare la situazione. E siccome quel piano andrà discusso e condiviso con il cda, solo dopo la sua approvazione verranno fatte le nuove nomine. In particolare quelle più attese, i direttori di rete e delle testate giornalistiche. Come dire: per ora tutto fermo, chi scade verrà prorogato. Ma fino a quando? Se l’idea iniziale era di attendere l’elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale, la bramosia di mettere le mani su poltrone che in molti casi sono ancora figlie del primo governo Conte, non potrà attendere febbraio. Intanto nei corridoi della tivù pubblica si continua a chiacchierare sulle nomine sin qui fatte da Fuortes. Non solo sulle persone, ma sul metodo. Non si era infatti mai verificato che un ad nominasse dei capi struttura nell’ambito di direzioni aziendali. La prassi stabilisce che sia il direttore a nominare il suo staff e non l’ad dell’azienda.

Napoleone Fuortes e il suo cerchio magico

E mentre si discute anche sulla pressoché nulla presenza femminile nelle scelte fatte, si va delineando il cerchio magico dell’ad, ovvero  i manager di sua stretta fiducia. Del cerchio fanno parte il cfo e presidente di Raiway Giuseppe Pasciucco, il nuovo capo della comunicazione Pierluigi Colantoni, quello delle infrastrutture immobiliari e sedi locali Roberto Cecatto, che finalmente ha ottenuto il tanto sospirato ufficio al settimo piano di viale Mazzini, segno che sei veramente diventato uomo di potere dentro l’azienda. A completare il gruppetto di fedelissimi il responsabile degli affari legali e societari Francesco Spadafora e l’intramontabile Giusy Carruba, responsabile della segreteria dell’ad, colei che durante la gestione del precedente ad Fabrizio Salini fece promuovere a direttore della Security il marito Maurizio Cenni. In tutto questo il cda, verso il quale Napoleone Fuortes ha subito attuato una azione di contenimento (interviste sul tema Rai solo previa autorizzazione, ad esempio) non pare voglioso di farsi sentire. Tace il consigliere in quota Lega, Igor de Blasio. Francesca Bria, fortemente voluta dal Pd, pare volersi occupare di tutto meno che di Rai. Riccardo Laganà, che rappresenta i dipendenti in cda, nelle ultime settimane è piuttosto silente. Non pervenuto anche l’avvocato romano Alessandro Di Majo, messo in cda dai pentastellati. Unica eccezione l’iper operativa e presenzialista Simona Agnes, pupilla di Gianni Letta, naturalmente di area Forza Italia.

Fedez e la querela annunciata ma inesistente

Per il resto, da quel che si vede, il duo Fortes-Soldi (Marinella, la presidentessa) non ha ancora espresso una linea editoriale complessiva e soprattutto detto dove verranno investiti i soldi e quindi quali saranno i settori a beneficiarne. Che ci sia confusione lo dimostra anche un episodio accaduto proprio durante l’audizione in Commissione di Vigilanza. Interrogato sul caso Fedez, il rapper che aveva lamentato censure in occasione del concerto del Primo Maggio, Fuortes ha dichiarato che contrariamente a quanto comunicato la Rai non ha mai predisposto nessuna querela, smentendo così sia il direttore di Rai3  Franco Di Mare che l’ex ad Salini che avevano affermato l’esatto contrario.

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