Dopo aver dichiarato lo stato d’emergenza nazionale per almeno sei mesi, Giorgia Meloni lo ha ribadito anche durante la visita a Addis Abeba: i governo vuole azzerare la protezione speciale prevista per i richiedenti asilo, «perché si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade al resto di Europa». In tale ottica, il sub-emendamento al decreto migranti che si sta discutendo al Senato, firmato dalla maggioranza, prevede maglie più strette per i permessi di soggiorno per calamità e per cure mediche, oltre alla scelta di limitare il ricorso alla protezione speciale.

Quando è stata introdotta la protezione speciale
Il permesso di soggiorno per protezione speciale ha durata di 2 anni rinnovabile: viene rilasciato al richiedente asilo che non possa ottenere o non abbia ancora ottenuto la protezione internazionale. La protezione speciale che ora la Lega vuole cancellare, è stata introdotta dalla legge 132/2018, quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno. I presupposti per il suo rilascio sono stati poi ampliati dal decreto legge 130/2020, quando al leader del Carroccio era subentrata Luciana Lamorgese. «Concepito solo per pochissime situazioni umanitarie, era diventata una sanatoria, un pull factor di immigrazione. La protezione speciale ha creato sovraffollamento in tribunali e questure e non ha prodotto integrazione», ha denunciato la Lega. La protezione speciale è diventata nel tempo la principale via per ottenere un permesso di soggiorno: circa 10 mila gli stranieri che ne hanno beneficiato nel 2022, contro i circa 6 mila rifugiati e gli altrettanti che hanno ottenuto la protezione sussidiaria.

Cosa prevede la protezione speciale
Può ottenere il permesso il migrante che dimostri di essere integrato in Italia (per vincoli familiari, durata del soggiorno o altro) e per il quale in caso di respingimento sussistano determinati rischi: persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche; rischio di essere rinviato verso uno Stato nel quale non sia protetto; rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o se il respingimento comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. A concedere il permesso di protezione speciale è la Commissione territoriale alla quale tutti i richiedenti asilo possono presentare domanda. E in caso di rigetto è possibile presentare ricorso attraverso un avvocato.