Safety Zar

Stefano Grazioli
03/01/2022

Forte dei consensi, Putin si appresta ad affrontare le sfide del 2022. Dal braccio di ferro con gli Stati Uniti sull'Ucraina all'uscita di scena del bielorusso Lukashenko. Poi deciderà se e come lasciare il Cremlino.

Safety Zar

I sondaggi di fine anno del Levada Center rappresentano sempre un buon obiettivo per fotografare la realtà politica russa al di là delle lenti della propaganda. E sono affidabili in primo luogo per la serietà dell’istituto, in secondo luogo per il fatto che questo non è tacciabile di asservimento al potere. Al contrario, è ormai bollato da quasi cinque anni come agente straniero, questo per la legge approvata nel 2016, che così definisce tutte le organizzazioni che percepiscono finanziamenti dall’estero. Partendo da questa premessa e guardando i numeri, l’immagine che risulta della Russia di Vladimir Putin è ben definita e conferma da una parte il generale consenso che il presidente ha tra la popolazione e dall’altro la mancanza di alternative per un radicale cambiamento, auspicato poco dai russi e più da chi guarda il paese attraverso le lenti occidentali.

L’indice di gradimento di Putin si conferma elevato in patria

Innanzitutto il grado di approvazione di Putin: a dicembre è stato del 65 per cento, in risalita dal 63 del mese scorso, dopo che per tutto l’anno è rimasto su questi livelli, partendo dal 64 di gennaio. Tra il 2020 e il 2021 il punto più basso è stato quello di aprile dell’anno scorso, con il 59 per cento di inizio inizio pandemia. Il più alto è il 69 per cento risalente a settembre del 2020. Negli ultimi sette anni i picchi sono stati nel settembre del 2014 e nell’agosto del 2018 con il 71 per cento. Dal 2000 quando è entrato per la prima volta al Cremlino il valore più alto è stato l’88 per cento nell’agosto del 2008, quello più basso il già citato 59 per cento.

Tradotto in soldoni vuol dire che Putin ha una base di consenso molto ampia, che in 20 anni si è erosa per questioni fisiologiche e a causa di eventi precisi, se si nota che le due caduti forti dell’ultimo triennio, dall’82 per cento del febbraio del 2018 al 59 del 2020 coincidono una con l’introduzione della riforma delle pensioni, contrastata anche dall’opposizione sistemica oltre che da una buona fetta dell’elettorato, l’altra con la cattiva gestione della pandemia.

Manifestanti chiedono la liberazione di Navalny (Getty)

Putin a metà del suo quarto mandato è stabilmente in sella

Oltre la metà del suo quarto mandato, iniziato nella primavera del 2018 e che si concluderà nel 2024, Putin è tutto sommato ben stabile in sella, anche perché il sistema plasmato nel corso di due decenni è stato rafforzato in senso autoritario, grazie anche a modifiche costituzionali che hanno aumentato il potere del presidente, l’opposizione parlamentare è stata ulteriormente marginalizzata e quella fuori dalla Duma sostanzialmente messa a tacere. Questo processo è avvenuto gradualmente, non solo con l’assenso dei gruppi di potere che gravitano attorno al Cremlino, ma con quello tacito dell’elettorato, in larga parte passivo e guidato dai principi di conservazione e stabilità piuttosto che da quelli del cambiamento.

C’è poco da stupirsi quindi se Putin è rimasto il politico che gode di maggior fiducia (29 per cento nel dicembre 2021, in risalita dal 27 per cento di novembre) e dietro di lui c’è il vuoto. Le volpi della vecchia guardia come il premier Mikhail Mishustin, il ministro della Difesa Sergei Shoigu e quello degli Esteri Sergei Lavrov viaggiano intorno al 10, mentre la figura più nota dell’opposizione extra parlamentare, il blogger anticorruzione Alexey Navalny, attualmente in carcere, gode della fiducia del 3 per cento dei russi: più o meno lo stesso valore che ha sempre avuto negli ultimi anni. La narrazione tipica dei media occidentali secondo cui Navalny sia il rivale numero uno di Putin può tranquillamente ascriversi alla lunga serie di fake news che riguardano la Russia vista dall’Europa o dagli Stati Uniti.

Il presidente russo Vladimir Putin e il leader bielorusso Alexander Lukashenko (Getty)

Ucraina e Bielorussia, le sfide di Putin per il 2022

È certamente vero che il consenso generale rispetto ai tempi migliori si è ridotto, ma è altrettanto vero che a Vladimir Putin non ci sono alternative reali. Almeno in superficie. In realtà in vista del 2024 tutto può succedere e la ristrutturazione del sistema in senso verticale può significare che Putin voglia prolungare il suo mandato, oppure al contrario che stia preparando la successione per garantire un’architettura funzionale a chi prenda il suo posto. Per ora quel che è certo è che Vladimir Putin ha accelerato i tempi per ciò che intende fare nei prossimi due anni, al di là dei dossier interni che sono ormai definiti: sulla scacchiera internazionale si tratta da una parte di risolvere il duello con gli Stati Uniti sull’entrata nella Nato dell’Ucraina, con diverse opzioni sul tavolo, dal dialogo all’azione militare. dall’altra di concludere il processo di riunificazione con la Bielorussia e gestire l’uscita di scena di Lukashenko. Fatto questo, deciderà se varrà la pena rimanere per altri sei anni al Cremlino o no.