Il ragno nella roccia

Redazione
15/09/2021

La resina diventata con il tempo ambra ha cristallizzato, oltre 99 milioni di anni fa, una famiglia di aracnidi. Nel fossile è possibile osservare la madre che si prende cura dei figli, testimonianza ulteriore del grande affetto che lega questi animali tra loro.

Il ragno nella roccia

Nulla può spezzare il forte legame tra una madre e i figli. Soprattutto se, il genitore in questione, è un ragno. A confermare la teoria secondo cui questi animali, nel corso della loro vita, un fortissimo istinto di protezione nei confronti dei loro cuccioli uno studio su due fossili di ambra in Birmania, pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences. La genesi dei reperti è parecchio curiosa. Sarebbero stati originati, infatti, da una colata di resina che, stillando direttamente da un albero più di 99 milioni di anni fa, avrebbe intrappolato un esemplare di ragno femmina, appartenente all’ormai estinta famiglia delle Lagonomegopidae, e la sua prole. Nel primo dei due reperti, la madre tiene stretto a sé il sacco ovigero contenente una serie di uova sul punto di schiudersi. «L’immagine esatta di come appaia un ragno femmina che vive tra le fessure della corteccia di un albero», ha spiegato alla Cnn il professor Paul Selden, autore dello studio. Il secondo, invece, contiene un gruppo di ragnetti appena nati, stretti l’uno all’altro, e scrupolosamente protetti dalla madre.

La tecnologia 3D decisiva per l’analisi

Utilizzando tecniche di tomografia computerizzata e analisi in 3D, i ricercatori sono stati in grado di individuare facilmente frammenti di zampe e una serie di caratteristiche fisiche specifiche che li hanno aiutati a definire chiaramente la tipologia di ragni in questione. I Lagonomegopidi, infatti, sono facilmente riconoscibili perché provvisti di grandi occhi situati agli angoli del capo e, come rivelato da altri fossili, di uno spesso tapetum lucidum come quello di molte altre creature notturne. Si tratta di una sorta di strato riflettente posto all’interno della retina e in grado di aumentare le capacità visive in condizioni di bassa luminosità. «Siamo rimasti davvero molto sorpresi da come tutti i tasselli siano finiti così facilmente al posto giusto», ha sottolineato Selden. «I rinvenimenti ci hanno fornito informazioni che non ci hanno richiesto particolare sforzo per essere comprese perché si sono incastrate perfettamente tra loro, validandosi a vicenda».

Un ragno e i figli sono rimasti imprigionati nell'ambra 99 milioni di anni fa: la resina ha reso eterno il rapporto della madre con la prole
Un ragno tesse la tela (Getty)

L’istinto materno cristallizzato in un fossile

L’istinto materno nei ragni non è una scoperta recente ma rintracciarne esempi concreti all’interno di fossili è particolarmente raro. «Sebbene fossimo al corrente di questo specifico tratto della personalità, è interessante avere riscontri tangibili da materiale risalente a quasi 100 milioni di anni fa», ha aggiunto Selden. «Gli artropodi, da sempre, si sacrificano per il benessere e la sopravvivenza della loro progenie, spesso al punto da mettere a repentaglio la propria vita. Esaminare l’evoluzione di questa e altre tendenze nel tempo ci aiuterebbe a capire come abbiano imparato ad adattarsi all’ambiente e se questo meccanismo abbia influito in maniera più o meno incisiva sulla socialità».