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Race pay gap, le influencer di colore lottano contro razzismo e paghe irrisorie

Sfruttate, sminuite e, a volte, neppure pagate. Sono sempre di più le content creator nere che denunciano una disparità salariale rispetto alle colleghe bianche. Anche questo è Race pay gap.

8 Giugno 2022 16:318 Giugno 2022 16:35 Camilla Curcio
La battaglia delle influencer di colore contro il race pay gap

Quando, nel 2017, l’influencer londinese Jessiara Marriott ha iniziato a pubblicare post e video a tema moda e lifestyle sul suo profilo Instagram, non avrebbe mai immaginato di poter arrivare a lavorare con alcuni dei suoi brand preferiti o di finire sulla copertina di Vogue Italia. «Sono sempre stata una persona piena di idee ed ero certa che sarei riuscita a trovare una professione affine alla mia vena creativa», ha spiegato in un’intervista a Dazed&Digital, «ero solo un po’ confusa su come e dove sarei riuscita a realizzarmi. E invece, qualche anno dopo, eccomi qui. I social sono diventati la mia principale fonte di reddito, collaboro con marchi di prestigio e condivido con i miei follower anche il mio percorso verso la maternità».

La battaglia delle influencer di colore contro il race pay gap
Jessiara Marriott (Instagram)

In questo quadro apparentemente perfetto, tuttavia, si nasconde un intoppo fastidioso. Marriott, infatti, è soltanto una delle content creator di colore che, nonostante migliaia di fan e un engagement da record, continua a subire le conseguenze di una discriminazione razziale latente ma ben radicata, che si manifesta sotto forma di contratti e retribuzioni molto più basse rispetto a quelle offerte alle colleghe bianche per gli stessi progetti. «Devo ammetterlo con estrema sincerità: mi sento sminuita», ha raccontato, «alcune delle aziende più grandi sulla piazza mi hanno offerto poco meno di 20 sterline per una mole di pubblicazioni che ne valeva molte di più».

Sottopagate e sminuite: il race pay gap umilia le influencer di colore

Confrontandosi con amiche e conoscenze del settore, tutte ovviamente donne dalla pelle scura, ha realizzato di non essere l’unica a subire quel trattamento. «Parlando con loro, mi sono resa conto di quanto il problema sia stato normalizzato», ha sottolineato, «ormai, purtroppo, non ci aspettiamo nulla di diverso quando negoziamo con i brand». La dimostrazione di quanto questo gap salariale legato al colore della pelle sia ormai abitudine sono le centinaia di storie che, da giugno 2020, Adesuwa Ajayi ha iniziato a ricevere (e pubblicare) sul suo account @influencerpaygap, una pagina nata appositamente per monitorare il fenomeno nel mondo del web e della creazione di contenuti online. Tra i messaggi che hanno inondato la sua casella, più della metà erano di blogger di colore che lamentavano di essere state sfruttate, svilite e, addirittura, non pagate e le chiedevano consigli per migliorare i loro rapporti coi clienti e farsi rispettare. 

La battaglia delle influencer di colore contro il race pay gap
Alcune delle ‘denunce’ raccolte dal profilo @influencerpaygap

Quando i numeri parlano

Un repertorio di aneddoti che, purtroppo, ha trovato riscontro nei numeri. Nel report pubblicato qualche anno fa, l’agenzia SevenSix ha fatto notare come il 56 per cento delle candidate che avevano partecipato al sondaggio avesse sostenuto con fermezza che la propria etnia le pregiudicasse continuamente nella definizione dei compensi. Convinzione confermata, nel 2021, dallo studio compilato da MSL, compagnia leader nel settore della comunicazione pubblicitaria: il cosiddetto racial pay gap tra le influencer bianche e quelle di colore sfiorava il 35 per cento. Davanti a uno scenario così discriminatorio, anche la politica ha sentito il bisogno di intervenire.

La battaglia delle influencer di colore contro il race pay gap
Jessiara Marriott in una delle sue sponsorizzazioni (Instagram)

E così, lo scorso mese, un gruppo di parlamentari britannici ha invitato il governo a indagare più da vicino sugli standard di retribuzione di un business che deve imparare a valorizzare l’expertise di un professionista solo ed esclusivamente sulla base delle sue prestazioni. «Una volta, un marchio di moda mi ha approcciato per una potenziale collaborazione», ha raccontato la 25enne Atim Ojera, «le condizioni erano assurde: avrei dovuto fare 10 post in cambio di un regalo. Non ci potevo credere. E, ancor più, sono rimasta basita quando una ragazza che conosco, bianca, è stata avvicinata dagli stessi manager, per lo stesso lavoro, e a lei hanno offerto 20 mila sterline. Aveva numeri molto più bassi dei miei e mi sono sentita così triste e frustrata perché il mio talento era stato letteralmente buttato via».

La battaglia delle influencer di colore contro il race pay gap
Atim Ojera (Instagram)

Troppo ingenui o poco preparati?

Sono infiniti i motivi per cui questa discrepanza salariale sembra così pronunciata. In primis, il fatto che la macchina dell’influencer marketing è nata da poco e chi ci lavora, proprio in virtù di questo, è facilmente soggetto allo sfruttamento di imprenditori spregiudicati che pretendono molto in cambio di nulla e cavalcano l’onda dell’inclusività senza crederci davvero. «È tutto ancora troppo ambiguo, poco definito e regolamentato», ha sottolineato la manager Nabilla Doma, «c’è gente che crede di poter contraccambiare il lavoro di una settimana con qualche monetina. E invece non si accorge che quella richiesta non è altro che una grave mancanza di rispetto nei confronti di chi mette in campo idee e fantasia per creare qualcosa di originale».

3) influencer marketing, now where do I start with this one lol. I could open a can of worms tbh. But race pay gaps, creators being seasonal. So many content creators who fit the diversity quota or are underpaid, and always feel like they should be grateful for the opportunity.

— AROOJ (@ItsAroojA) March 12, 2021

Una realtà strettamente legata anche alla mancanza di preparazione degli addetti ai lavori in tema di stipendi. «Sono tanti i datori di lavoro e i web creator che non hanno ancora capito il metodo giusto per dare un prezzo alle proprie competenze», ha aggiunto, «le aziende valutano i parametri e, davanti a certe richieste, per quanto oggettivamente ingiuste, chiaramente non negoziano. Sta a loro imporsi e farsi rispettare».

Più regole e meno sotterfugi

Cosa fare, dunque, per provare a sciogliere il nodo? «Prima di tutto, è necessario stabilire linee guida precise», ha ribadito Doma, «partecipare a un servizio fotografico, curare una sponsorizzazione tramite storie richiedono studio e tempo, vanno pagati e le partnership devono essere contrattate in un clima di onestà e trasparenza». Poi, soprattutto per le nuove leve, affidarsi alle agenzie può aiutare: un intermediario riconosciuto e abituato a rapportarsi con clienti più o meno importanti garantisce, sicuramente, tutele maggiori rispetto a quelle contemplate dal freelancing. «Quel che spero è che le autorità impongano ai marchi di trattarci con dignità e stipendiarci senza trucchi o stratagemmi», ha concluso Ojera, «non stiamo giocando, è ora di prenderci sul serio. E posso parlare per tutte le influencer di colore, siamo davvero stanche di questo razzismo gratuito. Meritiamo attenzione e considerazione perché sappiamo fare bene il nostro lavoro».

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