Rai, vecchi e nuovi meloniani in cerca della scalata

Marco Zini
05/12/2022

Con il ritorno scontato di Rossi in Rai, è partita in viale Mazzini la sfida tra vecchi e nuovi meloniani. Tra chi scalpita per acquisire più potere - come Rao, Petrecca, Ventura e Mellone - a chi cerca la scalata - da Zurzolo a Diaco e Di Meo. Con una grande incognita: Fuortes.

Rai, vecchi e nuovi meloniani in cerca della scalata

È forse scontato, ineluttabile il ritorno in Rai di Giampaolo Rossi, deus ex machina di Fratelli d’Italia in azienda. Ma lo schema del suo avvento è ancora avvolto in una qualche nube di incertezza. Come Tag43 ha già scritto, è difficile insediarlo a breve quale amministratore delegato al posto di Carlo Fuortes, sia perché quest’ultimo è intenzionato a resistere e a vendere cara la pelle sia alla luce del fatto che si tratterebbe di un incarico preso in corsa e quindi di breve respiro temporale. Servirebbe infatti una modifica normativa che faccia saltare il tetto dei due mandati per i membri del Cda: solo in quel caso Rossi potrebbe andare oltre il 2024 (il termine naturale della scadenza di Fuortes e del board). Al tempo stesso l’attuale ad non vuole accanto a sé un direttore generale così ingombrante e quindi, per il momento, lo stallo appare inevitabile, malgrado la premier Giorgia Meloni si sia posta a muso duro nell’incontro della settimana scorsa, che questo giornale aveva anticipato, con l’ex sovrintendente dell’Opera di Roma.

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Il meloniano Giampaolo Rossi.

Le voci su un patto, poi naufragato, tra Rossi e Maggioni

In ogni caso, Rossi gode di legami forti in Rai ed è stato capace di creare un reticolo trasversale attorno a lui oltre che una filiera verticale sotto di lui. Addirittura si vocifera in azienda di un patto a sorpresa con Monica Maggioni, attuale direttore del Tg1, secondo cui lei avrebbe dovuto fare l’amministratore delegato e lui il direttore generale. «Una roba naufragata a causa dell’incidente di percorso e delle polemiche su Fiorello a Rai1, senza dimenticare gli ascolti pessimi del telegiornale principale», ricostruisce una fonte qualificata. Inoltre, a Viale Mazzini gira voce che ancora pesi a carico dell’ex presidente di Rainet qualche impaccio legato alle scorie nel rapporto con il Quirinale. È una storia che risale ai tempi della richiesta di impeachment di Sergio Mattarella lanciata da Meloni in formato Di Maio. Era il 2018 e la tribolata fase che poi portò alla formazione del Conte 1: la leader di Fdi accusò il Capo dello Stato di essere sceso nell’agone politico e «Rossi fu tra i più esagitati nel sostenere questa posizione», ricorda una importante figura Rai.

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Monica Maggioni (Getty Images).

Chi tenta la scalata tra i meloniani di Viale Mazzini

Adesso, comunque, fratelli e sorelle d’Italia vogliono il suo avvento nella tv di Stato, anche per dare un segnale preciso agli altri meloniani che a Viale Mazzini già ci sono da tempo, sono potenti e scalpitano per diventare ancora più potenti. Tra i cavalli in corsa, di Nicola Rao è stato scritto: il percorso dovrebbe essere quello che lo conduce alla direzione del Tg2 (forse già dal prossimo 12 dicembre) per poi saltare alla guida del Tg1 entro il primo semestre 2023, ammesso che Maggioni accetti di migrare verso altri, dorati lidi. Paolo Petrecca, invece, sembra saldo alla direzione di Rainews24, perché «questi vogliono tutto e non mollano nulla, nemmeno se prendono il Tg1», spiegano da Saxa Rubra a Tag43. Tuttavia lui avrebbe detto ai suoi di voler restare fino alla primavera, poi chissà, mai mettere limiti alla provvidenza: sicuramente è questo il momento migliore per tentare la scalata (prima tappa i giornali radio?). Angelo Mellone, entrato in Rai grazie a Gianfranco Fini e oggi vicedirettore dell’Intrattenimento Day Time, punta a diventarne direttore. Il suo nome è finito, da non indagato, nelle intercettazioni dell’inchiesta di Potenza su malapolitica, affari, sesso e raccomandazioni tra la Basilicata e Roma. Ma al momento il piccolo inconveniente non sembra in grado di sbarrargli la strada. Mentre Paolo Corsini, vicedirettore Approfondimento, si prepara a subentrare al direttore Antonio Di Bella, destinato alla pensione nei primi mesi dell’anno prossimo (o in subordine potrebbe andare a Rainews24). C’è pure Roberto Sergio, attuale direttore Radio Rai, considerato vicino a Pierferdinando Casini e in ottimi rapporti con Gianni Letta, ma successivamente avvicinatosi a Meloni. E si parla molto meno di Felice Ventura, potente capo del personale apprezzato da Rossi perché proveniente anche lui da Rainet. Ventura ha guidato prima la Direzione Acquisti e poi, nel 2019, ha fatto «un salto quantico» di carriera, spiega una fonte vicina al dossier, passando dalla gestione «di 100 persone a 10 mila», dato che «in Rai basta la nomina e tutto si aggiusta». Sotto di lui c’è Giuseppe Mondelli, pure lui ex Rainet, ora responsabile Organizzazione, Processi e Sistemi.

