Qatargate, svolta Panzeri e richiesta di maxi risarcimento a Fight Impunity

Redazione
18/01/2023

Mentre l'eurodeputato al centro dello scandalo Qatargate Panzeri decide di patteggiare, un super donatore che ha versato 600 mila euro alla sua Ong Fight Impunity rivuole indietro i soldi. Aveva foraggiato anche l'altra associazione accusata, "Non c'è pace senza giustizia", con 1 milione. La storia dietro quelle sovvenzioni.

Qatargate, svolta Panzeri e richiesta di maxi risarcimento a Fight Impunity

Non solo il fuggi fuggi di nomi importanti che si sono affrettati a smarcarsi dall’ombra di certe presunte malefatte, dall’ex capo della politica estera dell’Ue Federica Mogherini, fino all’ex primo ministro francese Bernard Cazeneuve e all’ex commissario europeo per le migrazioni Dimitris Avramopoulos. Adesso qualcuno vuole proprio indietro i soldi. Il Qatargate si arricchisce di nuovi aggiornamenti e anche stavolta orbitano intorno all’organizzazione non governativa per i diritti umani di Pier Antonio Panzeri, che pare debba fare i conti con la perdita di un grosso donatore.

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Federica Mogherini. (Getty)

La Human Rights Foundation e quei 600 mila euro di donazioni

Quel donatore, la Human Rights Foundation (Hrf), sta infatti cercando di recuperare almeno una parte dei 600 mila euro con cui ha finanziato proprio Fight Impunity, la Ong gestita dall’ex eurodeputato Panzeri, detenuto con l’accusa di corruzione e ora ha deciso di collaborare con il procuratore belga. Già, a che punto siamo dello scandalo che ha travolto le istituzioni Ue? Panzeri non nega più, vuole dare una mano alle indagini, utilizzando una legge belga definita per i “pentiti”, sulla scia della normativa italiana per la lotta alla mafia. Il caso è dunque vicino a una svolta, visto che Panzeri ha stretto un accordo speciale con il pubblico ministero, una sorta di patteggiamento, il che significa che probabilmente comincerà a parlare e fare qualche altro nome, in cambio di una pena ridotta a un solo anno di carcere.

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Antonio Panzeri. (Getty Images)

Thor Halvorssen, attivista venezuelano e produttore cinematografico

Thor Halvorssen, amministratore delegato della fondazione in questione che ora si sente truffata, il 14 gennaio ha inviato un promemoria al suo staff in cui esponeva la sua posizione. Tra l’altro la Human Rights Foundation ha donato pure 1 milione di euro a “Non c’è pace senza giustizia”, l’altra Ong finita al centro dello scandalo, visto che anche il suo segretario generale Niccolò Figà-Talamanca è detenuto con accuse nell’ambito della stessa indagine per corruzione. Halvorssen è un attivista venezuelano per i diritti umani e produttore cinematografico e ha condiviso questo promemoria interno con Politico.

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Il produttore cinematografico Thor Halvorssen. (Getty)

Panzeri, multa e confisca dei beni per 1 milione di euro

Nel documento c’è scritto: «Le sovvenzioni di Human Rights Foundation sono state concesse in buona fede, con accordi controfirmati e vincolati a una condotta di altissimo livello». Halvorssen ha anche spiegato al suo staff: «Il 16 dicembre 2022 abbiamo sospeso le nostre collaborazioni lavorative con loro, in attesa dell’esito dell’indagine legale». Panzeri e Figà-Talamanca sono tra gli indagati per corruzione, riciclaggio di denaro e partecipazione a un’organizzazione criminale. Panzeri tra l’altro ha firmato una specie di “memorandum” con la procura federale belga che prevede «la reclusione, una multa e la confisca di tutti i beni finora acquisiti, stimata attualmente in 1 milione di euro». E in un interrogatorio ha ammesso di aver ricompensato l’ex collega Marc Tarabella per un importo tra i 120 e i 140 mila euro.

