L‘invasione dell’Ucraina è uno spartiacque non solo per i rapporti tra Russia e Occidente, ma anche per il Cremlino, arroccatosi in una posizione complicata sul versante interno, proprio perché dipendente dagli esiti della guerra nell’ex repubblica sovietica e sempre più isolato sullo scacchiere internazionale. In questo senso sul futuro di Vladimir Putin pende un grande punto di domanda che, in maniera semplificata, avrà una risposta chiara solo quando il conflitto sarà concluso e le sue conseguenze contabilizzate, dentro la Russia e soprattutto nei palazzi di Mosca.

La scalata al Cremlino di Putin e la guerra in Cecenia
Putin è entrato al Cremlino nel 2000, dopo che Boris Yeltsin aveva annunciato la successione la notte di Capodanno del 1999, in diretta televisiva. L’allora primo ministro ed ex capo dei Servizi stava conducendo la campagna militare in Cecenia, avviata l’autunno precedente, per riportare sotto controllo la repubblica caucasica in cui l’estremismo islamico aveva stretto alleanze con gli indipendentisti, dopo il primo conflitto tra il 1994 e il 1996. La normalizzazione cecena passò allora attraverso i bombardamenti a tappeto su Grozny. Era l’inizio della carriera presidenziale di Putin che oggi si ritrova a guidare l’invasione dell’Ucraina e dover decidere se fare lo stesso con Kiev pur di raggiungere i suoi obiettivi, dichiarati e non.
La nuova generazione di putiniani in corsa per il potere
In oltre 20 anni al Cremlino, inclusi i quattro in cui ha ceduto il posto a Dmitri Medvevdev, Putin ha rafforzato la verticale del potere e ha fatto da mediatore tra i gruppi concorrenti, dagli eredi dell’oligarchia yeltsiniana a quelli che lui stesso ha fatto crescere nel cerchio magico dei suoi fedelissimi a San Pietroburgo, dai siloviki, cioè l’élite militare, amministrativa e dei servizi, ai tecnocrati, tra i quali si è sviluppata la nuova generazione che aspira a prendere il posto della precedente. La guerra in Ucraina, soprattutto i suoi riflessi negativi, potrebbe accelerare questo processo di cambiamento.

Il peso della guerra ucraina sulle prossime Presidenziali del 2024
Le prossime elezioni presidenziali sono il calendario nel 2024: Putin (1952), che attraverso l’irrigidimento del sistema e le modifiche costituzionali negli scorsi anni ha rafforzato il ruolo del capo dello Stato rispetto a governo e parlamento, potrebbe rimanere in carica per almeno altri sei anni. La decisione se ripresentarsi, e vincere, secondo lo schema collaudato di una democrazia fittizia, oppure lasciare il posto a qualcun altro dipende solo da lui. E se prima della guerra era difficile ipotizzare una mossa, il conflitto porta con sé maggiore incertezza. Il fatto che il duello tra Russia e Occidente sia arrivato a questo punto significa che nei corridoi del Cremlino i più ascoltati sono i siloviki e il loro peso è cresciuto. Ma come hanno mostrato gli anni passati gli equilibri possono cambiare facilmente e i risultati della guerra saranno decisivi per gli spostamenti sul breve periodo.

Il riposizionamento dei tecnocrati nell’amministrazione: dal primo ministro Mishutin a Anton Vaino
Prima dell’escalation in Ucraina si è assistito a un forte posizionamento dei tecnocrati, culminato nel 2020 con la nomina a primo ministro di Mikhail Mishustin (1966). Soprattutto nell’amministrazione presidenziale, la vera macchina del potere che sorregge ogni inquilino del Cremlino, le nuove, o semi nuove, generazioni hanno tentato di velocizzare il ricambio, sotto la spinta di Anton Vaino (1972), dal 2016 al vertice della struttura, e Sergei Kiryenko (1962) che alla fine degli Anni 90 era stato primo ministro ed ora è il vice di Vaino, insieme con Alexey Gromov (1960), in carica dal 2012. Dall’amministrazione presidenziale è passato naturalmente ai suoi tempi anche Putin, seppure per un breve periodo, come vice capo, prima di diventare premier. Il suo successore verrà probabilmente scelto tra i fedelissimi che sono lì ora oppure ci sono passati per poi assumere altri ruoli, mantenendo un legame molto stretto con la sala operativa del potere al Cremlino. Finché comunque sarà in corso il conflitto con l’Ucraina le bocce restano ferme: Putin e i siloviki sono convinti di uscire vincitori, ma se la guerra non sarà risolta sul breve periodo e i russi non potranno tornare a un velo di normalità, il rischio è che i piani dei falchi del Cremlino debbano essere aggiornati. Ciò che è sicuro è che il successore di Putin non verrà scelto democraticamente dai russi, ma sarà nominato dietro le quinte, come accaduto ai tempi di Yeltsin, scegliendo il più fedele alla linea dei poteri forti dominanti.