Nadya Tolokonnikova, co-fondatrice del collettivo russo di punk rock Pussy Riot, è stata inserita nella lista dei criminali più ricercati di Mosca. Lo ha annunciato Mediazona, sito di notizie indipendente, che parla di accuse penali nei confronti dell’attivista pur non specificando i dettagli. Dal canto suo l’artista ha commentato la notizia su Instagram, pubblicando una foto in lingerie e indossando una fascia con la scritta “Danger”. «Oopsie, sono nella lista dei ricercati federali russi», ha scritto Tolokonnikova in inglese e in russo mostrando il dito medio alla telecamera. Note oppositrici di Vladimir Putin, le Pussy Riot avevano sfidato il Cremlino già in passato con alcune canzoni e proteste. Mandato d’arresto anche per Pyotr Verzilov, ex marito di Nadya e portavoce della band per aver denunciato le atrocità di Bucha.
Chi sono le Pussy Riot, sempre contrarie alla politica di Vladimir Putin in Russia
Tolokonnikova e le Pussy Riot non sono certo nuove ai vertici del Cremlino. Da sempre aperte oppositrici di Vladimir Putin, nel 2012 divennero celebri per un’esibizione non autorizzata nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Tolokonnikova, assieme a Maria “Masha” Alyokhina e Ekaterina Samucevič, inscenò una sorta di preghiera punk in cui supplicavano Maria Vergine di cacciare dal Paese il presidente Putin. Il testo, oltre a invettive contro il leader, si scagliava anche contro sacerdoti e membri del Kgb, denunciando crimini contro donne e omosessuali. La protesta si concluse con l’arresto per «teppismo motivato da odio religioso e ostilità». Rimasero in carcere quasi due anni fino al dicembre 2013.
Nonostante la repressione delle loro proteste, le Pussy Riot non hanno mai cessato di esprimere il loro dissenso. Nel 2022, a seguito dell’invasione in Ucraina, hanno creato UkraineDAO, un Nft della bandiera di Kyiv per aiutare la popolazione in difficoltà. Hanno raccolto oltre 7 milioni di dollari in appena due giorni. A inizio marzo, infine, Tolokonnikova è tornata all’attacco di Putin per alcuni post su Instagram in cui, secondo le accuse, avrebbe «insultato i sentimenti dei credenti». Attualmente, l’artista vive lontano dalla Russia così come il suo ex marito e portavoce della band Pyotr Verzilov. Proprio quest’ultimo rischia 10 anni di reclusione qualora tornasse in patria per aver denunciato i crimini di guerra a Bucha. Il tribunale Basmanny di Mosca ha infatti emesso un mandato di arresto nei suoi confronti per false dichiarazioni sulle autorità russe.
Non solo protesta, discografia e l’unico live in Italia della punk band
Dalla sua fondazione nel 2011, il collettivo Pussy Riot ha girato il mondo con spettacoli che uniscono alla musica il teatro e contenuti video. Spesso protetto dall’anonimato, anche se alcune esponenti come Tolokonnikova sono da tempo note al grande pubblico, manifestano il loro dissenso tramite canzoni e flash mob. In carriera le Pussy Riot hanno pubblicato quattro album in studio, da Kiss the Sexist! nel 2012 a In Riot We Trust del 2017. Il complesso si è esibito per la prima e finora ultima volta in Italia lo scorso novembre al Teatro degli Arcimboldi di Milano per una tappa del loro Anti-War Tour. «Tutti possono fare la loro parte», avevano detto le artiste in occasione del live. «Bisogna fermare subito Putin e tagliare i fondi alla Russia».