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La sede di Fight Impunity. (Getty)

Fondi per promuovere un film sull’assassinio di Khashoggi

Il tentativo di Halvorssen di prendere le distanze da Panzeri e Figà-Talamanca è arrivato dopo che già una lunga fila di personaggi di alto profilo hanno cercato di smarcarsi dalla Ong incriminata: dall’ex commissario europeo Dimitris Avramopoulos a Emma Bonino, fino a Federica Mogherini, si sono tutti dimessi dal loro ruolo di membri onorari del consiglio di Fight Impunity dopo le accuse emerse a dicembre. Il venezuelano ora ha ammesso che una grossa parte del motivo per cui aveva unito le forze con Fight Impunity era proprio l’alto livello del suo consiglio onorario, che presentava nomi di peso dell’establishment europeo in lotta per i diritti umani.

Ora che se ne sono andati loro, è venuta meno anche la sua motivazione. Il rapporto di lavoro di Halvorssen con la Ong di Panzeri era iniziato dopo che l’ex deputato dei socialisti aveva ospitato al parlamento europeo una proiezione del film intitolato The Dissident, che proprio Halvorssen ha prodotto. Era la fine del 2020. Human Rights Foundation aveva staccato un pesante assegno alla società di Panzeri per promuovere quel film, che è un documentario sull’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi da parte di agenti sauditi. Il film accusa il principe ereditario Mohammed bin Salman di aver orchestrato e tentato di coprire quell’omicidio.

Tre tranche: 150 mila euro, poi 200 mila e 250 mila

Human Rights Foundation ha dunque concesso tre sovvenzioni a Fight Impunity: 150 mila euro nel 2020, 200 mila nel 2021 e 250 mila nel 2022. Quei soldi servivano non solo per spingere The Dissident, ma anche per un generale lavoro di lotta contro le dittature, compresa l’organizzazione di conferenze di alto profilo e la pubblicazione di una rivista accademica. Halvorssen ha spiegato che una «porzione significativa» di questi fondi è ancora nel conto bancario della Ong di Panzeri. «Ci è stato detto che Fight Impunity restituirà il nostro denaro non appena le autorità giudiziarie belghe lo consentiranno», ha scritto nel documento interno.

Qatargate, svolta Panzeri e richiesta di maxi risarcimento a Fight Impunity
Hatice Cengiz, la compagna di Khashoggi, e Thor Halvorssen. (Getty)

Alla figlia di Panzeri 3 mila euro al mese per fare la traduttrice

Dal canto suo Fight Impunity avrebbe assicurato che le sue donazioni sono state utilizzate «in modo appropriato per gli scopi per i quali sono state concesse», ma a Halvorssen non basta: vuole una rendicontazione completa di come Panzeri ha usato i fondi. E pensare che Human Rights Foundation aveva persino assunto la figlia di Panzeri, Silvia, come traduttrice tra luglio 2021 e la fine del 2022, pagandola 3 mila euro al mese, secondo quanto riportato dal promemoria. Ora la donna rischia l’estradizione in Belgio dall’Italia, anche se tramite il suo avvocato ha negato che di essere a conoscenza delle presunte attività criminali del padre.

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Pier Antonio Panzeri, il primo a sinistra. (Getty)

Due sovvenzioni da mezzo milione a “Non c’è pace senza giustizia”

Non è finita qui, perché Human Rights Foundation ha concesso anche due sovvenzioni da mezzo milione di euro alla Ong per i diritti umani “No Peace Without Justice”, la già citata “Non c’è pace senza giustizia”, nel 2021 e nel 2022. Un’organizzazione nata negli Anni 90 dopo l’iniziativa del Partito radicale. Il segretario generale di “Non c’è pace senza giustizia” è Niccolò Figà-Talamanca, che si è fatto da parte quando sono emerse le accuse del Qatargate. È pure lui in prigione, ma nega il reato. Proprio come con Fight Impunity, Halvorssen ha finanziato “Non c’è pace senza giustizia” per promuovere il film The Dissident. Riuscirà a riavere quei soldi?