Una deputata di Fratelli d’Italia, con un passato grillino, Rachele Silvestri, invia una lettera al Corriere della sera. L’incipit è in prima pagina, la vetrina delle notizie più importanti che poi trovano spazio all’interno. Ed è un inizio di quelli che invogliano a leggere: «Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi. Il padre è proprio Fabio, il mio compagno». Si corre a pagina 11 per leggere il resto, ovvero che il test lo ha fatto perché girava voce che quel figlio non fosse suo, ma di un esponente del suo stesso partito.
Perché Silvestri non ha fatto il nome del collega di partito vittima con lei della calunnia?
Una calunnia, che da venticello s’è fatta tornado, tanto da giustificare secondo Silvestri la sua accorata missiva al più importante quotidiano italiano. Cha la pubblica però senza minimamente contestualizzarla, convinto evidentemente che i suoi lettori sappiano tutti di cosa si sta parlando. In realtà non lo sanno, e giustamente sui canali social si affacciano gli interrogativi: ma che storia è mai questa? O forse sarebbe meglio dire che non storia, visto che il test del Dna ha fatto strame di ogni indizio di realtà per relegarla a puro pettegolezzo, inventato e messo in circolo ad arte – presume Silvestri – da qualche avversario politico che aveva interesse a farlo. Chi? Non si sa, lei non si avventura a fare nomi. Del resto non fa nemmeno il più importante, quello dell’altro protagonista della vicenda cui il gossip attribuiva la paternità del figlio, anch’egli oggetto dello stesso ignobile trattamento. Che però, a differenza del o dei calunniatori, conosce. Voleva tutelarlo? Ma se l’esponente di Fratelli d’Italia in questione non c’entra nulla, se il figlio non è suo, di che tutele aveva bisogno? L’omissione, si sa, accende la curiosità. Tanto più se dai degli indizi che facilitano l’identificazione del personaggio.
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Se il gossip è infondato che paura ha avuto quel nome a metterci la faccia?
Imperdonabile ingenuità di chi non conosce le basi della comunicazione politica. Parafrasando una nota massima del giornalismo, una lettera che smentisce una notizia è una notizia data due volte. Nessuno dei tanti consulenti o portavoce ha paventato l’esiziale effetto boomerang? Dobbiamo forse credere che Silvestri abbia fatto tutto da sola senza avvisare i vertici del suo partito, visto che di un loro importante esponente la lettera trattava? O si è pensato che bastasse la pubblica e discutibile esternazione della deputata marchigiana per porre fine alla ridda di voci? A proposito: noi sappiamo perfettamente chi è il ministro tirato in ballo dal gossip, ma per rispetto alle persone cui potrebbe fare male, non lo riveliamo. Uno scrupolo che l’interessato non meriterebbe. Lasciare il peso di questa vicenda alla sola esternazione della collega di partito è da codardi. Se il gossip è infondato che paura ha avuto quel nome a metterci la faccia? O deve essere sempre il più debole a dover pagare il prezzo intero?