A viale Mazzini, chiusa faticosamente la breve stagione di Carlo Fuortes, si balla come sul Titanic. Con un debito che sfiora i 650 milioni di euro (che l’ad uscente, beato lui, ha definito tranquillamente sostenibile) e il rischio di perdere una grossa fetta delle entrate se il canone sarà tolto dalla bolletta, come annunciato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la Rai sta passando uno dei momenti più difficili della sua storia recente.

Sergio e Rossi alle prese con i palinsesti, ma senza piano industriale
Intanto, come accade fedelmente a ogni cambio dei vertici, sono iniziate le grandi manovre su poltrone e caselle da occupare. La parola d’ordine di Roberto Sergio e Giampaolo Rossi, rispettivamente ad e direttore generale, è di omologare al più presto la televisione pubblica a umori e desiderata della maggioranza di destra che governa il Paese. Soppresso dopo 20 anni l’innocuo spazio di Fabio Fazio, diventato il capro espiatorio della presunta egemonia culturale della sinistra, ci sono da riempire i palinsesti per la prossima stagione. Ma senza un piano industriale cui fare riferimento, l’impresa risulta difficile. Fra le operazioni ipotizzate da Fuortes si prevedeva la “razionalizzazione” di numerosi reparti, da sempre fiori all’occhiello di quella Rai che realizzava fino a poco tempo fa tutti gli avvenimenti più importanti del Paese, dagli eventi della Santa Sede al campionato di calcio, al Giro d’Italia, ai Mondiali di tutte le discipline sportive principali e ai grandi show. Insomma, tutte quelle manifestazioni che hanno reso nazional popolare e apprezzato il ruolo della tivù di Stato agli occhi del Paese. Ma al momento è buio fitto: sulle sedi regionali, i centri di produzione, il futuro di Rai Way, e il contratto di servizio, oggetto di un incomprensibile ritardo. Nonostante in Rai se ne siano occupati in tanti, il risultato è la sua attuale paralisi. Esistono le linee guida date dal governo, ma non le applicazioni da parte dell’azienda semplicemente perché manca il piano industriale. Insomma, un gatto che si morde la coda.

Sindacati in subbuglio, nel mirino la presidente Soldi
Una situazione che inevitabilmente preoccupa i sindacati interni, che avevano proclamato per il 26 maggio una giornata di sciopero poi sospeso lo scorso venerdì come atto di “fiducia“ verso Sergio e Rossi appena nominati. Non certo verso la presidente Marinella Soldi, decisiva per far passare in cda la loro nomina, che per assecondare il nuovo corso e salvarsi il posto fino a fine mandato, ha subito preso le distanze da Fuortes, e nell’occasione che più ha fatto rumore, ovvero facendo passare l’addio di Fazio frutto di una decisione mai arrivata in consiglio quando era noto a tutti che il contratto scadeva a metà del 2023.

Fa discutere l’ipotesi di richiamare Andrea Fabiano, in quota Renzi, come consigliere sui data media
Intanto, in queste giornate frenetiche che vedono Sergio e Rossi impegnati nella spartizione delle poltrone sorprendono alcune indiscrezioni. La prima riguarda una new entry nello staff presidenziale che per onorare il progetto 50 – 50 dell’Ebu legato alla parità di genere, sta pensando di richiamare Andrea Fabiano (ex direttore di Rai1 poi silurato dal precedente ad Fabrizio Salini e passato a Tim con Gubitosi) in quota Renzi, come consigliere sul tema dei data media. Ennesimo malumore nei corridoi di viale Mazzini, dove non si capisce bene perché chiamare un esterno per studiare temi che in azienda sono conosciuti e gestiti da tempo da personale competente. Una decisione strabica, perché mentre Soldi guarda all’esterno Fabiano, sta boicottando in tutti i modi l’arrivo di un altro esterno di peso Gianmarco Chiocci, alla guida del Tg1, così come da indicazione di Palazzo Chigi.

L’assenza rumorosa (salvo ripensamenti) dei vertici Rai alla commemorazione di Capaci
È in questo clima che ha fatto scalpore anche un’altra indiscrezione, ovvero che salvo ripensamenti dell’ultim’ora per la prima volta quest’anno nessuno dei vertici Rai né alcun membro del cda sarà a Palermo il 23 maggio per le celebrazioni dell’anniversario della strage di Capaci. Un pessimo segnale da parte del servizio pubblico in una delle ricorrenze più significative e dolorose, che qualcuno forse imbarazzato attribuisce al caos in cui sta sprofondando l’azienda.