Celiando, si potrebbe dire che il “fuortino” rischia di cadere già il prossimo 3 marzo. Carlo Fuortes, ad Rai, sta cercando di restare attaccato al suo “governo di minoranza” nel Cda di Viale Mazzini. A tal scopo avrebbe anche rinviato la presentazione del Piano industriale ad aprile. Ma la sua posizione è precaria come non mai e non è detto che arrivi a mangiare la colomba pasquale. L’attacco nei suoi confronti è ormai concentrico: la maggioranza di governo e quella dei consiglieri di amministrazione (tranne la rappresentante del Pd, Francesca Bria), il Codacons, l’associazione Pro vita & Famiglia, la sigla dei dirigenti Rai e persino l’Usigrai non è tranquilla. Insomma, se prima del Festival di Sanremo il patto di non belligeranza con la premier Giorgia Meloni sembrava abbastanza saldo, adesso la situazione è decisamente in bilico.

Il Ferragnez-gate, la pubblicità gratis per Instagram e le immagini del backstage per Prime Video
Nella riunione del board di inizio marzo potrebbero venire al pettine tutti nodi che si sono intricati attorno all’ultima edizione della kermesse. E non si tratta tanto delle polemiche sulle uscite sopra le righe di Fedez o di Rosa Chemical, sui monologhi delle conduttrici o sulla performance di Roberto Benigni quanto degli “incidenti” di natura squisitamente commerciale che hanno mandato su tutte le furie gli amministratori Rai: dalla pubblicità gratuita per Instagram al “Ferragnez-gate” che riguarda le immagini del backstage per la serie Prime Video. «Tra Corte dei conti e Agcom, il 3 marzo potrebbe esserci il redde rationem. La questione del possibile danno erariale ha indisposto il governo e chi non ha partecipato al voto sul budget, salvando l’amministratore delegato, stavolta potrebbe votare contro», dice a Tag43 una fonte di Viale Mazzini.

Le polemiche sulla striscia di Vespa che, con Il cavallo e la torre, rischia di oscurare il Tg2
Insomma, la posizione di Fuortes è debolissima e non è detto che possa salvarlo un nuovo intervento di Gianni Letta. I casi Vespa-Zelensky e Amadeus-Mattarella-Benigni hanno dimostrato che l’ad non ha in mano il timone dell’azienda, non controlla una macchina allo sbando. Troppi i soggetti esterni delegati alle decisioni o quantomeno ai passaggi strategici. E persino sulla comunicazione degli stessi. «La presenza del Capo dello Stato a Sanremo avrebbero dovuto annunciarla lo stesso Fuortes e Stefano Coletta (direttore dell’Intrattenimento Prime time Rai, ndr). Non si gestisce così una vicenda del genere», chiosa un altro uomo della tv di Stato. Tutto ciò mentre il Tg2 di Nicola Rao aumenta, come si sa, i vicedirettori da cinque a sei (addirittura due in quota Lega) pur non avendo nemmeno l’edizione della notte da coprire. E mentre infuriano le polemiche sull’altro caso Vespa per la striscia quotidiana dopo il Tg1 che, assieme a Il cavallo e la torre di Marco Damilano, «rischia di coprire completamente il Tg2 che peraltro è già debole in quanto ad ascolti. Si tratta di una scelta editoriale folle», aggiungono fonti Rai. Nel frattempo, dopo la performance sanremese, Francesca Fagnani andrà in prima serata e «la prenderà una società esterna», spiegano dalla tv pubblica. Tanto per cambiare.

Il Mef ha rinviato all’autunno il confronto sul contratto di servizio delegittimando Fuortes
In questo quadro la discussione sul Piano industriale che Fuortes vuole impostare ad aprile appare come un messaggio scritto sulla sabbia a due passi dalle onde del mare. L’azionista Mef, con il ministro Giancarlo Giorgetti, ha rinviato all’autunno il confronto sul contratto di servizio proprio per delegittimare la figura dell’attuale capo azienda e inoltre pesa l’enorme incertezza circa il futuro del canone. Come si fa a presentare una seria pianificazione sullo sviluppo della Rai senza nemmeno sapere quali entrate si avranno a disposizione? Mistero. Senza dimenticare le incognite attorno al Piano immobili, che dovrebbe vedere la ristrutturazione della sede di Viale Mazzini e dei centri di produzione romani di Teulada, Saxa Rubra e Nomentano, accanto alla dismissione di Corso Sempione a Milano e la creazione di un nuovo centro di produzione meneghino.

Le ombre del draghismo in Rai e nel governo
Ma come mai Fuortes sta provando a resistere a tutti i costi, continuando a rifiutare l’uscita onorevolissima verso il Maggio Fiorentino? «Non lo mandano via perché il centrodestra non è d’accordo su un’alternativa credibile. E poi il draghismo è ancora forte in Rai, ma anche nel governo. La Meloni in qualche modo dialoga sempre con l’area draghiana e il Pd non può rinunciare del tutto alla Rai, il suo futuro passa da lì», sibilano dai corridoi della tv di Stato. E aggiungono: «Se l’ad esce ed entra uno di Fdi, può cambiare lo scenario pure su Mediaset, non necessariamente orientata ad appoggiare la premier. D’altronde il vero patto del Nazareno è sempre stato quello Rai-Mediaset». Fuortes in realtà approfitta anche di una legge sulla governance piena di buchi, che apre praterie a ricorsi. D’accordo, ma alla fine della fiera qualcuno si chiede quale sorte toccherà alla tv pubblica con 650 milioni di rosso finanziario? Il governo se ne preoccupa? Insomma, la resa dei conti sembra vicina. Ma è evidente che i conti non tornano.