Rai, vecchi e nuovi meloniani in cerca di un posto al sole
Federico Zurzolo (da Linkedin).

I nomi di area che aspettano un posto al sole

Scalpitano poi nomi riconducibili al centrodestra quali Federico Zurzolo, vicedirettore alla Direzione Day Time e responsabile di Agorà, con un passato tra Forza Italia e Lega ma ora in rotta verso Fdi, e Marco Caputo, vicedirettore Rai Cultura. O ancora Pierluigi Diaco, nome noto in Rai con programmi radio e tv come Ti sento e Bella Ma’, trasmissione quest’ultima finita nella bufera per le cifre troppo alte nei costi e troppo basse nello share, tanto che qualcuno ha ironizzato: «È Bella… sì, ma solo per lui». Infine ci sono gli uomini di struttura come Ludovico Di Meo, direttore generale di San Marino Rtv, Giuseppe Sangiovanni, direttore Rai Pubblica Utilità, o Marco Nuzzo, anche lui tra gli stretti collaboratori di Rossi ai tempi di Rainet e al momento collocato nella Direzione Security and Safety con la possibilità di prendere a breve il posto del direttore, Maurizio Cenni, destinato alla pensione.

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Carlo Fuortes.

Sulle mire di tutti incombe l’incognita Fuortes

Ora, va bene il sano spirito cameratesco, ma è chiaro che tra i ranghi meloniani la competizione non manca e la fame è tanta, benché Fdi avesse in quota due direttori di testata (Sangiuliano e Petrecca) pur senza contare su un rappresentante in Cda. Dunque, fratelli coltelli più che Fratelli d’Italia. Su questi movimenti, tuttavia, incombe una grande incognita: cosa farà Fuortes? È credibile che effettui una strambata e in primavera voti disallineandosi dall’area Pd, assieme alla presidente Marinella Soldi (vicina agli ambienti gentiloniani e renziani), per un nuovo assetto in azienda predisposto da Meloni? Sembra assurdo, ma in Italia non esiste l’impossibile. «La Rai spesso anticipa gli scenari politici. Vediamo che Renzi si avvicina al centrodestra e i democrat sono in panne, mentre Salvini non si fida della mano di Giorgetti su Viale Mazzini. Ma è verosimile che lascino Fuortes al timone?», riflette una fonte tra mille dubbi. Una cosa è sicura: ormai sui rapporti tra Rai e politica hanno tutti un pelo sullo stomaco che è diventato una foresta. Quando, nel 2019, l’allora ad di Viale Mazzini, Fabrizio Salini, incontrò il capo della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, si scatenò un putiferio. Molti anni prima successe la stessa cosa quando fu il direttore generale Pierluigi Celli a vedersi con Massimo D’Alema, allora a Palazzo Chigi. Adesso, l’incontro Meloni-Fuortes è scivolato via come una cosa normale, anzi quasi fisiologica. Tanto che addirittura la Rai ci ha vergato sopra un comunicato con toni di moderata soddisfazione. Così fan tutti, certo, ma ormai senza nemmeno fingere di nascondersi.