Il mandato di cattura internazionale dell’Aia nei confronti di Vladimir Putin e della commissaria per l’infanzia Maria Lvova-Belova per la deportazione dei bambini ucraini ha preso alla sprovvista anche il Cremlino che l’ha definito la «mossa più azzardata dell’Occidente». Mettere sotto accusa il leader di un Paese che fa parte del Consiglio di sicurezza Onu, e per di più potenza nucleare, con il quale verosimilmente si dovrebbe arrivare a un tavolo negoziale per risolvere la crisi ucraina, è una decisione politica pesante alla quale, come hanno confermato fonti vicine all’amministrazione presidenziale a Meduza, le autorità russe non erano pronte. Non a caso Mosca attraverso il comitato investigativo russo, a nome di Alexander Bastrykin, ha risposto aprendo a sua volta un procedimento penale contro il procuratore Karim Khan e i giudici della Cpi Tomoko Akane, Rosario Salvatore Aitala e Sergio Gerardo Ugalde Godinez. Mentre il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medveved ha direttamente minacciato l’Aia. «È del tutto possibile immaginare l’uso mirato di un Onyx ipersonico dal Mare del Nord da una nave russa verso il tribunale dell’Aia», ha scritto su Telegram. «Il tribunale è solo una miserabile organizzazione internazionale, non la popolazione di un Paese della Nato».

Nemmeno i Paesi della Csi sono più sicuri per Putin
Ora per lo zar le cose si complicano. La propaganda del Cremlino infatti sta promuovendo – anche in vista delle Presidenziali del 2024 – l’immagine di Putin come crociato contro l’Occidente, «difensore dei Paesi dell’America Latina e dell’Africa vittime dell’oppressione coloniale» e «uno dei principali leader del mondo multipolare». Proprio per alimentare questa narrazione il presidente russo avrebbe dovuto viaggiare all’estero, ma il mandato di cattura della Cpi limita molto il suo raggio d’azione. Teoricamente infatti Putin può essere arrestato nei 123 Paesi. Diventa quindi molto difficile garantire la sua sicurezza fuori dai confini della Federazione. Sempre secondo le fonti di Meduza, anche la CSI, la Comunità degli Stati Indipendenti di cui fanno parte nove delle 15 ex repubbliche sovietiche più il Turkmenistan, «cessa di essere uno spazio sicuro per Putin». Tra i Paesi che hanno ratificato lo Statuto di Roma della Cpi c’è infatti anche il Tagikistan, visitato da Putin nell’estate 2022, insieme con Turkmenistan e Iran, mentre in autunno si era recato in Uzbekistan, Kazakistan e Armenia. Viaggi vitali per la propaganda che li usa per dimostrare all’Occidente come Mosca abbia ancora amici. Vero, difficilmente un Paese ex Urss deciderà di arrestare Putin, ma una piccolissima percentuale resta. Per questo il presidente semplicemente eviterà ogni tipo di rischio, anche il più remoto. Il primo problema si avrà il prossimo agosto con il prossimo vertice BRICS che si terrà in Sudafrica. Le autorità locali hanno già dichiarato di aver preso atto del mandato della CPI. Il portavoce di Putin Dmitri Peskov intanto getta acqua sul fuoco assicurando che il Cremlino continua a lavorare.
Ci si aspettano nuovi mandati d’arresto della CPI
Nonostante la calma ostentata da Mosca, non si esclude che oltre a Putin e a Lvova-Belova, finiranno nel mirino della Corte penale altri funzionari come per esempio i governatori delle regioni che hanno ‘accolto’ i bambini ucraini deportati dai territori annessi.