Un ex poliziotto che condanna l’invasione russa dell’Ucraina in una conversazione telefonica. Un sacerdote che, rivolgendosi ai fedeli, si scaglia contro le sofferenze a cui sono sottoposti i residenti delle città bombardate. Uno studente che regge uno striscione in cui ci sono solo otto asterischi. Il denominatore è la protesta contro la guerra. Nell’ultimo mese, sono centinaia i russi che hanno subito le conseguenze della repressione attuata dal Cremlino attraverso la legge che punisce severamente presunte fake news sul conflitto. Un provvedimento che ha portato a procedimenti penali, arresti e multe. «Si tratta di una quantità spropositata di persone, numeri senza precedenti», ha spiegato ad AP News Damir Gainutdinov, responsabile di Net Freedoms, associazione legale che segue casi che riguardano la violazione della libertà di espressione.
Dalla censura sulla stampa alla repressione delle manifestazioni pacifiste
Sin da quando le truppe di Vladimir Putin hanno varcato il confine con l’Ucraina, il governo russo ha cercato in ogni modo di manipolare il racconto degli eventi. Bandito il termine guerra, sostituito con l’espressione operazione militare speciale, è stata esercita una pressione crescente sui media e le testate indipendenti colpiti di frequente censura e costrette a chiudere i battenti. Le contestazioni pacifiste sono diminuite per l’incremento degli arresti e attirano sempre meno attenzione. Oggi sono spesso legate all’iniziativa di singoli.

Il Cremlino ha punito anche le contestazioni silenziose
Non sono stati risparmiati neppure i protagonisti delle mobilitazioni ‘silenziose’. È il caso di un uomo arrestato nella capitale per essersi fermato accanto a un monumento in memoria della resistenza di Kyiv contro la Germania durante la Seconda Guerra Mondiale. Nessuno slogan, nessun coro, solo silenzio e una copia di Guerra e Pace tra le mani. Un altro manifestante è stato catturato per aver messo in bella mostra un pacco di prosciutto affettato della marca Miratorg, con la seconda parte del nome cancellata in modo da far risaltare il termine “mir”, “pace” in russo.
Dalla blogger al sacerdote, chiunque si schieri contro la guerra viene sanzionato da Mosca
E i procedimenti penali non sono mancati. I primi personaggi coinvolti sono stati Veronika Belotserkovskaya, autrice russa di libri di cucina e celebre blogger ormai trasferitasi da anni all’estero, e Alexander Nevzorov, giornalista televisivo, regista ed ex legislatore. A entrambi è stato contestato di aver pubblicato, sulle loro seguitissime piattaforme social, notizie non verificate su attacchi russi ai danni di infrastrutture civili sparse in Ucraina.
Da allora, l’attività repressiva si è diffusa a macchia d’olio e a ritmi rapidissimi, colpendo artisti come Alexandra Skochilenko che, posta sotto custodia cautelare, rischia fino a 10 anni di prigione per aver sostituito i prezzi dei prodotti di un supermercato con messaggi di pace; religiosi come il reverendo Ioann Burdin, prete ortodosso costretto a pagare una multa di 35 mila rubli per aver screditato l’operato dell’esercito russo con un comunicato stampa pubblicato sul sito web della parrocchia; commercianti come Marat Grachev, direttore di un negozio che si occupa di riparare prodotti Apple, nei guai per aver esposto un cartello col link di una petizione intitolata ‘No alla guerra’. Gesto che gli è costato il pagamento di un multa da 100 mila rubli. «Qualsiasi discorso, qualsiasi affermazione riguardi il conflitto, i soldati, l’Ucraina può convertire una persona comune in un bersaglio», ha sottolineato Gainutdinov, «anche solo indossare un cappello col blu e il giallo o un fiocco verde, considerato simbolo di pace, è reputato oltraggioso». E, mentre il bavaglio del governo Putin continua a mietere vittime, chi si è ritrovato a barcamenarsi tra pene pecuniarie e minacce di reclusione, prova ad appigliarsi alla solidarietà della gente (che li ha spesso aiutati a racimolare il denaro con iniziative di crowdfunding). «La risonanza mediatica della mia vicenda ha fatto sì che il messaggio del mio discorso raggiungesse molta più gente dei dodici che, quel giorno, mi hanno ascoltato in chiesa», ha aggiunto Burdin, «Questa la chiamo provvidenza divina e sono grato del fatto che le mie parole abbiano preso il volo e siano arrivate lontano».
