Chi sono i pensatori e i filosofi del Cremlino

Redazione
03/11/2022

Negli ultimi mesi sono ricevuti con regolarità al Cremlino per discettare di filosofia, storia e futuro della Russia. Alexander Dugin, teorico dell'eurasianesimo, lo scrittore Alexander Prokhanov, lo storico col pallino del Donbass Vardan Baghdasaryan e l'oligarca ortodosso Konstantin Malofeev: chi sono i Rasputin dello zar.

Chi sono i pensatori e i filosofi del Cremlino

Non solo propaganda e corsi di studi nelle università. L’ideologia della nuova e grande Russia deve essere portata e forgiata nel cuore del Cremlino. È per questo che negli ultimi mesi, si sono intensificate le visite di filosofi e storici ultraconservatori. E non certo per discutere di questioni specifiche, come per esempio la campagna elettorale per le Presidenziali del 2024. Come riporta Meduza, questi pensatori tra cui Alexander Dugin, Alexander Prokhanov e Vardan Baghdasaryan sono chiamati a conversare e confrontarsi su questioni ben più alte e sul futuro della Russia.

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Vladimir Putin (Getty Images).

Da Dugin a Malofeev i pensatori alla corte dello zar

Dugin è sicuramente il volto più noto. Politologo e filosofo, dagli inizi degli Anni 2000 sostiene la necessità di creare un’unione eurasiatica – l’eurasianesimo -che comprenda tutti i Paesi ex Urss. A fine agosto è scampato a un attentato in cui è rimasta uccisa la figlia Daria. Alexander Prokhanov, scrittore “patriottico” e direttore del quotidiano Zavtra, crede in una forma di Stato a metà tra stalinismo e ortodossia zarista. Lo storico Vardan Baghdasaryan è meno noto al grande pubblico. Collaboratore di Zavtra, scrive spesso sul confronto tra civiltà e ha il pallino per il Donbass che considera «la frontiera della civiltà della Russia». «Il Donbass non è solo un trampolino per la liberazione dell’Ucraina dal nazismo», scrive nel suoi articoli, «ma anche una piattaforma su cui ripristinare la civiltà della Russia. Nella terra del Donbass sta nascendo una nuova ideologia russa. Non attraverso la teoria, ma attraverso il sangue e la morte. Solo un’ideologia resa sacra dal sangue degli eroi può avere una vera prospettiva storica». Naturalmente è convinto che gli Stati dell’Occidente siano controllati «dal mondo delle corporazioni transnazionali, dal sistema globale dell’oligarchia». Secondo fonti vicine all’Amministrazione presidenziale, nella lista risulta anche Konstantin Malofeev l'”oligarca ortodosso”, fondatore della holding di media Tsargrad dedicata al cristianesimo ortodosso russo e al sostegno del presidente Vladimir Putin. Malofeev, classe 74 – che nel 2005 fondò Marshall Capital, uno dei principali fondi d’investimento russi nel private equity, che negli anni ha investito in operazioni con VTB (la banca di stato del Cremlino) o con Rostelecom (il colosso delle telecomunicazioni di Stato) – conosce e stima da tempo Gianluca Savoini. «È stato il filosofo Aleksandr Dugin a farmelo conoscere», ha raccontato in una intervista a Repubblica del settembre 2019. «Me lo ha presentato come uno dei migliori pensatori italiani indipendenti».

Chi sono i pensatori e i filosofi del Cremlino
Alexander Dugin al funerale della figlia Daria (Getty Images).

Le tesi discusse al Cremlino vengono poi riciclate nei discorsi ufficiali

I magnifici quattro – Malofeev, Dugin, Prokhanov e Bagdasaryan – si confrontano con gli alti funzionari del Cremlino come il primo vice-capo di gabinetto dell’Amministrazione Presidenziale Sergei Kiriyenko e i suoi più stretti collaboratori: Alexander Kharichev, capo del dipartimento per gli affari del Consiglio di Stato, e Sergey Novikov, capo del dipartimento dei progetti pubblici. Da queste chiacchierate nascono tesi che sia Kiriyenko sia Vladimir Putin utilizzano poi nei loro discorsi. «Ora il lessico di Dugin e Prokhanov è sulla bocca di Putin», ha sottolineato una fonte a Meduza mettendo in chiaro come Dugin, descritto in Occidente come il cervello di Putin, in realtà sia diventato più presente e ascoltato dopo l’omicidio della figlia.  Eppure i funzionari non sposano questa ideologia ultraconservatrice. Kiriyenko è un marketer, un tecnico lontano dalla geopolitica mentre Kharichev è un classico yes man, un esecutore senza chiare convinzioni personali. E allora perché cercare l’aiuto di questi nuovi Rasputin? Prima di tutto perché le loro idee sono vicine a quelle di Putin. E in secondo luogo perché sono in grado di proporre una visione coerente dello Stato che piace al capo. In guerra del resto, occorrono soldati. Anche del pensiero.