Il governo del nostro scontento

Stefano Iannaccone
30/01/2022

Il bis di Mattarella chiude il capitolo Quirinale. Ma all'orizzonte ci sono nuove sfide: bisogna sconfiggere la pandemia, dare attuazione al Pnrr e superare l'instabilità interna. Mentre Giorgetti minaccia di dimettersi dall'esecutivo ed è già partita la campagna elettorale per le amministrative.

Il governo del nostro scontento

Un governo da puntellare, uscito molto fragile dall’elezione del Presidente della Repubblica. Tra le ipotesi di dimissioni di un big come Giancarlo Giorgetti e la volontà di mettere alla porta i nomi più sgraditi, Luciana Lamorgese per la Lega e Roberto Cingolani per gran parte del Movimento 5 Stelle, il quadro raffigura la probabilità di diversi cambiamenti. Nemmeno il tempo di celebrare la rielezione di Sergio Mattarella, ed ecco che si apre un nuovo fronte. Quello di verificare solidità dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, che rischia una navigazione pericolosa e complicata già da lunedì. «Da oggi (domenica 30 gennaio, ndr) inizia la campagna elettorale», era il mantra che circolava in Transatlantico mentre il presidente della Camera, Roberto Fico, scandiva il nome di Mattarella. Una volata lunga un anno con vista sulle Politiche e il rischio di logorare l’azione di Draghi.

Dalla pandemia al Pnrr, passando per i problemi legati all'instabilità interna: quali sono le sfide che è chiamato ad affrontare l'esecutivo
I deputati del partito democratico posano per un selfie (Getty)

Gli strascichi dopo una logorante settimana di trattative

La lunga settimana di trattative per il Colle ha lasciato strascichi, disseminando veleni. L’happy ending, per la soluzione individuata, è solo una narrazione mediatica, in cui ognuno cerca di intestarsi una quota di successo. Tra i partiti della maggioranza ci sono ferite e lacerazioni da sanare. Matteo Salvini è stato descritto come «un cavallo imbizzarrito» e ha scaricato tutte le responsabilità sulla sinistra «che ha detto sempre no». La previsione di chi lo conosce bene è che «si metterà in movimento su e giù per l’Italia». Il motivo? Una campagna elettorale a tutto spiano. Al netto delle sue strategie politiche, il rapporto con il Partito Democratico di Enrico Letta va rimesso a posto, quantomeno puntellato. Non è proprio un compito facile. La richiesta di «correre», avanzata dalla Lega al governo, è l’esempio di come sia già iniziata la propaganda.

L’ipotesi dimissioni per Giancarlo Giorgetti

Il presidente del Consiglio è ben consapevole che la squadra sia uscita indebolita dall’estenuante scontro degli ultimi giorni. Come se non bastasse, mentre la politica era concentrata sul bis del Presidente della Repubblica, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, non ha escluso le dimissioni. Una minaccia, poi ritirata, che apre lo scenario di un rimpasto di governo e racconta bene le fibrillazioni che attraversano il Consiglio dei ministri. «Difficile immaginare che spostando una pedina così importante come quella del Mise, non si riapra tutta la partita». La conseguenza? L’avvio di lotte interne alle correnti di partito per ottenere incarichi ministeriali e, manco a dirlo, la faida tra leader per strappare i posti migliori per le rispettive forze politiche. Non solo: c’è un fattore che appesantisce il quadro. «Mettendo mano al governo, Draghi potrebbe imporre i propri voleri, facendola pagare ai partiti che gli hanno sbarrato la strada al Quirinale. Non farà concessioni», ragiona con convinzione un esponente di rango del Pd. Da Palazzo Chigi non filtrano i gli umori migliori, Draghi ha constatato l’ostilità di molti partiti presenti nella maggioranza. L’amarezza è innegabile. Certo, il premier non agirà con ripicca, ci mancherebbe. Ma ha forse toccato con mano un sentimento di irritazione nei suoi confronti che era tenuto ben nascosto e questo lo porterà ad assumere un comportamento più decisionista.

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Giancarlo Giorgetti (Getty)

Pandemia e Pnrr: le sfide con cui deve confrontarsi il governo

Al momento, tuttavia, è escluso un rimpasto. Il presidente del Consiglio non vuole offrire al Paese l’immagine di una politica avvitata su altre trattative di Palazzo, con lui al centro, dopo lo spettacolo non sempre decorso degli ultimi giorni. Ci sono le emergenze in agenda: la pandemia da superare e il Pnrr da attuare, la strategia si concentra su questi due punti. D’altra parte le intenzioni dell’ex numero uno della Bce sono destinate a scontrarsi, ancora una volta, con i partiti, che prima o poi chiederanno il fatidico «tagliando». «Per adesso non ci sarà alcuna rivoluzione nella squadra», spiega a Tag43 una fonte ministeriale. «Nei prossimi mesi è però prevedibile una crisi di governo per rimettere insieme un po’ di pezzi». Il periodo da cerchiare in rosso è quello primaverile, in concomitanza con le Amministrative. Un voto che si prevede meno pesante di quello del 2021, perché in ballo non ci sono Roma o Milano. Ma le urne sono sempre un test per i leader, senza dimenticare che si eleggono i sindaci di Comuni come Genova, Parma, Padova, Verona. All’orizzonte, poi, si scorgono le Regionali in Sicilia, che storicamente sono un termometro delle successive Politiche. I partiti, dopo i duelli incrociati per il Colle, avviano la fase 2 all’insegna dell’instabilità. Che mette nel mirino il governo e chi lo guida.